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Afghanistan, ammainata la bandiera dell'Italia - Video

Volo militare per Herat con giornalisti a bordo bloccato per 3 ore a Dammam: al comandante impedito sorvolo sui cieli degli Emirati Arabi. Farnesina convoca ambasciatore

Afghanistan, ammainata la bandiera dell'Italia - Video
08 giugno 2021 | 14.43
LETTURA: 7 minuti

(dall'inviata Silvia Mancinelli)

E' stata ammainata la bandiera italiana nell’hangar dell’aeroporto di Herat. Finisce così la cerimonia e la ventennale presenza del contingente italiano in Afghanistan (VIDEO).

La cerimonia è iniziata con un minuto di silenzio per i caduti in Afghanistan. Arrivati il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che si è scusato con i giornalisti per l’inconveniente del blocco del volo militare a Dammam, il Capo di Stato Maggiore della Difesa il generale Enzo Vecciarelli, il comandante del Coi (Comando Operativo di vertice Interforze) il generale di Corpo d’Armata Luciano Portolano, il comandante della Brigata Folgore il generale Beniamino Vergori e il tenente colonnello Gianfranco Paglia, medaglia d’oro al valore militare.

"Dopo 20 anni la Nato ha deciso di chiudere questa esperienza, oggi si sta pianificando e realizzando il rientro accompagnato da grande sforzo e impegno di carattere politico, diplomatico, economico per sostenere l’Afghanistan in questo passaggio e mantenere alcune conquiste che in questi anni sono state realizzate" ha detto il ministro Guerini nel corso della cerimonia. "Risultati importanti sotto il profilo della conquista di diritti civili, in particolar modo della popolazione femminile, della possibilità di accedere al diritto all’istruzione - ha aggiunto - sono stati ottenuti. Sono consapevole della complessità con la quale ci dobbiamo confrontare, ma la cessazione dell’impegno militare non deve essere letto dalla società afghana come un disimpegno della comunità internazionale. Dovremo continuare a lavorare sostenendo anche le forze di sicurezza afghane nello sforzo che saranno chiamati ad affrontare nei prossimi anni per mantenere la sicurezza del Paese".

"Oggi siamo qui a chiudere la nostra partecipazione all’Operazione Resolute Support, che ha sostituito Isaf dal gennaio 2015, concentrando il proprio sforzo nell’addestramento, consulenza e accompagnamento dei nostri alleati ed amici afgani. Un’attività di elevatissimo livello che in questi anni ha visto l’addestramento diretto o indiretto di più di 20.000 militari afgani del 207° Corpo d’Armata dell’Esercito Nazionale Afghano con cui abbiamo proficuamente operato in questi anni. Ma anche la realizzazione di circa 2200 progetti di cooperazione civile-militare" ha detto Guerini.

"In oltre venti anni - ha aggiunto - si sono alternati in questo paese più di 50.000 militari di tutte le Forze Armate con assetti terrestri, aerei e delle forze speciali. Il mio commosso pensiero voglio rivolgerlo anche a tutti gli italiani, civili e militari, che hanno perso la vita in Afghanistan. Ricordo tra loro i 53 caduti e gli oltre 700 feriti tra i nostri militari e quelli che, ancora oggi, portano sul corpo i segni della coraggiosa testimonianza di vita al servizio del Paese. Il loro valore, il loro spirito di sacrificio e il loro esempio non saranno mai dimenticati. A tutte le famiglie che, con grande dignità, hanno affrontato la perdita dei loro cari, rivolgo la mia vicinanza e il mio riconoscente pensiero, al quale si unisce quello di tutti gli italiani".

"E’ stata una delle missioni più lunghe che le nostre Forze Armate abbiano mai svolto, complessa e difficile anche a livello logistico per la notevole distanza dalla madrepatria - ha sottolineato - Difendere la pace e la legalità internazionali non richiede solo tempestività d’intervento. Molto spesso significa assicurare una presenza e un impegno costante nel tempo. In Afghanistan è stato così. Perché in Afghanistan le condizioni di conflitto avevano cause profonde, che affondavano le loro radici nella storia, e per affrontarle è stato, ed è ancora necessario consolidare i meccanismi della fiducia e riannodare i fili del dialogo".

"E’ stata una missione delicata che ha messo in evidenza l’elevata professionalità dei nostri uomini e donne in divisa ma soprattutto la loro spiccata capacità di cogliere le esigenze del popolo afgano e delle sue istituzioni che abbiamo accompagnato nel percorso di costruzione di un paese la cui società aspirava a più sicurezza, più libertà, più democrazia. Quello che dobbiamo anche chiederci in questi giorni è - ha continuato - come sarebbe stato l’Afghanistan senza questi venti anni di presenza e di lavoro fianco a fianco con i governanti e la popolazione. In questi lunghi anni, insieme ai nostri alleati, abbiamo sviluppato un modello di interazione con la popolazione, fatto di comprensione, disponibilità, empatia, veri moltiplicatori di effetti, che sono anche un segno distintivo dei militari italiani".

"Lasciamo oggi l’Afghanistan, dopo aver ottenuto sicuramente importanti risultati per la sicurezza internazionale e per la libertà, soprattutto del popolo afgano. Vi sono stati progressi nella vita democratica - ha aggiunto il ministro - nella tutela dei diritti umani, nell’accesso all’istruzione e nella parità di genere che hanno contribuito a marcare profondamente la società afgana. E’ stato fondamentale, in questo senso, proprio il lavoro svolto in supporto ed al fianco delle forze di sicurezza afgane. 'Shona ba shona', spalla a spalla, in questi lunghi 20 anni ci siamo addestrati ed abbiamo combattuto insieme per la neutralizzazione dell’insorgenza, per la protezione della popolazione e il contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione. In altri termini, per la pace e la prosperità di questo paese. Sono loro oggi la nostra principale eredità e sono loro che da domani saranno chiamati a fronteggiare le minacce alla democrazia in Afghanistan".

"In questi anni, nella Nato, abbiamo sempre sottolineato che siamo arrivati assieme, che ci siamo adattati assieme all’evoluzione dello scenario, che ce ne saremmo andati assieme. La sfida in Afghanistan è ancora grande - ha proseguito Guerini - Dobbiamo perciò continuare ad essere a fianco degli afgani. Una delle lezioni più importanti che abbiamo imparato in questi anni è che una pace durevole non può essere imposta: essa deve nascere e svilupparsi attraverso un processo politico, economico e diplomatico condiviso".

"Il governo afghano ha intrapreso iniziative coraggiose in questa direzione, ma il cammino verso la stabilità è ancora lungo. Richiede pazienza, determinazione e unità d’intenti, nel quadro del comune sforzo di contrasto al terrorismo e all’estremismo violento. Questo processo richiederà ancora tempo e i nemici della pacificazione cercheranno di sfruttare ogni occasione per fermarlo o rallentarlo", ha aggiunto Guerini.

"In questo senso tutta la Comunità Internazionale dovrà fare la sua parte, con coraggio e consapevolezza, per fare in modo che ciò non avvenga. Non vogliamo che l’Afghanistan torni a essere un luogo sicuro per i terroristi. E non vogliamo che i diritti conquistati dalla società vadano persi. Dovremo continuare a supportare l’Afghanistan, non solo sotto il fondamentale profilo delle attività di cooperazione allo sviluppo e del rafforzamento delle istituzioni, ma ritengo che dovremo garantire anche continuità nell’addestramento e potenziamento delle Forze di Sicurezza Afgane, per non disperdere quanto ottenuto a così caro prezzo", ha concluso il ministro.

Poi, al termine della cerimonia, ha spiegato che "quello degli interpreti afghani è un tema che ci sta molto a cuore, abbiamo voluto assegnare all’impegno nei confronti del sostegno e della protezione dei collaboratori afgani la dimensione di un’operazione che si chiama Aquila e con la quale si procederà alla graduale evacuazione umanitaria del personale civile afgano che ha supportato nel tempo il contingente italiano anche nel periodo antecedente all’operazione Resolute Support".

"Sono state redatte due liste di personale che potrà beneficiare di questo supporto, circa 270 unità tra collaboratori e relativi familiari per i quali si ha evidenza del rapporto lavorativo in essere o a suo tempo prestato a favore del contingente italiano e circa 400 per i quali è in corso di accertamento l’effettivo rapporto di collaborazione prestato al contingente italiano - ha annunciato - Questo personale verrà progressivamente trasferito in Italia a partire dalla metà di giugno dove, dopo il previsto periodo di quarantena, verrà preso in carico dal Ministero dell’Interno per il successivo inserimento nella rete di accoglienza e integrazione".

Si è quindi rivolto all’opinione pubblica assicurando che "tutto ciò che dovrà essere fatto sarà realizzato con lo sforzo necessario che il Paese dovrà mettere in campo. Chi ha collaborato con l’Italia - ha sottolineato il ministro - non viene dimenticato, anzi protetto e accompagnato nell’ingresso nel nostro Paese".

BLOCCO VOLO A DAMMAM - Il Boeing 767 dell’Aeronautica Militare con 40 giornalisti a bordo diretti da Pratica di Mare a Herat per la cerimonia di ammaina bandiera è stato bloccato per tre ore nell’aeroporto di Dammam, in Arabia Saudita. Nonostante il piano di volo già accordato, al comandante è stato impedito il sorvolo sui cieli degli Emirati Arabi. Il Boeing, dopo la sosta forzata, ha ripreso il viaggio per Herat.

Sull'episodio, su istruzione del ministro Luigi Di Maio, il segretario generale del ministero degli Esteri, ambasciatore Ettore Sequi, ha oggi convocato alla Farnesina l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti Omar Al Shamsi. Il segretario generale, si legge in una nota, ha manifestato all’ambasciatore "la sorpresa e il forte disappunto per un gesto inatteso che si fa fatica a comprendere".

A margine della cerimonia di ammaina bandiera a Herat, il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha spiegato: "La questione non è dipesa da noi, sono state mosse alcune iniziative di carattere diplomatico, è stato convocato l’ambasciatore degli Emirati al ministero degli Esteri per chiedere spiegazioni e per manifestare tutto il disappunto e lo stupore per avere negato il sorvolo rispetto a decisioni che erano già state comunicate, assunte e garantite".

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