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"Avere tempo" sarà nelle librerie dal 10 febbraio per le edizioni Treccani
"Essere" significa avere tempo. Eppure abbiamo continuamente la sensazione di non avere tempo che ci assilla, ci tormenta, ci angoscia. Ma che cos’è, allora, questo bene di cui lamentiamo la mancanza? Forse è il tempo di qualità. E come trovarlo? "La nostra civiltà -sostiene il filosofo belga Pascal Chabot- vive sotto quattro regimi temporali che si scontrano: Fato (imperativo biologico della vita fino alla morte), Progresso (imperativo del futuro), Ipertempo (tirannia del presente e tecnocapitalismo: il tempo è ovunque da nessuna parte) e Scadenza (conto alla rovescia verso la catastrofe ecologica).
E' un tema che riguarda tutti ora approfondito nel saggio "Avere tempo", che sarà nelle librerie dal 10 febbraio prossimo per le edizioni Treccani nella traduzione di Sandra Bertolini. Prima d’ora mai si è sperimentato l’antagonismo di tante concezioni incompatibili del tempo che, il più delle volte, si uniscono contro di noi e che dobbiamo tuttavia conciliare per affrontare la quotidianità. Perché "l’atteggiamento che assumiamo nei confronti del tempo -scrive l’autore- ha un impatto profondo sulle nostre vite: navighiamo tra nostalgia del passato, dipendenza dal presente e speranza per il domani. Ma quale temporalità dovrebbe essere preferita? La sfida è costruire una saggezza del tempo commisurata all’attualità: una cronosofia".
Chabot insegna allo Ihecs (Institut des Hautes Études des Communications Sociales) di Bruxelles. È autore, tra l’altro, di Les sept stades de la philosophie (2011), Global burn-out (trad. it. Burnout globale. La malattia del secolo, San Paolo, 2014), Après le progrès (2015), L’âge des transitions (2015), Exister, résister (2017), L’homme qui voulait acheter le langage (2018), Traité des libres qualities (2019), Six jours dans la vie d’Aldous Huxley (2022), tutti pubblicati in Francia da Puf.