In caso di un contatto con un positivo
Anche le persone vaccinate contro Sars-CoV-2 devono fare la quarantena in caso di contatto con soggetti positivi. E' quanto avrebbe indicato il ministero della Salute alla Regioni. Una linea di prudenza che divide gli esperti.
BASSETTI - "Per quanto riguarda la quarantena per i vaccinati io non sono d'accordo. Se fosse così tutti i sanitari dovrebbero vivere in quarantena perché siamo sempre a contatto con Covid positivi. Un vaccinato che ha un contatto ravvicinato con un caso non dovrebbe fare quarantena. E' un argomento sul quale secondo me c'è confusione e non ci sono forti dati. Chi ha avuto un contatto ravvicinato e senza mascherina con un positivo più che fare la quarantena dovrebbe essere controllato con un tampone", spiega all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova e componente dell'Unità di crisi Covid-19 della Liguria.
PREGLIASCO - Diversa l'opinioje del virologo dell'università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco, secondo il quale "i vaccinati devono assolutamente continuare, nello stesso modo" di prima e delle persone non ancora sottoposte profilassi, "a rispettare tutte le misure previste dal nuovo 'galateo anti-Covid'": dalle mascherine al distanziamento e all'igiene delle mani, fino alla quarantena nei casi in cui è prevista. "Non è possibile" smettere di seguire le regole anti-contagio dopo essere stati vaccinati, spiega all'Adnkronos Salute. "Non si può dire 'io sono vaccinato e non ne ho bisogno', e non solo per una questione di 'parità' rispetto al resto della popolazione", precisa l'esperto. E' necessario proseguire con tutte le precauzioni, "quarantena compresa", soprattutto perché "davvero non siamo certi della sterilizzazione del soggetto vaccinato": non sappiamo ancora, cioè, se oltre a essere protetto dalla malattia il vaccinato sia anche al sicuro dal rischio di 'ospitare' il virus e quindi di trasmetterlo. Inoltre, come noto, "nessun vaccino è efficace al 100%". E nel caso si appartenga alla quota minoritaria di persone in cui la vaccinazione non funziona, "il vaccinato magari si prende una forma di Covid irrilevante per lui, che rischia però di non esserlo - avverte Pregliasco - per le persone non ancora protette".
MINELLI - Per l'immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzata, la possibilità che anche le persone vaccinate contro Sars-CoV-2 debbano fare la quarantena in caso di contatto con soggetti positivi "può dipendere dalla tipologia del vaccino somministrato, ma alle attuali conoscenze è meglio seguirla". "Soprattutto alla luce di dati ufficiali provenienti da quelle realtà che sono più avanti nella vaccinazione, come ad esempio Israele, il vaccino Pfizer - precisa Minelli all'Adnkronos Salute - risulta essere efficacemente e completamente protettivo dopo circa un mese dalla somministrazione della prima dose, ovvero una settimana dopo la seconda". "Di 7-10 giorni più lunghi risultano essere i tempi della piena efficacia del vaccino Moderna. Appare, dunque, evidente coma la quarantena possa ritenersi indispensabile - avverte - per quei soggetti che fossero venuti in contatto con positivi nella finestra di tempo compresa nei 30 giorni successivi alla somministrazione della prima dose del vaccino Pfizer e nei 40 giorni successivi alla somministrazione della prima dose del vaccino Moderna". "Analoghe conclusioni evidentemente non possono essere tratte per coloro i quali dovessero sottoporsi alla vaccinazione con sieri AstraZeneca, per mancanza di informazioni certe relative alle dinamiche di immunizzazione indotte da vaccino", conclude Minelli.
GALLI - "Propenso a codificare un sistema che gestisca diversamente la quarantena nei vaccinati", Massimo Galli, primario infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, docente all'università Statale del capoluogo lombardo. "Credo che il vaccino debba essere uno strumento che ci riporta il più rapidamente possibile verso una normalità. E la possibilità di infezione tra i vaccinati è estremamente inferiore". In prospettiva, la quarantena per i vaccinati "credo debba essere, almeno gradualmente, abbandonata. Nel momento in cui avremo una quantità ampia i vaccinati sarà necessario decidere. La valutazione di un tampone, in caso di esposizione diretta importante, resta un criterio prudenziale anche per il vaccinato. Ma essere messi in quarantena come prima della vaccinazione credo costituisca un ostacolo anche alla ripresa delle attività. Ma è una posizione sulla quale sono aperto al confronto", dice Galli. Per l'esperto "sarebbe utile, anche se complessa da attuare, la determinazione della presenza degli anticorpi nei vaccinati. Tra i medici questo si sta facendo. Generalizzarlo è più complicato, ma dobbiamo usare la vaccinazione anche in funzione della ripresa, ma ora siamo in una fase di transizione, valutiamo bene la questione".
GISMONDO - Non ha dubbi Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano. "Per i vaccinati restano le stesse regole di quarantena", nei casi in cui sia prevista dalle disposizioni in materia. "Assolutamente, sì. Perché" anche dopo avere ricevuto la profilassi anti-Covid, "se si dovesse essere positivi al virus certamente il pericolo di poter contagiare gli altri rimane". Sentita dall'Adnkronos Salute, l'esperta ricorda infatti che non esiste vaccino efficace al 100%. E non è ancora certo che il 'prodotto-scudo', oltre a proteggere dal rischio di malattia, eviti anche la possibilità di trasmettere l'infezione.
SIGNORELLI - "La questione dei vaccinati e dei protocolli che devono seguire, come ad esempio la quarantena, va riaffrontata alla luce del fatto che è stata superata la quota di un milione di immunizzati. Domani, in Lombardia, il Comitato tecnico scientifico regionale affronterà questo tema. Ma credo che soprattutto il Cts nazionale dovrà occuparsene e tracciare la linea. Dobbiamo prendere atto che i vaccinati sono tanti: nei loro confronti dobbiamo essere cautelativi, ma non possiamo imporre misure che non hanno senso", spiega all'Adnkronos Salute Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. "Tutte le procedure - osserva Signorelli - vanno considerate e aggiornate in base ai dati esistenti. Sappiamo che abbiamo una quota rilevante di italiani che ha una situazione diversa in termini di risposta immunitaria, che ha poche probabilità di contagiarsi e poche di trasmettere l'infezione. Questo è un fatto".
Per l'esperto non si tratta di ripensare solo alle procedure per la quarantena: "Pensiamo ad esempio ai tamponi per l'ingresso nei reparti d'ospedale, obbligatori per tutti. Se però entra un vaccinato che ha già fatto la seconda dose da 2 settimane, non ha senso sottoporlo allo stesso iter". "Non possono essere mantenute procedure create per una situazione in cui i vaccinati non c'erano - ribadisce Signorelli - Bisogna adeguare tutta la prevenzione alla luce del numero crescente dei vaccinati. Con logica, con cautela, ma anche con buon senso. Oggi gli organismi scientifici devono occuparsi della questione".