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Calciatore 19enne ucciso in sparatoria a Napoli, 17enne confessa: "Mi sono difeso"

Il ragazzo ha riferito al magistrato di aver sparato per difesa. Il legale: "Chiederò perizia psichiatrica". Il padre del minorenne si è scusato: "Chiedo perdono per quello che è successo"

Auto dei carabinieri - (Fotogramma)
Auto dei carabinieri - (Fotogramma)
03 novembre 2024 | 13.08
LETTURA: 3 minuti

Ha confessato il 17enne fermato per la morte di Santo Romano, il calciatore 19enne ucciso in una sparatoria a San Sebastiano al Vesuvio (Napoli), in piazza Raffaele Capasso a due passi dal Municipio.

Assistito dall'avvocato Luca Raviele, il 17enne del quartiere Barra ha prima provato a negare gli addebiti, poi ha confessato di aver sparato "ma per difendermi". Ieri pomeriggio, il ragazzo è stato fermato dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di Torre del Greco con l'accusa di omicidio e tentato omicidio.

Dopo la confessione, al giovane è stato notificato il fermo di indiziato di delitto emesso d'urgenza dalla Procura per i Minorenni di Napoli, che ha disposto il trasferimento dell'indagato presso il centro di prima accoglienza dei Colli Aminei in attesa della convalida.

"Mi dispiace molto per questa famiglia perché non doveva capitare proprio questa cosa. Chiedo tanto scusa, tanto perdono per quello che è successo", ha detto il padre del 17enne al Tg1.

Le parole dell'avvocato

''Ha ammesso di aver sparato ma ha fornito una dinamica dei fatti diversa. Ha detto che c'è stata una discussione per futili motivi, anche se non parla di una scarpa sporcata ma di una spallata", dice all'Adnkronos l'avvocato Luca Raviele, legale del 17enne.

"Poi lui stava andando via in macchina ma è stato inseguito da un gruppetto di 4-5 ragazzi, tra cui la vittima, che lo hanno aggredito fisicamente. Uno gli ha trattenuto un braccio, un altro gli ha dato uno schiaffo e un altro ancora gli ha mostrato un coltello. A quel punto lui ha tirato fuori la pistola dalla cintola dei pantaloni e ha sparato per difendersi e non con la volontà di uccidere'', aggiunge.

''Il mio assistito - spiega - è mingherlino e già dal volto di intuisce che è una persona con difficoltà, in ogni caso sembra una persona totalmente inoffensiva. Non è da escludere che sia stato in qualche modo bullizzato. A volta tra ragazzi succede quando vedono una persona in difficoltà, non vanno a pensare che ha con sé una pistola''.

L'avvocato Raviele sottolinea che ''stiamo parlando di un ragazzo che ha problematiche serie certificate sia dall'Inps sia dal perito nominato d'ufficio. E' un ragazzo che due anni fa in un altro procedimento penale per fatti più lievi è stato riconosciuto non imputabile da una perizia fatta da una neuropsichiatra infantile su incarico del Tribunale dei minorenni, non una perizia di parte, perché riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere. Lui è già percettore di una sorta di pensione di invalidità per problemi psichiatrici''.

''E' possibile che già domani o dopodomani ci sia l'udienza di convalida del fermo. In quella sede chiederò che si proceda ad una perizia psichiatrica per accertare la sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto e la capacità di stare in giudizio. Se al momento del fatto non era capace di intendere e di non è imputabile, non può essere condannato ma potrebbe essere applicata solo una misura di sicurezza, se si ritiene non capace di stare in giudizio non si può fare un processo nei suoi riguardi''.

Le scuse del padre del 17enne

"Mi dispiace molto per questa famiglia perché non doveva capitare proprio questa cosa. Chiedo tanto scusa, tanto perdono per quello che è successo" ha detto al Tg1 il padre del 17enne.

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