"Occorre evitare che un 80enne, colonizzato da batteri antibiotico-resistenti, arrivi nell'ospedale per acuti come serbatoio di questi patogeni e metta a repentaglio la vita di un 40enne ricoverato per altre gravi patologie". Questo è un imperativo che deve spingere tutte le componenti della sanità italiana a fare fronte comune per contrastare e vincere una delle maggiori minacce per la salute pubblica. E' il messaggio emerso dal Congresso Amcli (Associazione microbiologi clinici italiani) a Rimini, nell'ambito della sessione 'Dalla sorveglianza microbiologica alla gestione clinica del paziente nelle Rsa', le residenze sanitarie assistite.
Una realtà assistenziale in forte espansione, a causa dell'aumento delle aspettative di vita, nonché "target primario di interventi necessari a contenere il problema delle infezioni da batteri antibiotico-resistenti. Occorre quindi investire in cultura della gestione del paziente anziano, diffondere la cultura della prevenzione, della diagnosi microbiologica di infezione e, conseguentemente, mirare l'utilizzo degli antibiotici in modo da mantenerne l'efficacia nel tempo", sottolineano i microbiologi.
Dai dati di una recente indagine condotta in Rsa presenti in 9 regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Lazio e Calabria) è emerso come siano particolarmente diffuse infezioni sostenute da antibiotico-resistenti, con dati di prevalenza molto superiori a quelli riportati su isolati responsabili di patologie gravi in ospedale per acuti. Molte di queste infezioni vengono diagnosticate in ritardo e tutta la fase di gestione del paziente non avviene nel pieno rispetto di quelle che dovrebbero essere le procedure ottimali.
"I dati confermano la necessità di una strategia di contrasto efficace da attuarsi all’interno della Rsa", ha sottolineato Roberta Migliavacca, associato di Microbiologia e Microbiologia clinica presso l'Università degli Studi di Pavia. "Il suggerimento è di richiedere in modo diffuso l'identificazione e l'antibiogramma del batterio ogni qual volta si faccia diagnosi clinica di infezione. Spesso in queste strutture la terapia è empirica e si interpella il microbiologo solo quando si è dimostrata inefficace. Occorre conoscere con maggiore precisione la natura e il dato microbiologico dell'infezione che si vuole contrastare", ha aggiunto.
Il tema del contrasto alle antibiotico-resistenze deve coinvolgere tutti i soggetti che si interfacciano con il paziente 'serbatorio', mettendo così un argine al propagarsi di agenti batterici verso i quali si dimostrano sempre meno efficaci gli antibiotici oggi in uso. "Per fare questo occorre non solo investire in nuove tecnologie per una diagnosi immediata del batterio responsabile dell'infezione ma, non da meno, investire e preparare il personale che opera nelle Rsa affinché siano salvaguardate e rispettate le linee guida e organizzative varate per gestire questa autentica emergenza sanitaria", ha ricordato Pierangelo Clerici, presidente Amcli e direttore dell'Unità operativa di microbiologia dell'Azienda socio sanitaria territoriale Ovest milanese.
"Una maggiore profilassi, l'adozione di modelli organizzativi più rigidi per confinare l'accesso al paziente infetto, maggiore igiene delle mani sia da parte dei familiari sia del personale della struttura e, infine, l'impiego di tamponi per permettere la diagnosi microbiologica di colonizzazione del paziente sono parte della strategia unitaria di contrasto all'antimicrobico-resistenza che le Rsa debbono mettere in atto, confrontandosi continuamente con la microbiologia clinica di riferimento", ha concluso Antonino Mazzone, vice presidente Fism (Federazione delle società medico-scientifiche italiane).