Il procuratore generale ha trasmesso alla Corte d'Appello il parere negativo sulla richiesta del legale dell'uomo: "Pericolo di fuga". Gli Usa ai giudici: "Resti in carcere, è pericoloso"
Il Procuratore Generale di Milano ha trasmesso alla Corte d'Appello parere negativo sulla richiesta degli arresti domiciliari presentata dalla difesa di Mohammad Abedini Najafabadi, l'iraniano 38enne arrestato all'aeroporto di Malpensa lo scorso 16 dicembre dalla Digos. L'arresto è avvenuto su ordine della giustizia americana, dopo che l'uomo è atterrato nello scalo milanese da Istanbul. Attualmente l'ingegnere iraniano è detenuto nel carcere di Opera.
L'uomo è accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull'esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all'Iran e per aver fornito materiale a un'organizzazione terroristica straniera.
Il procuratore generale di Milano ritiene che "le circostanze rappresentate nella richiesta, in particolare la messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del consolato dell'Iran" insieme ad "eventuali divieto di espatrio e obbligo di firma, non costituiscano una idonea garanzia contrastare il pericolo di fuga del cittadino iraniano di cui gli Usa hanno chiesto l'estradizione".
"Quanto al merito delle accuse mosse dalle autorità statunitensi" il pg si riserva "una approfondita completa valutazione all'esito degli atti che verranno trasmessi dalle predette autorità".
L’avvocato Alfredo De Francesco, difensore di Abedini, ha depositato un’ulteriore documentazione per garantire che il suo assistito non si allontani dall’Italia. Tale documentazione è stata presentata a seguito del parere negativo espresso dalla Procura di Milano.
Già nell’istanza presentata nei giorni scorsi per chiedere i domiciliari per il suo assistito, il legale aveva indicato un appartamento a Milano nelle disponibilità del consolato iraniano nel quale ottemperare alla misura restrittiva. “Ho fornito un’integrazione con ulteriori garanzie - dice l’avvocato all’AdnKronos - per assicurare che non ci interessa che il cittadino iraniano scappi”.
Quanto alla decisione del procuratore generale di Milano, “ovviamente la rispetto - sottolinea De Francesco - avremo modo di discuterne in sede di udienza. Non è una decisione inaspettata nella sua conclusione. Sicuramente, me lo aspettavo che potesse dire di no. Ora mi riservo di leggere le motivazioni”.
Una lettera sul caso, trasmessa per via diplomatica dalla giustizia americana, è intanto all'esame dei giudici della Corte di Appello di Milano. Nella missiva, a quanto si apprende la giustizia americana, che chiede l'estradizione di Abedini, sottolinea la pericolosità del soggetto e la necessità della detenzione in carcere. La lettera risale a qualche giorno dopo l'arresto ed è precedente all'istanza depositata dall'avvocato dell'iraniano per chiedere gli arresti domiciliari del suo assistito.
L’avvocato Alfredo De Francesco, difensore di Mohammad Abedini, l’ingegnere iraniano fermato a Malpensa il 16 dicembre scorso su richiesta degli Stati Uniti, ha depositato un’ulteriore documentazione per garantire che il suo assistito non si allontani dall’Italia. Tale documentazione è stata presentata a seguito del parere negativo espresso dalla Procura di Milano sui domiciliari di Abedini.
Già nell’istanza presentata nei giorni scorsi per chiedere i domiciliari per il suo assistito, detenuto nel carcere di Opera, il legale aveva indicato un appartamento a Milano nelle disponibilità del consolato iraniano nel quale ottemperare alla misura restrittiva. “Ho fornito un’integrazione con ulteriori garanzie - dice l’avvocato all’AdnKronos - per assicurare che non ci interessa che il cittadino iraniano scappi”.
Quanto alla decisione del procuratore generale di Milano, “ovviamente la rispetto - sottolinea De Francesco - avremo modo di discuterne in sede di udienza. Non è una decisione inaspettata nella sua conclusione. Sicuramente, me lo aspettavo che potesse dire di no. Ora mi riservo di leggere le motivazioni”.
"Accelerare la liberazione" di Abedini, detenuto nel carcere di Milano con "false accuse". Questo quanto si aspetta invece Teheran dall'Italia, come riferito dall'ambasciatore iraniano a Roma, Mohammadreza Sabouri, convocato alla Farnesina dal segretario generale Riccardo Guariglia, su indicazione del ministro degli Esteri Antonio Tajani, per parlare del caso di Cecilia Sala, a cui "sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie".
"In questo amichevole colloquio - si legge in una nota dell'ambasciata a Roma - si è discusso e scambiato opinioni sul cittadino iraniano Mohammad Abedini, detenuto nel carcere di Milano con false accuse e della signora Cecilia Sala, cittadina italiana, detenuta in Iran per violazione delle leggi della Repubblica islamica".
"L'ambasciatore del nostro Paese ha annunciato in questo incontro che sin dai primi momenti dell'arresto della signora Sala, secondo l'approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, tenendo conto del ricorrente anniversario della nascita di Cristo e dell'approssimarsi del nuovo anno cristiano, si è garantito l'accesso consolare all'ambasciata italiana a Teheran, sono state inoltre fornite alla signora Sala tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari e ci si aspetta dal governo italiano che, reciprocamente, oltre ad accelerare la liberazione del cittadino iraniano detenuto, vengano fornite le necessarie agevolazioni assistenziali di cui ha bisogno", sottolinea l'ambasciata.
Su Mohammad Abedini, "che è al momento in stato di detenzione cautelare su richiesta delle autorità degli Stati Uniti, il Governo ribadisce che a tutti i detenuti è garantita parità di trattamento nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali". Si legge in una nota di Palazzo Chigi arrivata dopo il vertice di oggi su Cecilia Sala.