Direttore National Intelligence: "Vicenda laptop non è disinformazione russa"
Di Marco Liconti
La vicenda del pc portatile di Hunter Biden "non fa parte di qualche campagna di disinformazione russa". L'affermazione, che contraddice quanto sostenuto dai Democratici, viene dal direttore della National Intelligence, John Ratcliffe, il numero uno della 'intelligence community' Usa, e non mancherà di suscitare polemiche. In un'intervista a Fox Business, Ratcliffe ha di fatto smentito quanto affermato dal presidente democratico dalla Commissione Intelligence della Camera dei Rappresentanti, Adam Schiff, che ieri aveva sostenuto che tutta la vicenda delle email del figlio dell'ex vice presidente, che secondo i Repubblicani era egli stesso coinvolto negli affari all'estero del figlio, altro non erano che una manovra di Mosca per interferire nelle elezioni presidenziali.
"E' buffo che quelli che si lamentano di più sulla politicizzazione dell'intelligence siano quelli che politicizzano l'intelligence - ha detto Ratcliffe - Sfortunatamente, è Adam Schiff che ha detto che i servizi di intelligence ritengono che la vicenda del portatile e delle email di Hunter Biden siano parte di una campagna di disinformazione della Russia. Voglio essere chiaro - ha aggiunto - i servizi di intelligence non credono a questa cosa, perché non c'è alcuna informazione di intelligence che lo sostenga. E non abbiamo condiviso alcuna informazione di intelligence con Adam Schiff, o qualsiasi altro membro del Congresso".
Parole pesanti quelle di Ratcliffe, proprio per l'importanza di chi le ha pronunciate, dopo il tentativo democratico di liquidare sbrigativamente la vicenda, come una manovra "del Cremlino", della quale i Repubblicani si stavano approfittando a fini elettorali, come aveva assicurato Schiff. Una sorta di Russiagate parte seconda, del quale è ancora presto per dire se avrà un peso nelle urne, di qui al 3 novembre.
La vicenda è esplosa dopo che il New York Post ha pubblicato un articolo nel quale sosteneva che le email presenti sul pc suggerivano che Joe Biden fosse a conoscenza, se non direttamente coinvolto, negli affari condotti all'estero da suo figlio Hunter. In alcuni messaggi vi sarebbe la prova che Hunter Biden presentò l'uomo d'affari ucraino Vadym Pozharskyi a suo padre Joe. A consegnare il materiale al NY Post è stato l'ex sindaco di New York e avvocato personale del presidente Donald Trump, Rudolph Giuliani.
ll pc portatile, ha confermato Ratcliffe, è ora nelle mani dell'Fbi, che però, da prassi, non conferma né smentisce l'esistenza di un'indagine. E tuttavia, il direttore della National Intelligence ha chiarito che i servizi segreti non sono coinvolti in nessun procedimento riguardante la vicenda.
Pozharskyi è consulente del consiglio di amministrazione della Burisma, l'azienda energetica ucraina al centro di tutti i presunti e controversi legami tra la famiglia Biden e Kiev. "Caro Hunter, grazie per avermi invitato a D.C. (Washington, ndr) e avermi dato l'opportunità di incontrare tuo padre e trascorrere del tempo insieme. E' un onore e un piacere", si legge in un'email che Pozharskyi avrebbe inviato a Hunter Biden il 17 aprile del 2015. All'epoca, Hunter Biden era nel board della Burisma e il padre Joe alla Casa Bianca, come vice di Barack Obama. Per il NY Post, questa sarebbe la prova che Biden interveniva nella politica ucraina, per favorire gli affari del figlio.
Da allora, Twitter e Facebook hanno di fatto censurato i post che rilanciavano l'articolo del tabloid newyorchese, spingendo il presidente Trump e i Repubblicani a gridare alla censura. Del resto, la vicenda presenta dei lati controversi. La mail che 'inchioderebbe' i Biden è stata trovata su un computer laptop portato a riparare in un negozio del Delaware, lo stato della famiglia Biden. L'identità di chi ha portato il computer a riparare non è nota e, come scrive il New York Post, nessuno è mai tornato a riprenderlo. Sarebbe stato il negoziante a trovare sul portatile le mail e dei video compromettenti e lo stesso negoziante, dopo aver contattato l'Fbi, avrebbe fatto una copia dell’hard disk e l’avrebbe consegnata a Robert Costello, l’avvocato di Giuliani.
Che il materiale trovato nell'hard disk del portatile sia controverso, lo ammette lo stesso Giuliani, che ha riferito al sito conservatore The Epoch Times di avere impiegato tre settimane, insieme ai suoi consulenti, per autenticare i documenti. Giuliani si dice certo dell'autenticità del materiale, ma non esclude la possibilità "il negoziante stesse mentendo" o che il computer possa essere stato portato nel negozio o appartenga a qualcuno che non sia Hunter Biden.
In un secondo articolo, il New York Post ha pubblicato altre email che mostrerebbero come Hunter Biden abbia tentato affari milionari con un'azienda petrolifera cinese che ha legami con l'apparato militare di Pechino. Altro materiale controverso, che ha ovviamente infiammato la campagna elettorale, nonostante i principali media Usa ignorino la vicenda, sostenendo che potrebbe trattarsi di una campagna di disinformazione di Mosca per influenzare il voto del 3 novembre.
Eppure, come ha denunciato in un tweet Jason Miller, stratega della campagna di Trump, la Commissione per i dibattiti presidenziali, senza fornire spiegazioni, ha deciso di non consentire nel prossimo e ultimo dibattito Trump-Biden che al candidato democratico vengano fatte domande di politica estera, "così che Joe Biden non dovrà rispondere di essere compromesso col Partito comunista cinese". Quel che è certo, è che sarà lo stesso Trump a sollevare la questione, quando si troverà faccia a faccia con l'ex vice presidente.