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Voland, 30 anni di editoria indipendente, Di Sora: "Oggi scrive chiunque e si pubblica troppo"

La fondatrice si racconta all'Adnkronos: dalla 'discesa in campo' al legame con la 'sua' Amelie Nothomb, alla scelta degli autori, passando per la salute della narrativa italiana, fino alle prossime novità in libreria

Voland, 30 anni di editoria indipendente, Di Sora:
05 febbraio 2025 | 15.23
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La nascita a dicembre 1994 perché "era necessario scendere in campo anche noi", la voglia, quasi un bisogno, di far conoscere mondi e culture attraverso letterature poco esplorate come quelle slave, il colpo di fulmine con Amelie Nothomb poi diventato "straordinaria amicizia" e successo editoriale, lo stato di salute della narrativa italiana ("in Italia ormai scrive chiunque e si pubblica troppo") e, non ultima, la scelta dei titoli da mandare in stampa: "alla fine scelgo io, se un libro mi rapisce non c'è gioco", non c'è diktat di mercato che tenga. Quando si dice editori indipendenti. E ancora, le prossime uscite in libreria. Racconta e si racconta, Daniela Di Sora, fondatrice e 'signora' di Voland, la casa editrice che oggi compie trent'anni (i primi titoli furono pubblicati nel '95).

La incontriamo a Roma, alla Libreria Spazio Sette, dove si festeggia il compleanno della sua 'creatura', in una serata affollatissima che la emoziona come una bimba alla prima uscita pubblica, altro che 'diavolessa' di Voland (dal diavolo de 'Il Maestro e Margherita' di Bulgakov che punisce la cattiva letteratura). Bastano poche risposte e i suoi occhi azzurri, che a 79 anni sognano ancora, per sentire la passione che la anima ma anche tutta la sua preparazione e autorevolezza, espresse con una gentilezza e un rispetto che raramente si riscontrano nell'ambiente.

Cosa la spinse 30 anni fa a passare dal tranquillo e bel mestiere di traduttrice all'impresa affascinante ma rischiosa di fondare una casa editrice?

"L'ultima spinta per fondare la società me la diede la discesa in campo di Berlusconi. Erano momenti in cui si credeva ancora che la cultura potesse cambiare qualcosa, in quel periodo infatti è nata Voland, è nata Minimum Fax nello stesso anno. C'è stato una sorta di movimento di reazione, per lo meno, anche a posteriori, a me è così che piace leggerlo ed era così nelle mie intenzioni, ma sono sicura anche in quelle degli altri. Insomma ci fu una reazione istintiva, che...purtroppo non è servita a molto, visto come siamo finiti", ride.

Lo rifarebbe ancora?

"Domanda non semplicissima, che spesso mi faccio anche io. Non lo so, francamente. Forse sì, forse sì. Forse con un altro spirito certamente, nel senso che ormai ho imparato che un gesto così non serve poi a moltissimo. Detto questo, io vengo dall'editoria in qualche modo, perché prima facevo la traduttrice, prima ancora ho studiato russo e bulgaro e ceco. Quindi, piano piano ti ambienti, ti appassioni al mestiere, perché poi avere un libro tra le mani., soprattutto per chi come me non viene da una famiglia di intellettuali, è una vera conquista, è una cosa che ti cambia la vita, letteralmente. Quando a 17 anni, non era certo il mio primo libro, mi è capitato in mano 'Delitto e Castigo' di Dostoevskij mi ha cambiato la vita, perché mi ha spinto a studiare il russo in modo da leggerlo in lingua originale e poi a diventarne traduttrice. Quindi, chissà...forse qualche nostro libro ha cambiato la vita a qualcun altro. Questo non posso saperlo ma mi piace pensarlo".

Lei ha vissuto quattro anni in Russia, sei in Bulgaria, ha avuto borse di studio a Praga. E' un mondo che le appartiene o forse meglio dire che le apparteneva. Quel mondo oggi come lo vede?

"Oggi non esiste più naturalmente. Non esiste più da tanti punti di vista. È difficile rispondere. Io continuo a pensare che il compito di chi si occupa di letteratura è mettere in comunicazione i popoli. E questo faccio. Pubblico russi, pubblico ucraini, bulgari, pubblico cechi.

È il suo piccolo contributo per la pace?

"Sì mi piace pensare che sia il mio contributo per la pace, certamente".

Tornando alla storia di Voland, qual è stata la sua maggiore soddisfazione in questi 30 anni?

"La maggiore soddisfazione? Sono almeno due: la prima è la straordinaria amicizia che si è sviluppata, libro dopo libro, con Amelie Nothomb. Lei è un regalo del Signore. Io avevo deciso di fare solo libri dell'Est, di lingue slave, che sono quelle che conosco meglio e le letterature che conosco meglio. Ma dopo i primi tre tabulati di vendita ho capito che con le lingue slave non si andava da nessuna parte. Avevo letto 'Igiene dell'assassino' di Amelie ed ero stata rapita da questo capolavoro assoluto, scritto tra l'altro a soli 23 anni. Mi feci avanti e iniziai una trattativa con la sua casa editrice storica francese, e la spuntai. Ma poi riuscire a tenerla con noi per tutti questi anni è stata una delle soddisfazioni e delle gioie più grandi".

Qual è il segreto che le ha permesso di 'tenerla' con voi?

"Sicuramente facciamo un buon lavoro di traduzione e diffusione, ma credo che tra noi ci sia un'alchimia che solo fra donne spesso si riesce ad avere, un affetto vero e grande stima naturalmente".

La seconda soddisfazione?

"L'altra mia gioia è Georgi Gospodinov, il mio autore bulgaro, che pubblico dal 2007. Ci vuole il passo lungo, è faticoso, non sempre puoi resistere, però poi quando a Torino, nel 2021, lui vince il Premio Strega Europeo e mi sussurra all'orecchio, quasi piangendo, 'Daniela, la Bulgaria non ha mai vinto niente in vita sua, neanche un campionato di calcio', e ci abbracciamo forte...è stato un momento magico".

La delusione?

"Non farò il nome di Cartarescu, come tanti si aspettano che faccia (lo scrittore Mircea Cartarescu, che dopo sette libri con Voland, nel 2020 ha cambiato editore, ndr). Ovviamente mi dispiace, ma non lo vivo come un tradimento: sono convinta che il mio diritto a non pubblicare un libro che non mi piace sia pari quello di un autore a cambiare editore. La delusione per me è quella che provo quando un libro in cui tu credi fermamente non va bene. Quella è la delusione vera, perché ti chiedi cos'è che non funziona, la mia scelta, la traduzione, un mancato tour di presentazioni.

Un esempio?

"Dulce Maria Cardoso, autrice portoghese bravissima, siamo al suo quinto libro ma non c'è verso di farla conoscere per bene, perché lei merita molto di più di quello che siamo in grado di fare noi. Ecco questo è quello che mi fa stare male. E mi pone tante domande su cosa sbagliamo".

Come trova lo stato di salute dell'editoria italiana?

"In Italia si pubblicano attualmente, se non ricordo male, 90mila novità in un anno per una percentuale di lettori che è ridicola, infinitamente più bassa che in Francia. Per cui non so bene dove sia realmente l'inghippo, una cosa è certa: pubblichiamo troppi libri. Un'altra cosa certa è che, a differenza della legge sul prezzo fisso del libro in Francia, da noi la normativa è rimasta monca, non è andata avanti mentre sarebbe stato auspicabile che si prevedessero aiuti, facilitazioni e incentivi per le librerie, soprattutto quelle indipendenti o quelle che hanno un certo numero di editori indipendenti nei loro scaffali.

Ma parlando di qualità della narrativa.. .

"Ora, lei mi vuole infilare in una discussione che....", ride. "Che dire? È chiaro che in una situazione difficile si tende ad abbassare un po' il livello. Accade in tutti i settori e naturalmente l'editoria non fa eccezione. Detto questo, abbiamo degli splendidi autori però, non è che siamo secondi a qualcuno. Forse, ripeto, ne abbiamo troppi. Cioè, scrive chiunque oramai, ci sono le case editrici a pagamento, la possibilità di autopubblicarsi, insomma il discorso è complicatissimo. Noi pubblichiamo 4-5 autori italiani in un anno, non di più. Ma riceviamo 30 proposte a settimana, che è una follia. E la cosa impressionante è che ci arrivano proposte di poesia e noi non pubblichiamo poesia; proposte di saggistica e noi non pubblichiamo saggistica. Ciò significa che chi propone non sa neanche a chi sta scrivendo, con un click la manda a un tot di editori. E questo deve far riflettere".

Le grandi case editrici, sotto la dittatura del profitto a breve termine, fanno sempre meno ricerca letteraria. Nelle sue scelte, è presente questa componente o lei sceglie semplicemente in base al suo gusto personale?

"Quando scelgo un libro, purtroppo alla fine decide il mio gusto personale. Naturalmente c'è una redazione, faccio fare delle schede all'esterno, leggiamo tutti la proposta. Però poi, anche se ci sono più sì che no, alla fine decido io. Capisco che un'affermazione del genere può suonare male ma un libro mi deve piacere, non può essere una cosa esterna a me. È qualcosa che devo sentire un po' mia. Poi ovviamente mi fido di molte persone, perché io non conosco tutte le lingue del mondo, quindi mi fido di chi le conosce e mi dà consigli. Però alla fine il libro mi deve convincere, mi deve catturare!".

Il libro che è più orgogliosa di aver pubblicato?

'Fisica della malinconia' di Gospodinov.

Il libro che si è pentita di aver pubblicato?

"Nessuno. Non ce n'è uno di cui mi sia veramente pentita, anche se non ha venduto. Ci sono tanti libri che non hanno venduto ma ognuno ha avuto un suo perché. E poi i libri non muoiono mai, sono sempre predisposti alla resurrezione".

Da qualche anno Voland pubblica sempre più autori italiani. Perché? Oggi sono più bravi di quanto erano 30 anni fa?

"Ne pubblichiamo 4-5 l'anno, non di più, (su un totale di 23-25 libri l'anno, ndr). Forse sono più brava io a sceglierli rispetto a 30 anni fa, sono più predisposta".

I premi letterari: inutili baracconi o opportunità da sfruttare per far conoscere autori di qualità rimasti ai margini?

"No, no...Sono opportunità, soprattutto i premi importanti naturalmente. E, onestamente, considero una vittoria entrare nella dozzina dello Strega" (per Voland è accaduto 4 volte con Giorgio Manacorda nel 2012, Matteo Marchesini nel 2013, Demetrio Paolin nel 2016 e con Valerio Aiolli nel 2019, ndr).

Cosa ci aspettiamo da Voland a breve?

"Il 14 febbraio usciamo con 'Portofino blues' di Valerio Aiolli, un noir ispirato a una storia vera che ha sconvolto l'Italia anni fa e coinvolto personaggi importanti. Da parte dell'autore c'è stata una vera ossessione della ricerca, per cui tutto è estremamente documentato da giornali, interviste televisive, un libro che io credo farà il suo percorso.

La trama (che non 'spoileriamo') si presta a una serie Tv?

"Perchè no? Magari".

E, a seguire, l'uscita successiva?

"Amelie Nothomb, il 18 febbraio, con 'L'impossibile ritorno', uno dei libri intimi della scrittrice belga, in cui parla del suo rapporto con il Giappone, dove ha vissuto da bambina". di Federica Iannetti

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