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Gaza, cooperante a Khan Yunis: ''Situazione gravissima, temiamo il peggio''

Sami Abu Omar teme che l'evacuazione del personale internazionale dall'enclave palestinese dimostri che l'Idf condurrà un'operazione intensa. I caccia israeliani, racconta, stanno bombardando a tappeto e la gente non ha niente da mangiare

Gaza, cooperante a Khan Yunis: ''Situazione gravissima, temiamo il peggio''
25 marzo 2025 | 17.57
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''Una situazione gravissima'' e la sensazione che andrà ancora peggio. Perché ''l'evacuazione di moltissimo personale internazionale'', compresa la decisione dell'Onu di ridurre la sua presenza nella Striscia di Gaza, è un presagio, ''vuol dire che l'esercito israeliano metterà in atto una operazione intensa e gravissima''. Lo racconta ad Adnkronos il cooperante palestinese Sami Abu Omar dalla Striscia di Gaza, approfittando di un collegamento con la rete Internet che è disponibile, ma scarseggia.

''Dopo la violazione dell'accordo sul cessate il fuoco da parte dei caccia israeliani, che 8 giorni fa hanno ripreso i raid aerei, sono state uccise tantissime persone. Un migliaio di morti, due-tremila i feriti'', racconta Abu Omar da Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, dove è tornato, insieme alla moglie e ai sette figli, all'entrata in vigore dell'accordo tra Hamas e Israele sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Della sua casa non restano che macerie, distrutta nei bombardamenti israeliani dopo che l'aveva abbandonata nel dicembre del 2023 seguendo l'ordine di evacuazione emesso allora dalle Idf.

'bombardano a tappeto, non abbiamo niente da mangiare'

''Adesso i bombardamenti sono ripresi a tappeto. Hanno attaccato anche gli ospedali, nel nord e nel sud della Striscia di Gaza. E stanno colpendo soprattutto le tende'', spiega Abu Omar, che insieme alla famiglia vive in una stanza nella casa di un parente, ma prima della ripresa dei raid stava proprio cercando una tenda dove trasferirsi.

''La situazione è gravissima, chi subisce i danni maggiori sono i bambini e le donne'', aggiunge con un filo di voce, il rumore dei caccia in volo sullo sfondo. ''E' tutto chiuso'', afferma riferendosi ai confini della Striscia di Gaza dai quali non entrano più aiuti umanitari, come stabilito da Israele circa un mese fa. ''Non sta entrando più niente, niente cibo, niente da bere. Ora siamo in Ramadan e alla fine del digiuno, la sera, non abbiamo niente da mangiare. Non c'è carne, nessun cibo fresco'', spiega. A questo si aggiunge ''l'assenza di carburante e di collegamento Internet'', spiega il cooperante, che da qualche mese lavora presso la clinica di Emergency nella zona umanitaria di Khan Yunis, vicino al porto di al-Qarara. ''Ci hanno tolto anche il sistema che pompava acqua potabile'', sottolinea, ''andrà sempre peggio''.

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