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Governo, la maggioranza sbanda: ira di Draghi

Premier al Quirinale, poi, convoca i capidelegazione: "Esecutivo voluto da Mattarella per fare cose, garantire voti o non si va avanti"

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18 febbraio 2022 | 00.03
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Rientra da Bruxelles prima del previsto, la convocazione per la cabina di regia arriva tardi, appena un'ora prima dell'appuntamento. I capi delegazione arrivano a Palazzo Chigi alla spicciolata, convinti che sul tavolo ci sia la discussione sul decreto energia contro i rincari delle bollette, atteso in un Consiglio dei ministri che si terrà nella giornata di oggi. Mario Draghi, prima di incontrarli, sale al Quirinale per vedere Sergio Mattarella. Ma tutti i capofila dei partiti di maggioranza credono che, con l'escalation della crisi ucraina, stia facendo il punto sul dossier col Presidente della Repubblica. Invece il premier sale al Colle per riportare al Capo dello Stato i suoi dubbi, dopo l'incidente nella notte che ha visto il governo andare sotto ben 4 volte nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera sul decreto Milleproroghe.

Dunque Draghi rientra a Palazzo Chigi e affronta i capi delegazione a viso aperto. Indigesto l'incidente sul Milleproroghe, ma scontento -il premier- anche per gli ostacoli incontrati dai provvedimenti sulla concorrenza, sugli appalti, sulla delega fiscale. Li snocciola uno a uno, racconta più di un presente. "Il governo è nato per fare le cose, è stato voluto dal Presidente Mattarella con questo obiettivo", scandisce, come riportano diverse fonti all'Adnkronos. In sala cala il gelo. Dieci secondi di silenzio interminabili.

Draghi va avanti col solito piglio deciso. Siamo qui per fare le cose o non si va avanti, lascia intendere chiedendo rassicurazioni, affinché quanto avvenuto nella notte non riaccada più. I voti in Parlamento non devono e non possono mancare. Tradotto, la maggioranza deve garantire il sostegno ai provvedimenti dell'esecutivo. Richiama all'idealismo ma anche al realismo, Draghi, due cardini necessari per fare le cose. Dopo aver incassato il colpo, i capi delegazione sollevano una questione di metodo. Perché c'è malcontento sulla gestione dei dossier, con i provvedimenti che arrivano sul tavolo, spesso, solo a Consiglio dei ministri in corso. "Così gli incidenti diventano inevitabili", dice più d'uno.

Ma Draghi non ci sta. Ricorda il grande coinvolgimento che ha accompagnato il varo della legge di bilancio, eppure - ricorda - le critiche fioccarono ugualmente. Sembra essersi rotto qualcosa. Mai come ieri sera il piano appare inclinato. E più di un presente teme che si vada a sbattere, che dopo la delusione dei Quirinale Draghi sia stanco di mediare. "Di certo non intende tirare a campare... - osserva un ministro - qui son ca..i amari per tutti".

Sullo sfondo il decreto bollette, sul quale, in cabina di regia, non si è proferito parola. Il premier vuole chiudere oggi, ma il provvedimento sarebbe ancora in alto mare. In più i partiti continuano a fare la voce grossa, chiedendo risorse su risorse. Ma a Palazzo Chigi il tema dello scostamento di bilancio, almeno al momento, non sembra trovare dimora. E ora l'incidente sembra davvero dietro l'angolo. Forse anche per questo Draghi ieri è stato chiaro, chiarissimo. Non è tempo di piantare bandierine, di fare la voce grossa in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. C'è la sfida del Pnrr da centrare. La destinazione è chiara, ma la rotta deve superare correnti e venti avversi.

(di Ileana Sciarra)

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