A Carrara nel 2012 per gli inerti le casse pubbliche hanno incassato l'8,8% rispetto ai guadagni delle aziende: 15 milioni di euro a fronte di 168 milioni per i privati
Le Alpi Apuane rappresentano un caso emblematico di convivenza fra il più grande comprensorio estrattivo di pietre ornamentali del mondo e il principale Parco Regionale Toscano. Ogni anno nel solo distretto di Carrara si estraggono 1 milione di tonnellate di marmo in blocchi e 4 milioni di detriti con effetti devastanti non solo a livello paesaggistico: cime mozzate, crinali incisi, discariche minerarie visibili a km di distanza, milioni di terre di cava abbandonati, inquinamento delle falde acquifere, polveri, rumore e vibrazioni causati dall'intenso traffico di mezzi pesanti.
Secondo il "Rapporto Cave 2014" di Legambiente, oggi il Comune di Carrara incassa dal marmo 15 milioni di euro l'anno: una bella cifra che però sarebbe 2-3 volte superiore se venissero introdotte modifiche a un regolamento, quello degli agri marmiferi, che impone canoni slegati dal valore di mercato del materiale estratto e permette di fatto la totale esenzione per circa un terzo delle cave oggi considerate praticamente private. Insomma, il marmo di Carrara non è considerato un bene comune ma arricchisce pochi.
Irrisori i canoni di concessione pagati da chi cava. In media nelle Regioni italiane si paga il 3,5% del prezzo di vendita degli inerti. In molte Regioni le entrate dovute al canone richiesto non arrivano nemmeno a un decimo del loro prezzo di vendita, come in Toscana. Un ragionamento specifico va fatto per le pietre ornamentali dove a fronte di un peso ridotto nella quantità estratta vi sono enormi guadagni a fronte, anche qui, di canoni irrisori. Nel caso di Carrara nel 2012 per gli inerti le casse pubbliche hanno incassato l'8,8% rispetto ai guadagni delle aziende: 15 milioni di euro a fronte di 168 milioni per i privati.