
L?incontro promosso dall’Associazione Uniti nel Fare
Il grave problema del sovraffollamento nelle carceri italiane è stato al centro del convegno che si è svolto ieri presso Ceo for Life, in piazza Montecitorio, a Roma. Promosso all’Associazione Uniti nel Fare, presieduta da Renata Polverini, l'incontro ha visto la partecipazione di un qualificato parterre di relatori, tra figure istituzionali e avvocati. In apertura dell'evento, dal titolo 'Sovraffollamento nelle carceri: è ancora emergenza', Renata Polverini con emozione ha letto un messaggio testimonianza dal carcere di Rebibbia, firmato da Gianni Alemanno e Fabi Falbo. Una lettera incisiva, indirizzata all'ex governatrice del Lazio, che mette in luce le criticità che oggi registrano i penitenziari italiani.
"E' un atto di coraggio civile e di sensibilità sociale - sottolineano Alemanno e Falbo nella lettera- denunciare nuovamente la situazione insostenibile in cui vivono più di 62.000 persone detenute con un sovraffollamento carcerario che oscilla tra il 150% e il 200%, in una evidente e ripetuta violazione dei diritti umani e dei principi costituzionali che interpretano le pene come strumento di riabilitazione... Noi, come persone detenute del Carcere di Rebibbia, in base alle nostre diverse esperienze, possiamo testimoniare che la situazione è grave e per certi versi incomprensibile. Le leggi per ridurre il sovraffollamento, attraverso la rieducazione e quindi il ricorso alle pene alternative, ci sono. Ma non vengono applicate”. Non diversamente Polverini ha espresso la necessità di "iniziare a ragionare sul serio sull’applicazione delle pene alternative e sulla depenalizzazione dei reati minori”.
"Il sovraffollamento delle carceri è una ferita aperta nella nostra società", ha affermato la presidente dell'associazione Uniti nel Fare. "Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a una situazione che viola i diritti fondamentali delle persone. È tempo di agire, di rivedere le politiche penali e di garantire un sistema che non solo punisca, ma anche riabiliti - ha aggiunto - Dobbiamo prendere atto che c’è un numero assolutamente superiore di detenuti nelle carceri italiane rispetto alla capienza regolamentare, la competenza non è solo dello Stato ma anche delle Regioni. Le Regioni possono fare molto per creare una maggiore armonia nelle carceri”. Soprattutto le Regioni possono fare la differenza sulla tutela della salute dei detenuti. Un aspetto questo affrontato dal viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, tra le figure presenti all'incontro al centro di Roma. "C'è un tema che mi sta molto a cuore e credo sia per molti versi risolutivo di tante situazioni logistiche: quello del diritto alla salute nell'ambito degli istituti di pena - ha detto Sisto intervenendo al dibattito - Ho girato per le carceri e ho trovato talvolta situazioni scandalose, detenuti che dopo quattro mesi non hanno ricevuto ancora una risposta a una richiesta di visita. Le cure sanitarie sono una responsabilità regionale e sul fronte del diritto alla salute va fatta una grande battaglia, perché è decisiva".
Secondo il viceministro nonostante sia "importante costruire nuove carceri" è necessario nell'immediatezza "dare risposte, trovare soluzioni pratiche al sovraffollamento che è un dramma, lo dico non solo come viceministro ma anche come avvocato”.
Insieme al viceministro hanno preso parte al convegno Rita Bernardini, presidente dell'Associazione 'Nessuno tocchi Caino', l’avvocato Irma Conti, componente del Garante Nazionale delle persone private della libertà, l’avvocato Cesare Placanica, già presidente della Camera penale romana, l’avvocato Luigi Pelaggi. L'incontro è stato moderato da Philip Willan, corrispondente del Times, che ha illustrato le differenze del sistema carcerario italiano da quello inglese.
La situazione nelle carceri italiane rimane critica con una crisi sociale e umana sempre maggiore, le misure adottate finora non sono sufficienti per garantire condizioni di vita dignitose ai detenuti. Urgente un intervento riformatore, è stato ribadito durante il dibattito. Questo fenomeno non è solo una questione di diritti umani, ma rappresenta anche un grave rischio per la sicurezza e la salute dei detenuti e del personale penitenziario. Le strutture carcerarie, già in condizioni critiche, si trovano a fronteggiare un numero di detenuti ben superiore alla loro capacità. Questo sovraffollamento genera un ambiente di vita insostenibile, compromettendo il diritto alla dignità e al trattamento umano delle persone private della libertà. Inoltre, le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i detenuti possono portare a tensioni interne, violenze e un aumento del rischio di recidiva.