Luciano Traina: "Malato e senza scampo, penso si sia fatto catturare. Sono arrabbiato più che entusiasta"
"Sinceramente più che entusiasta sono arrabbiato. Mi sembra di rivivere una soap opera, lo stesso copione di 30 anni fa con l'arresto di Riina e poi sappiamo cosa è successo con la mancata perquisizione del covo...". A dirlo all'Adnkronos è Luciano Traina, fratello di Claudio, l’agente di scorta morto insieme ai colleghi nella strage di via D’Amelio che costò la vita anche al giudice Paolo Borsellino, parlando dell'arresto, ad opera dei carabinieri del Ros, dell'ormai ex primula rossa Matteo Messina Denaro. "Non credo si sia trattato di una cattura vera e propria, penso piuttosto che ormai ammalato si sia fatto arrestare o qualcuno lo abbia consegnato", aggiunge.
L'ispettore di polizia in pensione non è solo il fratello di Claudio, ma anche uno dei poliziotti che nel maggio del 1996 partecipò al blitz per l'arresto di Giovanni Brusca. "Del possibile arresto di Messina Denaro lo scorso novembre Salvatore Baiardo parlò in un'intervista a Giletti... E' un caso? Io ritengo, ma è una mia opinione personale, che Messina Denaro, ormai gravemente malato e capendo di non avere più scampo, si sia fatto arrestare". E la cattura nella clinica di Palermo, dove pare che da tempo l'ex superlatitante fosse in cura, lascia per Traina una serie di interrogativi. A partire dai luoghi in cui ha trascorso la sua latitanza. "Non vorrei si ripeta lo stesso copione sulla mancata perquisizione del suo covo. Vedremo cosa accadrà nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Però, non raccontiamoci barzellette".
Adesso l'auspicio per il fratello dell'agente di scorta morto nella strage di via D'Amelio è che "le indagini proseguano in maniera serrata per scoprire chi lo ha coperto in tutti questi anni di latitanza. Chi prenderà il suo posto o chi lo ha già preso, perché simili criminali non lasciano mai i loro traffici in sospeso. Lo Stato ora faccia terra bruciata". Un arresto quello di Messina Denaro che non lenisce una ferita. "Un 'animale' in meno in giro, ma mio fratello nessuno lo riporterà in vita. Noi siamo condannati all'ergastolo del dolore a vita. Non esiste alcuna possibilità di perdono, che pietà è possibile avere per una persona simile, un uomo che ha fatto uccidere un bambino (il piccolo Giuseppe Di Matteo, ndr). Mi fa solo ribrezzo". Cosa si aspetta adesso? "Di avere giustizia dopo oltre 30 anni, che si faccia luce su chi ha sottratto l'agenda rossa di Borsellino. Ma non credo che si questo arriveremo mai alla verità". (di Rossana Lo Castro)