Un Paese costretto a fare i conti con le malattie croniche. Patologie in crescita, che l'anno scorso hanno interessato quasi il 40% della popolazione del Belpaese: 24 milioni di italiani, con 12,5 milioni affetti da multi-cronicità. Tra 10 anni, nel 2028, il numero di malati cronici salirà a 25 milioni, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni. La patologia più frequente sarà l'ipertensione, con quasi 12 milioni di persone colpite nel 2028, mentre l'artrosi/artrite interesserà 11 milioni di italiani; per entrambe ci si attende 1 milione di malati in più rispetto al 2017. Attualmente, inoltre, nel nostro Paese si stima una spesa complessiva di circa 66,7 miliardi per la cronicità. E' quanto emerge dal focus dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, che ha sede a Roma presso l'Università Cattolica, e offre un quadro sulla prevalenza di questo fenomeno e sullo scenario dei prossimi 10 anni.
Fra le insidie più diffuse anche l'osteoporosi: tra 10 anni colpirà 5,3 milioni in Italia, 500 mila in più rispetto al 2017. Invece gli italiani con diabete saranno 3,6 milioni, mentre i malati di cuore 2,7 milioni. Quanto alle diverse fasce della popolazione, nel 2028 tra gli italiani di 45-74 anni gli ipertesi saranno 7 milioni, quelli affetti da artrosi/artrite 6 milioni, i malati di osteoporosi 2,6 milioni, i malati di diabete circa 2 milioni e i malati di cuore più di 1 milione. Inoltre, tra gli over 75 ben 4 milioni saranno affetti da ipertensione o artrosi/artrite, 2,5 milioni da osteoporosi, 1,5 milioni da diabete e 1,3 milioni da patologie cardiache.
Il problema della cronicità rappresenta una sfida molto importante per il futuro di tutte le popolazioni mondiali poiché, come dice l'Organizzazione mondiale della sanità, le malattie croniche sono "problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi" e richiederanno l'impegno di circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale. Oggi in Italia, secondo le stime, siamo a circa 66,7 miliardi spesi per la cronicità.
La prevalenza di cronici è in costante e progressiva crescita, con conseguente impegno di risorse sanitarie, economiche e sociali. "L'aumento del numero delle persone affette da patologie croniche è anche un segno del successo del nostro Ssn, come testimonia il fatto che il tasso di mortalità precoce è diminuito di circa il 20% negli ultimi 12 anni, passando da un valore di circa 290 a circa 230 per 10.000 persone", sottolinea Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane diretto dal Walter Ricciardi.
La cronicità però non è uguale per tutti. Le donne sono più frequentemente affette da patologie croniche, il 42,6% contro il 37% degli uomini, divario che aumenta per la multicronicità che affligge quasi un quarto delle donne contro il 17,0% degli uomini. Si tratta di differenze in parte dovute all'età: le italiane sono più longeve. "Particolarmente elevati i divari, a svantaggio delle donne, per l'artrosi/artrite e l'osteoporosi, di cui soffrono, rispettivamente, il 20,9% e il 13,2% delle donne contro l'11,1% e il 2,3% degli uomini".
Le differenze di genere si acuiscono con l'età, ma nel periodo adulto della vita (45-54 anni) si inverte il divario rispetto all'ipertensione a svantaggio degli uomini (14,1% tra gli uomini, 11,4% tra le donne), crescono le differenze a svantaggio delle donne rispetto alle artrosi/artrite (7,5% tra gli uomini, 12,7% tra le donne), all'osteoporosi (0,9% tra gli uomini, 4,9% tra le donne) e alle malattie allergiche (10,7% tra gli uomini, 13,0% tra le donne). Nei più anziani (65-74 anni) infine il divario cresce ancora, le donne sono molto più frequentemente multicroniche (42,6% tra gli uomini, 54,4% tra le donne), con problemi di osteoporosi (5,2% tra gli uomini, 31,2% tra le donne) e di artrosi/artriti (27,8% tra gli uomini, 48,3% tra le donne); lo svantaggio di genere per gli uomini cresce rispetto al diabete (17,6% tra gli uomini, 12,5% tra le donne) e alle malattie del cuore (14,4% tra gli uomini, 5,4% tra le donne).
Chi studia di più è meno a rischio di cronicità. Nel nostro Paese il livello culturale ha, infatti, un effetto significativo sul rischio di cronicità. A ricordarlo è il focus dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, che ha sede a Roma presso l'Università Cattolica, sulle malattie croniche. "I dati dell'Istat evidenziano che le persone con livello di istruzione più basso soffrono molto più frequentemente di patologie croniche rispetto al resto della popolazione, con un divario crescente all'aumentare del titolo di studio conseguito", spiegano dall'Osservasalute. Nel 2017, nella classe di età 45-64 anni, quella in cui insorge la maggior parte della cronicità, la percentuale di persone con la licenza elementare o nessun titolo di studio che è affetta da almeno una patologia cronica è pari al 56,0%, scende al 46,1% tra coloro che hanno un diploma e al 41,3% tra quelli che possiedono almeno una laurea. L'artrosi/artrite, l'ipertensione e il diabete sono le patologie per le quali si riscontrano i divari sociali maggiori, con riferimento ai titolo di studi estremi, le differenze ammontano, rispettivamente, a 13,1, 12,5 e 7,4 punti percentuali a svantaggio dei meno istruiti.
La geografia delle malattie croniche non è uniforme nel Belpaese. Spetta alla Calabria il primato dei malati cronici, mentre a Bolzano si registrano i numeri più bassi. E' quanto emerge dal focus dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, che ha sede a Roma presso l'Università Cattolica, sulle malattie croniche. La prevalenza più elevata di almeno una malattia cronica si registra in Liguria con il 45,1% della popolazione. In particolare, in Calabria si registra la quota più elevata di malati di diabete, ipertensione e disturbi nervosi, rispettivamente 8,2%, 20,9% e 7,0% della popolazione. Il Molise si caratterizza per la prevalenza maggiore di malati di cuore, il 5,6% della popolazione; la Liguria per quella più elevata di malati di artrosi/artriti, il 22,6%; la Sardegna per la quota maggiore di malati di osteoporosi, il 10,4%; infine la Basilicata spicca per la prevalenza più alta di malati di ulcera gastrica o duodenale e bronchite cronica, 4,5% e 7,7% rispettivamente. La Provincia autonoma di Bolzano presenta la prevalenza più bassa di cronicità per tutte le patologie considerate.
I Comuni sotto i 2.000 abitanti sono quelli con la quota più elevata di cronicità, quasi il 45%, mentre nelle periferie delle città metropolitane si riscontra la quota più elevata di persone che soffrono di malattie allergiche, il 12,2% della popolazione residente. Differenze di prevalenza si registrano anche rispetto alle professioni. Le categorie maggiormente colpite da patologie croniche sono i disoccupati (quelli alla ricerca di nuova occupazione) e gli autonomi; tra i primi la percentuale di coloro che soffrono di almeno una patologia cronica è del 36,3%, mentre tra i secondi si attesta al 34,6%. Rispetto alla condizione di multicronicità, i disoccupati presentano mediamente maggiori svantaggi rispetto ad artrosi/artrite e disturbi nervosi. Tra gli autonomi la patologia più a rischio è l'ipertensione. "Il quadro che si sta prospettando impone, oltre che un nuovo approccio sistemico per l'assistenza ai malati cronici, un cambio di passo delle politiche di prevenzione - afferma Walter Ricciardi, ordinario di Igiene all'Università Cattolica e direttore dell'Osservatorio - poiché la sostenibilità della salute dei prossimi anni si gioca sulla capacità di resilienza con azioni proattive delle Istituzioni e dei cittadini in termini di promozione di stili di vita salutari e di prevenzione di secondo livello".