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Finanza islamica: etica, niente interessi e settori halal

Finanza islamica: etica, niente interessi e settori halal
09 aprile 2025 | 14.48
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Nell'epoca dei dazi Usa e dei giochi speculativi, cresce l'attenzione per le alternative. Molti si chiedono, cos'è la Finanza islamica, è diversa dalla nostra? "Niente ribà, niente speculazioni. Solo certi settori puliti e grande attenzione al debito". Così all'Adnkronos Annacarla Dellepiane, Head of Sales Italy di HANetf, ne spiega lo scheletro. Investire rispettando i principi della Sharia, dice Dellepiane, "significa adottare un approccio finanziario in conformità con i principi dell'Islam. Questi principi includono l’evitare l'interesse (ribà), gli investimenti in attività considerate immorali o non etiche (come alcol, tabacco, pornografia, ecc.) e l'evitare investimenti in settori proibiti come la carne di suino o il gioco d'azzardo (maysir)". Si tratta di un tipo di investimento, sostiene, "che per sua natura possiamo facilmente associare a un investimento più noto sui mercati europei, quello sostenibile o Esg".

Secondo Dellepiane i fondi tematici che investono rispettando principi etici, compresi quelli islamici, possono offrire opportunità come, ad esempio, "il concentrarsi su settori più etici che può portare a investimenti più stabili e a lungo termine, in linea con i valori dell'investitore, ma può anche aiutare a diminuire tutti i rischi connessi alla corporate governance, all’impatto ambientale e l’impatto sociale delle aziende selezionate".

Entrando più nel merito della finanza islamica, spiega, un tema spesso oggetto di attenzione da parte degli investitori che si approcciano a questi investimenti è quello della ribà, "concetto centrale della Sharia che riguarda “evitare l’interesse”, ma in realtà nulla nell'Islam proibisce i profitti guadagnati onestamente e derivanti da beni e servizi reali accettabili (i cosiddetti halal)".-

Il divieto coperto dalla ribà, sottolinea l'esperta, "è relativo a quello che potremmo definire un “fare soldi sui soldi”, quindi sugli interessi, in quanto è considerato un modo di sfruttare i profitti senza sforzo produttivo e si ritiene che questo modus operandi favorisca l’ulteriore arricchimento dei ricchi a discapito di chi meno avvantaggiato". Per adattare l'obiettivo di ricerca di performance con i principi finanziari islamici, "gli investitori -dice - possono concentrarsi su settori e aziende che rispettano i principi della Sharia, come spesso accade per aziende del settore delle tecnologie, della sanità, dell’energia o delle infrastrutture: tutti comparti che per loro evoluzione sono già in linea con i principi islamici di tutela dell'ambiente".

Per quanto riguarda i settori esclusi (haram), sottolinea, "oltre ai più noti come alcol e gioco d’azzardo, vi sono anche dei criteri finanziari per cui una società può essere considerata non conforme alla Sharia, in quanto pur operando in un settore lecito ha un livello di debito troppo alto (generalmente limitato a non più del 30% della capitalizzazione di mercato); mentre per quanto riguarda i crediti, essi non possono superare il 45% delle attività totali, questo perché altrimenti rischierebbero di fare ribà". (di Andrea Persili)

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