"Se non verremo ascoltati pronti a manifestare a marzo"
"Scenderemo in piazza per difendere i nostri diritti". Lo annunciano le associazioni che rappresentano le persone con disabilità e le loro famiglie. La mobilitazione parte in Lombardia, dove dagli ultimi giorni del 2023 è salita la tensione con la Regione per via di una delibera che prevede riduzioni a partire da giugno di quest'anno per le misure B1 e B2 per la disabilità grave e gravissima, che rappresentano un contributo mensile per l'assistenza. "Se entro il 29 febbraio non riceveremo impegni certi rispetto alla sostanziale modifica della Dgr 1669 del 28 dicembre 2023, a marzo manifesteremo sotto Palazzo Lombardia", informano le associazioni. E oltre 100 di queste realtà (alcune riunite in comitati e federazioni) hanno anche inviato una lettera al Governo, indirizzata al premier Giorgia Meloni, e ai ministri di riferimento Marina Calderone (Politiche sociali), Alessandra Locatelli (Disabilità) e Orazio Schillaci (Salute).
Le richieste sono: "Prorogare l'entrata in vigore dell'implementazione dei Leps (Livelli essenziali delle prestazioni sociali) prevista dal Piano nazionale per la non autosufficienza, per garantire la continuità degli interventi di assistenza indiretta già previsti, e allo stesso tempo specificare cosa il Piano nazionale impone e cosa no, perché oggi non è chiaro, così come non risulta chiaro il perché solo una Regione su 20 abbia programmato un taglio dei contributi economici; prevedere un adeguato aumento del Fondo nazionale per la non autosufficienza (Fna); costruire il nuovo Piano nazionale (quello attuale è in scadenza nel 2024) attraverso interlocuzioni con tutti gli stakeholder, in particolare con le associazioni di familiari che non possono rimanere escluse dal confronto", si legge nella lettera.
In Lombardia, spiegano le famiglie, "le misure di assistenza indiretta B1 e B2 rappresentano un sostegno essenziale per le noi, sono finanziate con il fondo Fna e con fondi regionali. Le associazioni, dopo il respingimento della mozione che chiedeva l'annullamento dei tagli e le lettere inviate sia al ministero delle Politiche sociali che all'assessorato regionale competente, non hanno ricevuto alcun impegno, rassicurazione, notizia da parte di alcuno, né sull'eventuale richiesta di proroga dell'attuazione del Piano nazionale non autosufficienza, né tantomeno sull'implementazione dei fondi regionali che consentirebbero di annullare i tagli medi dei contributi del 32% per la misura B1 (con punte del 47%) e del 75% per la misura B2 per i caregiver, previsti dall'1 giugno 2024, che avrebbero conseguenze devastanti sulla quotidianità delle famiglie".
"Ribadiamo - continuano le famiglie - che nessuna Regione italiana ad oggi, oltre la Lombardia, ha 'interpretato' i dettami del Piano nazionale in maniera tanto penalizzante per i caregiver familiari conviventi. Il contributo economico indiretto non è e non sarà mai alternativo ai servizi erogati in forma diretta, peraltro assolutamente inadeguati come segnalato praticamente dalla totalità dei Comuni capoluoghi lombardi. Nell'ambito del progetto di vita individuale e partecipato, così come sottolineato dalla Convenzione Onu (ratificata dall'Italia nel 2009), la libertà di scelta tra assistenza diretta e indiretta è un principio cardine da rafforzare e non da eliminare".
Le famiglie chiedono dunque una "modifica sostanziale della delibera 1669", fondi adeguati "per consentire di non modificare gli importi dei contributi odierni, ma semmai di aumentarli", e fra i punti evidenziati come urgenti inseriscono la "rimodulazione del sistema di offerta di servizi. Offerta che ad oggi riteniamo assolutamente inadeguata in quanto eccessivamente standardizzata e non in linea con i reali bisogni individuali, sia per quello che concerne servizi sanitari e sociosanitari, sia per quello che concerne quelli prettamente sociali". Per le associazioni è necessario "un tavolo di lavoro" che le includa, "affinché si possa costruire insieme un percorso che vada nella direzione della costruzione e implementazione dei Leps, senza penalizzare l'assistenza indiretta che deve rimanere un punto fermo. Non ci accontenteremo di soluzioni temporanee e non condivise. E confidiamo che le nostre richieste siano prese in considerazione".
Per difendere i diritti dei propri cari con disabilità, le famiglie spiegano di essere pronte a manifestare, "chiedendo la massima partecipazione non solo alle famiglie coinvolte, ma anche ad altre realtà associative, istituzioni, media e a tutta la società civile". E mobilitando "anche le altre Regioni". Concetto ribadito nella lettera al Governo, dove le associazioni sottolineano con forza che "le persone con disabilità vanno messe in condizione non solo di poter pensare e quindi decidere in libertà e tranquillità come vivere, da chi essere eventualmente assistiti, in quale luogo e in che misura, ma anche di avere sogni e desideri".