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Israele e le accuse di genocidio a Gaza, domani sentenza a L'Aja

Attesa la decisione sulle eventuali misure cautelari da adottare nei confronti dello Stato Ebraico dopo il ricorso presentato dal Sudafrica. Per il verdetto sul genocidio, invece, ci vorranno anni

Soldati israeliani a Gaza - Afp
Soldati israeliani a Gaza - Afp
25 gennaio 2024 | 07.08
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E' attesa per domani, venerdì 26 gennaio, la sentenza della Corte internazionale di giustizia (Cig) sulle eventuali misure cautelari da adottare nei confronti di Israele nell'ambito del ricorso presentato dal Sudafrica contro lo Stato ebraico per il crimine di genocidio. All'udienza a L'Aja ci sarà anche la ministra degli Esteri Sudafricana, Naledi Pandor.

La Cig, secondo gli osservatori, potrebbe stabilire una serie di misure tra cui chiedere lo stop dell'operazione militare nella Striscia di Gaza. La sua decisione è vincolante e non appellabile, ma non è detto che Israele decida di rispettarla dato che la Corte non ha gli strumenti per far rispettare le sue sentenze. Venerdì la Corte non si esprimerà sulla principale questione del ricorso (per la quale ci vorranno anni) ossia se Israele abbia commesso genocidio nell'enclave palestinese.

La posizione di Israele

"La guerra ci è stata imposta da Hamas. I terroristi di Hamas hanno fatto irruzione in Israele e hanno commesso atti orribili. Gli aggressori hanno mostrato con orgoglio la loro barbarie. Ogni azione intrapresa da Israele è giustificata al fine di mantenere la sicurezza dei civili dopo gli attacchi del 7 ottobre", aveva affermato Tal Becker, il consulente legale del ministero degli Esteri israeliano all'apertura del secondo giorno di udienze presso la Corte internazionale, sottolineando che i firmatari della denuncia "hanno presentato un quadro manipolativo degli eventi e hanno erroneamente utilizzato il termine 'genocidio', svuotandolo di contenuto".

Chiedere il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza significherebbe "incoraggiare Hamas" e altri gruppi terroristici, negando a Israele il diritto di difendersi, spiegava quindi il team legale d'Israele davanti alla Corte respingendo le accuse. Accuse, veniva argomentato, che vengono smentite dagli sforzi per gli aiuti umanitari e si basano su quadro "distorto" delle dichiarazioni del governo israeliano. Tanto più che è Hamas a volere il genocidio degli israeliani.

La richiesta di cessate il fuoco punterebbe quindi a proteggere Hamas dalla risposta d'Israele alle atrocità del 7 ottobre. Accoglierla, ha affermato il giurista Gilad Nolan nelle dichiarazioni finali, "sarebbe un segnale ai gruppi terroristi che possono commettere crimini di guerra e contro l'umanità e poi chiedere la protezione della stessa Corte". In questo modo "s'indebiliscono" gli sforzi della Corte per punire i genocidi, trasformandola "in un'arma nelle mani di terroristi che non hanno nessun rispetto per l'umanità e il diritto internazionale".

Quanto alle accuse di volere il genocidio della popolazione palestinese, il team legale ha sottolineato che ciò viene smentito dalle diverse azioni adottate da Israele per ridurre le vittime civili e permettere la distribuzione di aiuti umanitari. Se il genocidio fosse stato lo scopo, "Israele avrebbe forse rinviato le operazioni di terra per settimane, investito importanti risorse per dire ai civili dove, quando e come lasciare le aree di combattimento, mantenuto un apposito staff di esperti il cui solo ruolo è inviare gli aiuti?", ha chiesto Galit Raguan, alto funzionario del ministero israeliano della Giustizia.

L'accusa del Sudafrica

Nel ricorso presentato dal Sudafrica si chiede alla Corte di determinare se i comportamenti di Israele rappresentino violazioni della Convenzione contro il genocidio di cui fanno parte sia Tel Aviv che Pretoria. Lo Stato sudafricano, nello specifico, accusa Israele non solo di commettere atti di genocidio, ma anche di una mancata prevenzione e repressione di atti di genocidio imputabili alle truppe. La Convenzione, infatti, vieta agli Stati gli atti di genocidio, ma prevede anche il loro obbligo di prevenire e reprimere i corrispondenti atti individuali.

I precedenti, di cosa si occupa la Corte

Non è la prima volta che la Cig viene chiamata a pronunciarsi sull'accusa di genocidio. L'Ucraina ha citato la Russia per questo crimine a seguito della sua invasione del 2022. Ma in quel caso il ricorso vedeva protagonisti i due Paesi direttamente coinvolti nella guerra, mentre il Sudafrica è un attore terzo nella disputa tra Israele e Hamas. Anche in questo caso c'è un precedente. Nel 2019 il Gambia ha presentato un'istanza contro il Myanmar per i presunti atti di genocidio commessi contro il popolo Rohingya. Sul motivo che ha spinto il Sudafrica ad imbarcarsi in questo procedimento va considerato che il partito al governo, l'African National Congress (Anc), storicamente sostiene l'Olp e da tempo paragona il trattamento riservato da Israele ai palestinesi con quello dei neri sudafricani durante l'apartheid.

La Corte istituita nel 1945, che solitamente si occupa di questioni di confini e sovranità, è il massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite e risolve controversie tra Stati: non si occupa quindi di accertare i crimini individuali, di competenza invece della Corte penale internazionale (Cpi) e con cui non va confusa sebbene entrambe abbiano sede a L'Aja.

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