Il caso unico di Emanuela, 53enne di Erice. L'avvocato: "Nei casi in cui l'identità di genere sia frutto di un processo individuale serio e univoco, l'organo sessuale primario non determina necessariamente la percezione di sé"
Il tribunale di Trapani il 6 luglio scorso ha riconosciuto a una transgender il diritto di cambiare nome e identità di genere all’anagrafe senza alcun intervento chirurgico effettuato o programmato e senza alcuna terapia ormonale. A riportare la notizia sono le pagine siciliane della Repubblica, che raccontano il caso di Emanuela, 53enne di Erice, spiegando che si tratta di un caso unico, reso possibile da un principio estrapolato dalla sentenza della Corte di Cassazione che, nel 2015, ha consentito a un’altra donna transgender di legittimarsi come tale prima dell’operazione, che però era pianificata.
A sostenere Emanuela nella sua battaglia l’avvocato Marcello Mione: "Il principio espresso dalla Cassazione e a cui abbiamo fatto fede è che l’intervento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali non incide sulla fondatezza della richiesta di rettifica anagrafica, con la conseguenza che, nei casi in cui l’identità di genere sia frutto di un processo individuale serio e univoco, l’organo sessuale primario non determina necessariamente la percezione di sé". E anche quando Emanuela ha chiarito che non ha intenzione di sottoporsi all’intervento, il principio è rimasto valido anche per lei.