Dopo 5 anni dalla pandemia Covid, analisi sui campioni di metapneumovirus raccolti in Italia a partire dalle stagioni 2022-2023. Oms: "Non è nuovo virus"
A 5 anni dalla pandemia Covid che ha sconvolto il mondo, c'è un virus respiratorio che sta mettendo in crisi il sistema sanitario di alcune città cinesi: è l'epidemia di metapneumovirus umano (Hmpv). Un virus conosciuto che causa una malattia respiratoria con sintomi simili all’influenza e al raffreddore, ma che in alcuni casi porta complicazioni come le bronchiti e le polmoniti.
"L'Hmpv è un virus respiratorio appartenente alla famiglia Paramyxoviridae, nel genere Metapneumovirus. È stato identificato per la prima volta nel 2001 e da allora è stato riconosciuto come una causa significativa di infezioni respiratorie acute nei bambini, negli anziani e nelle persone con un sistema immunitario compromesso. Il nostro gruppo di ricerca sta raccogliendo e rendendo disponibili alla comunità scientifica i dati dai report dell'Istituto Superiore di Sanità (ss) sul metapneumovirus e altri virus respiratori. Il nostro lavoro ha incluso la raccolta di dati riguardanti il numero di campioni, sequenze e rilevamenti di metapneumovirus, disponibili a partire dalle stagioni influenzali 2022-2023, con numeri che mostrano un'incidenza crescente di casi in diverse settimane dell'anno". A fare il punto, con il primo articolo italiano sul tema inviato per la pubblicazione a 'The Lancet Infectious diseases', è Francesco Branda dell'università Campus Bio-Medico di Roma (primo autore), insieme all'epidemiologo Massimo Ciccozzi e a Fabio Scarpa.
"Il virus si trasmette principalmente tramite goccioline respiratorie, ma può anche essere trasmesso attraverso il contatto con le superfici contaminate - prosegue l'analisi - I sintomi tipici dell'infezione da Hmpv includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie e il respiro sibilante. Sebbene non esista un trattamento antivirale specifico per il metapneumovirus, il trattamento sintomatico è generalmente efficace nella maggior parte dei casi".
"Riflettendo sulle lezioni apprese dalla pandemia di Covid, dobbiamo riconoscere il ruolo fondamentale della condivisione dei dati nell'attenuare l'impatto di tali crisi - sottolineano i ricercatori - Mentre la rapida condivisione di dati epidemiologici ha aiutato a guidare le decisioni sulle misure di contenimento, sui test e sullo sviluppo di vaccini, ha anche sottolineato la necessità di quadri chiari e standardizzati per la raccolta e la diffusione dei dati. Ci auguriamo che le lezioni apprese da questa esperienza guidino gli sforzi futuri per promuovere la cooperazione internazionale, migliorare la trasparenza dei dati e garantire che la comunità scientifica globale sia meglio attrezzata per rispondere alle future minacce per la salute".
Un'altra lezione cruciale che possiamo imparare dall'epidemia Covid e da quanto accaduto in Congo con la presunta malattia 'misteriosa' poi malatia, "riguarda la gestione del tempo e la risposta tempestiva", evidenziano gli scienziati. La velocità con cui vengono identificati i patogeni e il modo in cui vengono trattati sono fondamentali per evitare la diffusione di epidemie. Tuttavia, la fretta può anche essere controproducente, portando a diagnosi errate e decisioni che potrebbero rivelarsi dannose. In Congo - avvertono - l'analisi dei dati non è stata abbastanza rapida da evitare l'allarmismo iniziale, ma in altri contesti reagire troppo rapidamente senza un'adeguata verifica potrebbe aver portato a misure eccessive o inappropriate. La chiave sta nell'equilibrio: è necessario reagire rapidamente ma in modo misurato, supportato da dati solidi e da una comprensione accurata del contesto".
Inoltre, entrambi i casi evidenziano l'importanza di una comunicazione "chiara e basata su prove. In un mondo interconnesso, la diffusione delle informazioni può avvenire in tempo reale, ma ciò comporta anche il rischio di disinformazione e panico. È essenziale - concludono - che le autorità sanitarie comunichino in modo trasparente, evitando sia il sensazionalismo che la minimizzazione dei rischi. La comunicazione deve essere tempestiva, ma sempre supportata da una solida base scientifica, in modo da rassicurare il pubblico senza nascondere alcun rischio. Inoltre, il ruolo dei media e delle piattaforme social è cruciale nel trasmettere messaggi chiari e accurati, evitando la diffusione di notizie false o allarmistiche che potrebbero ulteriormente indebolire la risposta sanitaria".
"Il metapneumovirus umano Hmpv non è un nuovo virus. Identificato per la prima volta nel 2001, è presente nella popolazione umana da molto tempo. È un virus comune che circola in inverno e in primavera. Di solito provoca sintomi respiratori simili al comune raffreddore", precisa intanto la portavoce dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Margaret Harris, sul profilo X dell'organizzazione.