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Il caso

Nilde Iotti, Libero nella bufera

In un articolo la prima presidente donna della Camera viene definita "una bella emiliana simpatica e prosperosa, grande in cucina e a letto". Condanna delle deputate Pd e M5S

Dal quotidiano Libero
Dal quotidiano Libero
06 dicembre 2019 | 16.26
LETTURA: 3 minuti

"Una bella emiliana simpatica e prosperosa come solo sanno essere le donne emiliane. Grande in cucina e grande a letto. Il massimo che in Emilia si chiede a una donna". Così il quotidiano Libero parla di Nilde Iotti a venti anni dalla sua morte. L'articolo dal titolo 'Hanno riesumato Nilde Iotti' prende spunto dalla fiction in suo omaggio andata in onda ieri sera sulla Rai. La definizione che il giornale diretto da Vittorio Feltri dà della prima presidente donna della Camera ha scatenato un'ondata di polemiche.

Secondo le parlamentari del Movimento 5 Stelle del gruppo Pari Opportunità della Camera "non è solo l'ennesimo insulto a tutte le donne, ma lo è anche per il giornalismo. Non dovremmo essere noi a ricordare al quotidiano Libero la caratura umana e politica di Nilde Iotti e quello che la sua figura rappresenta". "Questo -si legge in una nota congiunta- non è giornalismo, ma l'ennesimo articolo denigratorio e privo di contenuto. Per questo faremo un esposto all'Ordine dei giornalisti, perché quello che ancora certa stampa non ha capito è l'importante ruolo che svolge a livello culturale. Non potremo mai raggiungere la piena parità e il rispetto se non si cambia anche la cultura del Paese".

Dello stesso tenore la presa di posizione delle deputate del Partito Democratico: "L’articolo di 'Libero' non offende solo la memoria della prima presidente della Camera della storia repubblicana, ma tutte le donne italiane, di sinistra e di destra, moderate e radicali, femministe e non. Ma il testo su Nilde Iotti pubblicato dal quotidiano in prima pagina dovrebbe far insorgere gli stessi giornalisti, donne e uomini, della testata".

"Un mix di miseri insulti, dei peggiori luoghi comuni, delle più basse battute, che ci dicono quanto lontano è ancora questo nostro Paese nel cammino per la parità tra i sessi e di come rischia di scadere una così nobile professione quando non è in grado di dotarsi degli anticorpi necessari per contrastare questa deriva culturale in cui ci troviamo -scrivono le deputate del Pd-. Per tutte queste ragioni, come donne e deputate del Partito democratico, presenteremo un esposto all’Ordine dei giornalisti e oggi, a fine seduta, chiederemo anche che la presidenza della Camera scriva al giornale”.

Sul caso interviene quindi l'Ordine dei giornalisti con la dichiarazione congiunta di Carlo Verna e Guido D’Ubaldo, rispettivamente presidente e segretario del Consiglio nazionale. "La trasmissione della fiction su Nilde Iotti, a venti anni dalla scomparsa, offre al quotidiano Libero un’altra opportunità per violare le regole principali deontologiche. Sessismo e omofobia: il giornalismo è un’altra cosa -si legge nel comunicato-. Il riferimento fatto a una grande statista, prima donna in Italia a ricoprire una delle tre massime cariche dello Stato, è volgare e infanga con cinismo e allusioni becere tutte le donne italiane, non solo la prestigiosa figura di Nilde Iotti. Abbiamo già provveduto a segnalare al Collegio di Disciplina territoriale competente questo nuovo infortunio del quotidiano milanese".

"Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti deplora -aggiungono Verna e D'Ubaldo- i contenuti dell’articolo di oggi, che infanga la memoria di una grande donna che ha fatto la storia italiana. La competenza delle sanzioni come per tutti gli ordini professionali, in base DPR 137/2012, è passato ai consigli di disciplina, che sono totalmente autonomi rispetto agli Ordini, nei quali riponiamo - come si deve nei confronti di chiunque si veda assegnata da una legge la funzione giudicante - piena fiducia. E ci fa piacere ricordare come pochi giorni fa la giustizia domestica in primo grado abbia disposto la radiazione per l’autore della cosiddetta telecronista sessista contro una guardalinee di calcio. Ancora una volta diciamo no a chi fa male al giornalismo".

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