La più grande strage di connazionali in tempo di pace della storia della Repubblica italiana (più morti di quella di Bologna del 2 agosto 1980), della quale, finora si è parlato pochissimo. Agosto 1946. La guerra è finita da pochissimo e l'Istria è occupata dai partigiani del maresciallo Tito. Il "lungo esodo" è già iniziato. Ma non da Pola che, ancora, è amministrata dalle truppe britanniche. La morte - con le sue conseguenze di terrore e fuga - in questa città viene portata a Vergarolla, una famosa spiaggia gremita di partecipanti in occasione delle locali gare di nuoto. Più di un centinaio i morti, di cui solo 64 identificati. Altrettanti i feriti. Non mancano gli atti di eroismo: il dottor Micheletti perde i due figli, ma continua a prestare soccorso per oltre 48 ore.
La guerra è cessata da oltre sedici mesi e le mine, precedentemente disattivate, sono state riarmate nella notte precedente all'evento.
All'epoca, sul reale movente e sugli esecutori dell' attentato terroristico si indagò poco e male. Ci sono volute decine di anni perché dagli archivi inglesi uscisse una documentazione capace, da sola, di fare piena luce. Il comando inglese diede mandato ad una Commissione d'inchiesta di individuare le responsabilità della strage. Quest'ultima giunse a concludere che le mine erano in stato di sicurezza, poiché disattivate e che alcuni testimoni, fra i quali anche un inglese, asserivano che poco prima dell'esplosione avevano udito un piccolo scoppio e visto un fumo blu correre verso le mine. Pertanto, nella relazione finale fu espresso il parere che "gli ordigni sono stati deliberatamente fatti esplodere da persona o persone sconosciute".
Se ne parlerà nel corso della Tavola Rotonda giovedì 2 settembre alle ore 12, diretta sul sito di Adnkronos.
Parteciperanno: