A casa dopo cinque mesi di carcere e una condanna che sfiora i sei anni. La procura generale ricorre in Cassazione
La procura generale di Milano ricorre in Cassazione contro la decisione della Sorveglianza di concedere i domiciliari all'ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni condannato per corruzione a 5 anni e 10 mesi nell'ambito del processo Maugeri-San Raffaele. Dal 22 luglio l'ex governatore, 72 anni, vive in un appartamento in zona piazza Firenze, dopo aver varcato la porta del carcere di Bollate lo scorso 22 febbraio. Dietro le sbarre ha trascorso in tutto cinque mesi. Un diritto o una stortura del sistema giudiziario? La decisione dei giudici rientra nella logica della concedibilità dei benefici previsti dall'ordinamento penitenziario che è strutturato in funzione del principio della rieducazione del condannato, previsto dall'articolo 27 della Costituzione. Il tribunale di Sorveglianza ha concesso i benefici della detenzione domiciliare previsti per i condannati ultra settantenni bypassando il problema della retroattività o meno della cosiddetta Spazzacorrotti.
In sostanza, anche applicando la nuova legge si possono comunque concedere i domiciliari poiché esiste il presupposto della collaborazione impossibile, previsto dall'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario. I fatti - nonostante "pacificamente" Formigoni non abbia mai collaborato in fase di indagine o durante il processo - sono stati integralmente accertati, dunque è impossibile ipotizzare una sua collaborazione. Per la Sorveglianza, l'informativa della procura circa l'accertamento della collaborazione impossibile non può essere posta a base di un rigetto poiché sostanzialmente manca di elementi concreti, senza i quali vale il principio del favor rei, ossia la decisione va presa a favore del condannato.
La vicenda per cui Formigoni sta scontando la pena riguarda 6,6 milioni di euro - per l'accusa parte del denaro è ancora al sicuro a Panama, a Malta, alle Seychelles e alle Bahamas - ma non essendoci elementi certi per dire che potrebbe aiutare a recuperare i soldi, restano i fatti: oggi l'ex presidente di Regione Lombardia dichiara di non avere nessuna entrata economica essendogli stati sequestrati beni, conti correnti e vitalizi. Eliminato l'ostacolo della collaborazione, secondo il tribunale di Sorveglianza, Formigoni può accedere al beneficio previsto per gli imputati ultra settantenni, tenuto conto che le relazioni dal carcere evidenziano l'avvio di un percorso di resipiscenza, viste le sue dichiarazioni rese circa il disvalore del proprio operato. Le ultime pronunce della Cassazione evidenziano, inoltre, come non è un presupposto necessario ammettere le proprie responsabilità, ma è sufficiente che il condannato accetti la sentenza e si adoperi per il reinserimento sociale.
Dunque una volta valutata la posizione personale (avere più di 70 anni non comporta l'automatica scarcerazione), accertato che il condannato non è più socialmente pericoloso - Formigoni non riveste più ruoli pubblici - ecco il sì ai domiciliari con alcune prescrizioni. Oggi, però, nonostante il pg avesse dato in aula parere favorevole ai domiciliari, la procura generale impugna la decisione della Sorveglianza e ricorre in Cassazione. Un altro capitolo della lunga vicenda giudiziaria di Formigoni.