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Pasta, Di Martino: "In 2023 grande crescita su mercati esteri e ritorno a marginalità positiva, produzione a 140mila tonnellate"

L'intervista al presidente e ad dell'omonimo Gruppo, aumento fatturato importante, anno migliore rispetto a 2022 e 2021

Giuseppe Di Martino, presidente e ad del Gruppo Di Martino
Giuseppe Di Martino, presidente e ad del Gruppo Di Martino
02 ottobre 2023 | 18.22
LETTURA: 5 minuti

"Il 2023, grazie a grandi crescite su mercati soprattuto stranieri come il Nord America e alcuni Paesi del Nord Europa, vede un aumento del fatturato importante e un ritorno a una marginalità positiva. Non abbiamo ancora raggiunto la marginalità attesa che è quella pre-Covid ma il 2023 è certamente un anno migliore rispetto al 2022 e al 2021. Nel 2023 abbiamo raggiunto la produzione di 140mila tonnellate di pasta, un risultato importante. Negli ultimi tre anni abbiamo incrementato di circa 30-40% all'anno la produzione". Così, in un'intervista con Adnkronos/Labitalia, Giuseppe Di Martino, presidente e ad del Gruppo Di Martino, che comprende alcuni dei marchi italiani più noti nel settore della produzione di pasta: Pastificio Di Martino, anima storica del Gruppo, Pastificio dei Campi, Antonio Amato e Grandi Pastai Italiani.

Il Pastificio Di Martino è stato fondato nel 1912 a Gragnano da Giuseppe Di Martino. Oggi il Gruppo Di Martino, con l'esperienza di tre generazioni di pastai ha oltre 350 dipendenti e sei stabilimenti produttivi in tre regioni italiane e due uffici commerciali ad Amburgo e New York. La produzione della pasta secca avviene presso gli stabilimenti campani di Gragnano, Pastorano e Salerno. Negli stabilimenti emiliani - Correggio e San Martino - avviene la produzione dei formati ripieni.

"L'azienda è molto dinamica all'estero -racconta Di Martino- visto che l'80% del fatturato arriva dall'estero, soprattutto Nord Europa, Nord America", spiega Di Martino che con oltre 120 formati di pasta prodotti, rappresenta una delle eccellenze del Made in Italy in tutto il mondo.

E Di Martino commenta anche gli effetti della guerra in Ucraina sul prezzo del grano e della pasta. "Noi usiamo solo grano italiano -chiarisce- e quindi la guerra del grano ucraino non ci colpisce. In più quello ucraino è un grano tenero, non serve per fare la pasta, ma il pane, la farina, i biscotti. Naturalmente ci può essere un effetto secondario, perchè sui mercati dei cereali un grano influenza l'altro".

Ma se il grano ucraino non ha avuto effetti diretti, quello canadese sì, spiega Di Martino. "Il Canada -sottolinea Di Martino- ha avuto una siccità che ha ridotto di molto la produzione di grano duro per il mercato mondiale e l'Italia ha fatto un raccolto, che sebbene quantitativamente più o meno nelle aspettative, ha avuto una qualità mediamente più bassa rispetto a quella dell'anno precedente a causa di una primavera piovosa", spiega.

E oggi quindi sul mercato, spiega Di Martino, "la riduzione della produzione del grano canadese, che sebbene non è usato nelle nostre produzioni, è un grano dal punto di vista organolettico e merceologico uguale a quello italiano, ha influenzato invece al rialzo i costi sulla borsa del grano, specie negli ultimi due mesi e mezzo, perchè essendo meno disponibile ha reso quello più italiano più scarso nelle quantità".

Per quanto riguarda ivece il prezzo della posta sullo scaffale per i consumatori Di Martino spiega che "la dinamica di riduzione del prezzo della pasta allo scaffale avviata a gennaio-febbraio 2023, nella speranza di riduzione dell'inflazione, nelle prossime settimane si fermerà e in qualche caso ci sarà un'inversione, ci sarà una crescita. E' proprio la mancata riduzione dei prezzi, che avevamo immaginato e auspicato potesse arrivare nella seconda metà del 2023, che è stata gelata e frenata da questo effetto combinato di questo raccolto del grano italiano qualitativamente scarso con il raccolto quantitativamente scarso canadese".

"Quindi nei prossimi mesi mi aspetto una stabilità del prezzo con una tendenza a crescere soprattutto dalle prossime settimane fino al mese di febbraio-marzo dove forse con le aspettative sul nuovo raccolto possiamo avere maggiori speranze che il prezzo possa ridursi", sottolinea.

Secondo il numero uno del Gruppo Di Martino in questo momento per le aziende di trasformazione "il problema vero è il sali e scendi nei costi, specie energetici e di materie prime, e quando non c'è stabilità a rimetterci sono gli investimenti, si tende a navigare a vista".

"Ci sono riverberi della grande instabilità dal lato dell'energia, attesi soprattutto nei prossimi tre mesi, e una condizione che ci fa camminare un po' a vista anche a causa del rialzo del costo del denaro per il boom dei tassi di interesse. E sappiamo che una riduzione di questi costi non sarà immediata per cui ci immaginiamo almeno per i prossimi 12-18 mesi una situazione con i tassi ancora così alti", aggiunge ancora.

"Diciamo -ricorda Di Martino- che c'è stata una bella collezione di difficoltà negli ultimi due-tre anni. Pensavamo che il Covid fosse la cosa più complicata e invece diciamo che il post-Covid non è da meno. La crisi energetica, le difficoltà nei raccolti del grano", ricorda ancora.

Difficoltà che non fermano il percorso di crescita di Di Martino che punta dritto a migliorarsi nel 2024. "Nonostante le difficoltà di questi ultimi 3 anni noi abbiamo continuato -sottolinea- a investire nell'innovazione dei nostri stabilimenti e nella sostenibilità. Abbiamo dinamiche diverse nei diversi Paesi in cui operiamo e dobbiamo quindi lavorare diversamente, stiamo crescendo, investendo di più, stabilizzando posizioni importanti, cercando di sostenere i nostri partner commerciali. E ancora aree dove stiamo facendo investimenti che tendono nel breve, medio e lungo periodo a ridurre i costi come infrastrutture logistiche, commerciali nei mercati di sbocco che ci renderanno più agili e più in grado di governare i nostri costi", continua.

"La complicazione -spiega Di Martino- è la navigazione a vista. L'impossibilità al momento di avere grande prevedibilità dei costi nei prossimi sette-otto mesi dei costi di energia, tassi di interesse, materie prime e anche servizi come logistica, trasporti, imballaggi che sono tutti suscettibili di imprevedibilità per le stesse ragioni che abbiamo noi".

"Negli ultimi due-tre anni -continua l'imprenditore- abbiamo avuto una compressione dei margini fino ad arrivare a un pareggio ma anche a una leggera perdita, che sembra assurda rispetto all'aumento del fatturato. Le aziende di trasformazione stanno in mezzo perchè il prezzo della materia prima viene imposta, il prezzo dell'energia non la puoi negoziare, perchè le materie prime essendo stagionali hanno delle dinamiche 'violente' e perchè il tasso di interesse non è negoziabile. Mentre a monte tutti questi costi sono innegoziabili, a valle l'aumento è purtroppo negoziabile e per cui non si può trasferire in maniera automatica e, dal punto di vista del tempo, simultanea, quello che colpisce l'azienda come costi", conclude.

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