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Chi era Soleimani, il 'Machiavelli del Medio Oriente'

Braccio armato di Khamenei, il generale è stato il responsabile della strategia (vincente) iraniana nelle aree di crisi della regione, dalla Siria all'Iraq, fino allo Yemen

Qassem Soleimani (FOTOGRAMMA/IPA)
Qassem Soleimani (FOTOGRAMMA/IPA)
03 gennaio 2020 | 09.59
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'Il Machiavelli del Medio Oriente', il generale iraniano Qassem Soleimani ucciso in un raid vicino all'aeroporto di Baghdad, figurava tra "I venti volti che potrebbero dare forma al mondo nel 2020", individuati appena giovedì dal britannico 'Times', che dedicava un ritratto ai personaggi emergenti destinati ad influire sul prossimo futuro.
"Questo - si leggeva sul giornale britannico - sarà l'anno in cui l'esile generale dai capelli grigi cementerà la sua reputazione di Machiavelli del Medio Oriente o dimostrerà che anche gli attori più scaltri possono fare le spese della superbia. In qualità di capo della Forza al Quds, egli ha realizzato il sogno iraniano di un corridoio terrestre da Teheran al Mediterraneo controllato da milizie leali. Ma sta incontrando resistenza, con la popolazione sciita dell'Iraq che si rivolta contro l'Iran. Il generale Soleimani sa di dover ora dimostrare di meritare la fiducia dell'Ayatollah Ali Khamenei".

Braccio armato di Khamenei - Ma Qassem Soleimani è stato molto più di un generale. E' stato l'artefice di un corridoio sotto l'influenza iraniana che parte da Teheran, e passando da Baghdad, Damasco e Beirut, arriva direttamente alle sponde del Mediterraneo. Un'area gigantesca che ha reso la Repubblica islamica una potenza regionale. Negli ultimi anni il comandante della Forza Quds, il corpo di elite dei Guardiani della Rivoluzione, è stato il responsabile della strategia (vincente) iraniana nelle aree di crisi della regione, dalla Siria all'Iraq, fino allo Yemen.

Il generale, che aveva grande influenza a Teheran ed era considerato molto vicino alla Guida Suprema, Ali Khamenei, era stato nominato alla fine degli anni Novanta comandante della Forza Quds, che si occupa principalmente delle operazioni all'estero dei Pasdaran. Prima di diventare comandante del reparto di elite, era stato protagonista durante la guerra contro l'Iraq.

Entrata nel vivo la lotta al sedicente Stato islamico, l'uomo che è stato il capo indiscusso della strategia iraniana nella regione aveva guidato l'azione, rivelatasi decisiva nella vittoria militare sull'Isis in Iraq, delle Forze di mobilitazione popolare (Hashd al-Shaabi), una coalizione di milizie sciite filo-Teheran. E' a Soleimani (oltre che a Putin) che Bashar al-Assad deve la sua permanenza alla guida della Siria.

Di recente il generale aveva iniziato ad apparire in pubblico diventando sempre più presente sui media iraniani al punto che erano iniziate a circolare voci su una sua possibile carriera in politica. Anche le sue recenti dichiarazioni avevano il sapore di un leader politico 'in pectore'. Come quando si rivolgeva a Trump sfidandolo apertamente. "Puoi iniziare una guerra, ma saremo noi a finirla. Chiedi ai tuoi predecessori. Smettetela di minacciarci", affermava.

Sul nucleare Soleimani era un sostenitore della linea dura. Se ora le autorità iraniane accettassero di negoziare con gli Stati Uniti - era il suo pensiero - significherebbe cedere alla "pressione" di Washington che ha ripristinato le sanzioni contro Teheran proprio con l'obiettivo di aprire un negoziato.

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