Al via la selezione dei candidati. Stop alle pluricandidature
Al via le 'parlamentarie' M5S, ovvero la selezione dei candidati alle elezioni politiche 2022 dal basso. "L'invio delle proposte di autocandidatura - si legge sul sito del Movimento - sarà possibile dalle ore 14 di venerdì 5 agosto alle ore 14 di lunedì 8 agosto". Tra le regole, viene meno, o comunque diventa di gran lunga più soft, il vincolo di residenza per la selezione dei candidati M5S.
Mentre alle ultime elezioni politiche, nel 2018, gli aspiranti deputati e senatori dovevano "risiedere nel collegio plurinominale per il quale intende proporre la candidatura", nel nuovo regolamento, pubblicato sul sito del Movimento, è scritto che "la proposta di autocandidatura si intende relativa alla Circoscrizione/Collegio presso cui ricade il Comune di residenza del proponente; il proponente potrà indicare una proposta di autocandidatura per una Circoscrizione/Collegio differente qualora in essa vi abbia domicilio personale o professionale e/o centro principale dei propri interessi; in tal caso dovrà allegare una apposita dichiarazione firmata, sotto la propria responsabilità". Questo dovrebbe aprire la strada ad alcune candidature a rischio, come quella del ministro Stefano Patuanelli, che risiede sì, in Friuli Venezia Giulia, ma che vede il suo "centro di interessi" nel Lazio.
E poi stop alle pluricandidature, almeno nel primo step delle parlamentarie grilline. "Il proponente potrà avanzare una sola proposta di autocandidatura, in ogni caso si riterrà valida solo l'ultima in ordine temporale che, di conseguenza, rende nulle le precedenti", si legge nelle regole pubblicate sul sito del Movimento.
C’è anche una norma anti-morosi nel regolamento per le candidature di aspiranti deputati e senatori M5S: i parlamentari uscenti per poter ricandidarsi dovranno essere in regola con i pagamenti “dei contributi” al Movimento. Viene inserita quelli che in molti hanno già etichettato come norma anti-Borré, dal nome del legale da sempre a capo delle battaglie in Tribunale contro il M5S: non si potrà candidare, infatti, chi sia “stato parte ricorrente e/o parte attrice e/o parte convenuta e/o resistente in giudizi promossi da o avverso il MoVimento 5 Stelle e/o il suo Garante”.
Rispetto a quattro anni fa, salta l’articolo 5 sulle quote di genere per i capilista e sono molto più larghe le maglie per le autocandidature. Una norma storica prevedeva un percorso obbligato: over 40 al Senato e under 40 a Montecitorio (articolo 6, comma m del 2018). Ora, forse per via dei sondaggi che ipotizzano meno seggi e la maggior parte alla Camera, cade quel vincolo anagrafico. Anche le norme per chi arriva dalla società civile sono più soft, almeno stando alle regole del primo step. Nel 2018 c’era l’obbligo di presentare statuti e bilanci, oltre ai compensi ricevuti: ora il candidato nel caso in cui ricopra o abbia ricoperto incarichi/ruoli di presidente, vicepresidente, tesoriere o segretario di organismi e/o enti di qualsiasi natura giuridica, pubblici o privati, commerciali o no profit “dovrà darne notizia”.
Altra curiosità: viene meno il 'paletto', presente nel 2018, che sbarrava la porta delle candidature a chi aveva "contratti di collaborazione di qualsivoglia natura e/o di lavoro subordinato con portavoce eletti sotto il simbolo del M5S". Che avrebbero comunque dovuto correre licenziandosi dall'incarico. Il venire meno di questa 'regola' potrebbe aprire la strada delle parlamentarie a Rocco Casalino, semmai decidesse di candidarsi.
Inoltre si va verso l'indicazione dei capilista M5S da parte del leader Giuseppe Conte. Lo dice all'Adnkronos una fonte autorevole del Movimento: "Sarà lui ad avere l'ultima parola su chi sarà a capo delle liste elettorali". Nelle regole pubblicate sul sito del Movimento, del resto, si riconosce "la facoltà del Presidente di indicare modalità e i criteri per la formazione delle liste di candidati". "Il prossimo step - spiega la stessa fonte - sarà rendere noto che sui capilista decide Giuseppe...".
Per autocandidarsi alle parlamentarie del M5S bisognerà "essere iscritto all'Associazione Movimento 5 Stelle con sede a Roma (l'iscrizione si ritiene completa con la certificazione dell'identità)". Non saranno dunque necessari, stando almeno alle regole pubblicate oggi sul sito del Movimento sul primo step delle parlamentarie, sei mesi di pre-iscrizione, come previsto per le scorse elezioni europee. I sei mesi, tra l'altro, avrebbero potuto mettere a rischio la candidatura di Alessandro Di Battista, disiscritto dal M5S per via dell'ingresso nel governo Draghi.
A battersi per la regola dei sei mesi, come riportato dall'Adnkronos, è stata l'ex sindaca di Roma Virginia Raggi, nel comitato di garanzia M5S assieme a Roberto Fico e Laura Bottici, dunque tra i protagonisti della stesura delle regole assieme a Beppe Grillo e Giuseppe Conte. ''Il M5S non può essere preso come un tram da perfetti sconosciuti per entrare in Parlamento - ha detto Raggi all'Adnkronos -. Alessandro, se vuole, può candidarsi. È stato iscritto e, sostanzialmente, è molto più 5 stelle di tanti che ora sono dentro. La regola serve ad evitare di imbarcare perfetti sconosciuti, non chi il movimento ha aiutato a farlo nascere. La situazione di Alessandro non deve essere strumentalizzata per fare entrare chiunque. Ale non può essere usato come grimaldello per fare entrare i propri amici'', l'affondo dell'ex sindaca capitolina. Parole, le sue, che oggi hanno mandato in fibrillazione i vertici M5S.