Il ministro replica alle polemiche dopo l'intervento della polizia al presidio in ricordo dell’oppositore russo. Sensi (Pd): "Chiederemo interrogazione parlamentare"
“E’ capitato anche a me, nella vita, di essere identificato; non credo sia un dato che comprime una qualche libertà personale". Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha risposto a chi gli chiedeva cosa ne pensasse di quanto avvenuto ieri pomeriggio a Milano, dove alcuni manifestanti riuniti per portare dei fiori in memoria di Alexei Navalny in corso Como sono stati identificati dagli agenti della Digos.
"L’identificazione delle persone è un'operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio. Mi è stato riferito che il personale che aveva operato non avesse piena consapevolezza", ha aggiunto Piantedosi a margine della sottoscrizione di un accordo tra la Regione Lombardia, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e l'Anci Lombardia.
Secondo quanto spiega all’Adnkronos Domenico Pianese, segretario generale del Sindacato di Polizia Coisp, "l’identificazione di una persona è una procedura standard, che viene effettuata normalmente nell’ambito dei dispositivi di sicurezza poiché rientra nelle ordinarie attività di controllo del territorio. Le identificazioni infatti, checché ne dicano le ‘anime belle’, rappresentano un elemento di garanzia per tutti i cittadini". "Chi tenta di screditare la Polizia di Stato evocando teorie del complotto e derive antidemocratiche, oltre a essere del tutto fuori luogo, non si rende conto che sono proprio le Forze dell’Ordine e il lavoro che ogni giorno compiono le donne e gli uomini in divisa a garantire la libertà di ogni individuo e a difendere l’assetto democratico del nostro Paese", conclude.
Anche Stefano Paoloni, segretario generale del Sap, sindacato autonomo di polizia sottolinea come "l'identificazione non comprime alcuna libertà personale, rientra tra i compiti, anzi tra i doveri, di chi ha il compito di garantire la sicurezza e l'ordine pubblico. Chi percepisce l'identificazione come qualcosa di pericoloso, ha qualcosa da nascondere oppure ha un pregiudizio verso le forze dell'ordine. I colleghi hanno fatto semplicemente il loro dovere".
L'episodio ha tuttavia scatenato polemiche nell'opposizione, con il senatore Pd, Filippo Sensi, che su twitter ha annunciato che interrogazione parlamentare a Piantedosi per "chiedere conto di che Paese siamo".
Per il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra "questo Paese ha un altro problema ed è questo ministro dell’Interno". "Ho come l’impressione - afferma- che il ministro Piantedosi pensi di essere ministro di Polizia dopo i moti risorgimentali del 1848. Sia che parli di Cpr che della sentenza della Cassazione sui respingimenti illegali in Libia o delle disinvolte pratiche identificative delle forze dell’ordine, siamo di fronte a posizioni gravi e preoccupanti".
"La polizia che ha identificato dei liberi cittadini riuniti sotto la targa di Anna Politkovskaja per commemorare Alexej Navalny deve aver sicuramente scambiato quell'angolo di Milano per una strada di San Pietroburgo o di Mosca. Confido che il ministro Piantedosi saprà dare le spiegazioni giuste e, se è il caso, prendere i provvedimenti adeguati", ha invece commentato Osvaldo Napoli, componente della segreteria nazionale di Azione.
"Il fatto che non ci siano limiti rispetto alla richiesta d’identificazione, anche in circostanze come la commemorazione di Milano, pone un tema generale che riguarda la libertà d'espressione: la prassi generalizzata della richiesta d’identificazione potrebbe avere un effetto intimidatorio e deterrente nei confronti dell'esercizio del diritto di protesta pacifica, considerato anche il clima di crescente repressione delle piazze e raccontato dai media", dice all'Adnkronos Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.