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Negrita, musica e poesia per resistere agli 'anni spietati'

La band toscana torna a far sentire la propria voce nell'album 'Canzoni per anni spietati', 9 tracce tra rabbia e disincanto

(foto Alessio Pizzicannella)
(foto Alessio Pizzicannella)
28 marzo 2025 | 09.52
LETTURA: 6 minuti

Parole taglienti, come i tempi che viviamo. I Negrita tornano a farsi sentire con 'Canzoni per anni spietati', il nuovo album in uscita il 28 marzo. A sette anni dall'ultimo lavoro in studio, la band toscana firma un concept album di "resistenza poetica", un grido lucido e potente che attraversa 9 brani, anticipati dai singoli 'Non Esistono Innocenti Amico Mio', 'Noi Siamo Gli Altri' e 'Nel Blu (Lettera ai Padroni della Terra)'. Canzoni che colpiscono come un pugno nello stomaco, tra disincanto e rabbia ma senza rinunciare a uno spiraglio di speranza per il futuro. "Questo album ha una natura folk - spiegano i musicisti durante un set acustico sotto il cielo blu di Milano, prima di incontrare la stampa -. E' nato su chitarre acustiche e si presta a questa dimensione. Il folk è una natura manifestata raramente nei nostri album ma ha sempre fatto parte di noi”.

Un'attitudine che parte dagli anni ‘40 e si snoda nel tempo, fino ad abbracciare il suo periodo di maggiore splendore vent’anni dopo, grazie a Bob Dylan, figura chiave del cantautorato ribelle e poetico, da sempre voce degli outsider. E’ al Premio Nobel per la Letteratura che è dedicata ‘Song to Dylan’, una delle sorprese del disco. “E’ stato il più grande di tutti, un grande rocker che all’inizio della carriera ha dedicato un brano a Woody Guthrie, il suo riferimento musicale da giovane” dicono i Negrita, che hanno volito restituire, tramite la loro nuova musica, una fotografia del mondo contemporaneo. “La pandemia di Covid ci aveva tarpato le ali, non riuscivamo a fare musica - raccontano -. A livello globale poteva essere un momento di crescita umana, ma ne siamo usciti divisi, e ogni verità proposta dalle reti di informazione è bifronte: ogni faccia opposta è sostenuta da fazioni che difendono in maniera radicale la propria, odiando quella altrui”.

In quel periodo complesso, “siamo andati a riascoltare la musica degli anni ‘60 e abbiamo capito che era la strada giusta per tornare a scrivere. Abbiamo scoperto che la musica folk che ci ha cresciuti, soprattutto quella americana, poteva essere accomunabile con il canto e la melodia italiana". Le canzoni sono sgorgate da sole: "Da una crisi insuperabile abbiamo scritto un pezzo ogni cinque giorni. Per senso di gratitudine abbiamo pensato così di omaggiare Bob Dylan”. Anche in ‘Nel Blu (Lettera ai Padroni della Terra)', la band prende ispirazione da un pezzo famoso di Dylan, ‘Masters of War’ per scrivere un brano dall’andatura marcata, un groove solido e rock and roll, che punta il dito contro i potenti che si “ingozzano di denaro” e sono affamati di guerra. Se è vero che il folk è la matrice della composizione, lo stesso non si può dire per gli arrangiamenti, che si muovono in direzioni diverse mentre le canzoni si legano l’una all’altra in un concept più letterario che musicale, quasi di resistenza poetica.

“Chi ha ascoltato questo disco ci ha detto che c’è una naturalezza nuova nei Negrita, grazie al folk e ad altre influenze - spiega il frontman Pau -. Tirando un fil rouge dalla prima all’ultima traccia si evince che c’è una narrazione che non si interrompe e ha un flusso, con up and down voluti. Alla fine dell’ascolto sei sazio e ti sei fatto un’idea degli argomenti trattati”. Nell’album è presente un altro omaggio, stavolta a uno dei cantautori italiani per eccellenza, Francesco De Gregori, con una reinterpretazione di ‘Viva l’Italia’, che affronta la complessità dell’identità nazionale e che la band ha voluto rileggere alla luce delle nuove tensioni sociali e culturali. “In questo racconto globale ci serviva una canzone che rappresentasse gli aspetti positivi e negativi di questa Terra, serviva lo schiaffo ma anche la carezza, e la canzone De Gregori era perfetta. E’ magica e dice quanto siamo italiani nel male, ma anche nel bene”.

Nella tracklist spicca ‘Non si può fermare’, cantata da Drigo, che chiude l’album. Una canzone nata durante il lockdown, che celebra con gioia l’arrivo dell’estate mettendo al contempo l’accento sul contrasto nel rapporto tra uomo e natura. “Vuole trattare argomenti pesanti ma poi, dopo mesi di ‘carcere’ per la pandemia è arrivata la primavera - racconta la band -. Sentivamo il cinguettio degli uccelli come mai prima. Era assordante il suono della natura in subbuglio e vedere il sole spuntare sembrava comunicare che la natura stesse comunque facendo il suo corso”. ‘Dov’è che abbiamo sbagliato’ è invece uno dei pezzi più rock dell’album, nel quale i Negrita fanno un’analisi di pregi e difetti della loro generazione. “Dovevamo chiudere l’album - racconta Pau -. Mi sono messo a rileggere i testi scritti e mi è venuto automatico chiedermi cosa abbiamo sbagliato come generazione. Guardo all’eredità dei nostri genitori, quella dei boomer, e mi rendo conto che abbiamo dato il via a una nuova rivoluzione digitale, che sta cambiando il mondo drasticamente. Ma questa rivoluzione era la cosa giusta da fare? L’abbiamo fatta al meglio? Non mi sembra”.

In questa società "disumanizzata" e che "non fa che rispettare la citazione romana ‘dividi et impera’ noi siamo dalla parte opposta: "Uniamo un popolo quando saliamo sul palco, senza chiedere fede politica o religiosa. Con il pubblico creiamo un’elettricità che diventa magica ed è una bella prova di umanità che anche i nostri politici dovrebbero interpretare meglio”. Nel disco una menzione speciale la merita ‘Ama o lascia stare’, una canzone che un sound molto Negrita di un certo periodo. “Il titolo viene dalla scritta su muro che vidi, ‘Ama o lascia perdere’ e mi ha fatto pensare molto - spiega Pau -. Nel brano diciamo che se l’alternativa ad amare è odiare non ce n’è bisogno. Ho letto un’indagine secondo la quale il 57% dei commenti sui social è di odio. I social dovevano unirci ma i commenti negativi ci portano verso l’autodistruzione e un periodo buio, e questo ci preoccupa”.

Cosa sta sbagliando, quindi, la nuova generazione? “E’ difficile giudicarla bene - osserva Pau -. Mia figlia ha 18 anni e la nuova generazione, i trentenni, hanno a che fare con un mondo stratificato. Faranno fatica a capire qual è il giusto percorso per portare l’umanità al prossimo step, li abbiamo lasciati di fronte al classico incrocio con mille cartelli e non hanno una chiara lettura del presente: dovranno sacrificare un po’ della loro esistenza. Io ho però ho fiducia nei giovani”.

Facendo un confronto con il passato, “non si possono fare classifiche. Il nostro primo album è uscito nel 1994, subito dopo Mani pulite, che è stata una rivoluzione culturale oltre che politica e poi il manifestarsi dello strapotere berlusconiano, abbastanza opinabile rispetto allo spirito iniziale dei giudici che volevano mettere i corrotti in galera. Il nostro primo singolo diceva ‘Cambio di mentalità’, e sembrava che dopo la Prima Repubblica potesse esserci una rivoluzione. Poi siamo passati a una Seconda Repubblica che nessuno si aspettava, perché nessuno si attendeva la discesa di campo di uno come Berlusconi”.

Con 'Canzoni per anni spietati', i Negrita non si limitano a raccontare il presente ma lo affrontano a testa alta, con parole affilate e suoni che colpiscono dritto al cuore. E ora, l’energia della band si prepara a esplodere dal vivo: dall’8 aprile, i Negrita torneranno nei club, il loro terreno naturale, per trasformare ogni concerto in un rito collettivo di musica e resistenza. "Abbiamo raccontato un anno della nostra vita e le nostre speranze come esseri umani". Speranze che si faranno sentire, forti e chiare. (di Federica Mochi)

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