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Lacuna Coil: "In 'Sleepless Empire' raccontiamo generazione che non dorme mai"

La band metal italiana più famosa al mondo torna con il nuovo album in uscita il 14 febbraio. E sulla trap dice: "Non giudichiamo ma in Italia è diventata pop". Sanremo? "Non è mai stato nei nostri pensieri"

I Lacuna Coil
I Lacuna Coil
11 febbraio 2025 | 13.50
LETTURA: 11 minuti

Cinematografici e oscuri come non mai, i Lacuna Coil tornano con 'Sleepless Empire', in uscita il 14 febbraio, decimo lavoro in studio della band metal italiana più famosa al mondo - al secolo Cristina Scabbia, Andrea Ferro, Marco Coti Zelati e Richard Meiz - e prima raccolta di inediti dopo il successo di ‘Black Anima’ del 2019 e ‘Comalies XX’, acclamato remake del loro iconico album del 2002. Un disco che riflette la società in cui viviamo, l'impero dell'insonnia, una generazione intrappolata in un mondo digitale che non si ferma mai, dove i social media distruggono l’identità. (Video)

Scritto e registrato tra Milano, la città natale della band, e Como, sede dello studio Spvn, come gli album precedenti anche questo vede Marco ‘Maki’ Coti Zelati alla produzione, mentre l’artwork è stato curato da Roberto Toderico. Undici i brani contenuti, che spaziano dai refrain colossali di ‘The Siege’ all’orecchiabile ‘I Wish You Were Dead’, fino alle atmosfere cupe di ‘Oxygen’, brano che racchiude la fatica che si fa per liberarsi da quello che ci sta in qualche modo trattenendo, soffocando. Non mancano sorprese, come l’incursione di due talenti come Randy Blythe dei Lamb Of God, in ‘Hosting The Shadow’, e Ash Costello dei New Years Day che ha aggiunto il suo contributo a ‘In The Mean Time’. L’AdnKronos ha invitato nella redazione milanese Cristina Scabbia e Andrea Ferro, le due voci della band in occasione dell'uscita del disco.

Come è nato il titolo dell’album e qual è il sentimento dietro questo nuovo lavoro?

Rispondono entrambi: “Il titolo ‘Sleepless Empire’, è nato mesi fa, quando abbiamo cominciato a pensare al tema che aleggiava sull'album stesso. Ci siamo immaginati questo mondo, che è un po’ anche in quello in cui viviamo adesso, completamente digitalizzato, comparato al mondo dal quale veniamo, completamente analogico. Noi ci siamo sempre trovati nel mezzo, abbiamo seguito l'evoluzione, siamo cresciuti insieme ai tempi, adattandoci. Quella di oggi è una generazione che non dorme mai, sempre produttiva, che sente il bisogno di essere presente, sempre online. Noi abbiamo la capacità di distinguere quello che è giusto mettere sui social e quello che invece non è il caso di pubblicare. Il disco non vuole essere una critica ma un'osservazione della realtà. Anche noi a volte ne siamo vittime ma avendo un po’ di esperienza riusciamo a goderci delle cose più semplici. Le nuove generazioni, invece, sono cresciute con il telefono in mano, con la Playstation. Fanno più fatica a staccarsene. E’ giusto avvalersi dei vantaggi della tecnologia, però è bene ricordarsi che c'è anche una vita vera al di fuori”.

Quali sono stati i testi più difficili da scrivere? Sia a livello emotivo sia personale.

Cristina Scabbia: “La difficoltà è cercare a volte di trovare il modo giusto per ‘incastrare’ le parole nel suono che vogliamo dare ai brani. Noi vogliamo che le nostre voci siano degli strumenti aggiuntivi, che si possono inserire all'interno della canzone, quindi molto spesso scriviamo i testi e troviamo le linee vocali nel momento in cui abbiamo già una base musicale definita. A volte è stato difficile scegliere una parola piuttosto che un'altra ma di solito siamo abbastanza decisi sia sul senso che vogliamo dare sia sulle frasi che scegliamo”.

Andrea Ferro: “La difficoltà è non personalizzare troppo il testo, nel senso che partiamo da una nostra esperienza o sensazione, che tutti devono capire e interpretare. In passato abbiamo lavorato con alcuni produttori, come Don Gilmore, che ha prodotto i primi due dischi dei Linkin Park. E’ un grandissimo lyricist, e da lui abbiamo ha imparato molto su come si trascina un ascoltatore all'interno della storia".

Che voto dareste al nuovo album?

Cristina Scabbia: “E’ il nostro bambino, come si fa a giudicare? Sembra un po’ pretenzioso farlo. Sicuramente siamo molto orgogliosi e contenti. Chi ha avuto la possibilità di ascoltarlo ci ha detto che è uno degli album migliori che abbiamo fatto. Aver riscritto ‘Comalies’ con ‘Comalies XX’ ha portato nel nuovo album qualcosa del passato e questo ha fatto la differenza, perché ci siamo definiti ancora di più. Amiamo l'idea di un album completo, ci piace che l'ascoltatore possa prendere un'ora della sua giornata per ascoltare un disco come se fosse un film".

Andrea Ferro: “Molte persone ci hanno detto che è come una colonna sonora, un album molto cinematografico. Una storia unica, che poi si sviluppa nei vari personaggi che sono le singole canzoni. Si tratta di qualcosa che nel rock metal è ancora presente, quella di godersi tutto il disco per intero. Inoltre, nonostante viviamo nell’epoca dello streaming vendiamo molto il formato fisico, soprattutto le edizioni speciali, perché ci sono molti collezionisti. Il metal-rock è un genere in cui il formato fisico ha ancora senso. L’anno scorso abbiamo fatto uscire un box di cassette andato a ruba, eppure molta gente non ha più i player per suonarle. Ma è qualcosa di speciale. Questo fattore, nella nostra musica, è ancora importante".

‘Sleepless Empire’ uscirà anche in edizione deluxe con un cofanetto rigido che contiene dei dadi. Entrambi siete appassionati al mondo del gaming, come coniugate questo interesse con la musica?

Cristina Scabbia: “Sono dadi che abbiamo creato appositamente, con dei simboli che sono solo nostri. Tutti siamo un po’ nerd. Abbiamo voluto inserire una sorta di oracolo, che si può interrogare. Un modo per coinvolgere ancora di più la community. La musica metal e il mondo nerd sono stati sempre strettamente collegati. Molti non sanno, soprattutto i giovani, che le colonne sonore di molti videogiochi sono metal e forse a volte non c'è abbastanza cultura per spiegare loro di che genere si tratti”.

Andrea Ferro: “Noi lo abbiamo sempre fatto in maniera naturale. Quando andavamo a registrare in Germania vivevamo per un mesetto in un appartamento sopra la casa del palazzo della casa discografica, nella zona industriale di Dortmund e non c'era niente intorno, solo campi. Quindi quando non andavamo in studio e pioveva, stavamo in casa, e giocavamo a giochi di ruolo e videogiochi con le prime Playstation. Il gaming ha sempre fatto parte del nostro modo di essere. Non è non è una cosa di cui ci siamo innamorati oggi”.

Voi suonate un genere particolare, il metal. Avete mai pensato di variare e sperimentare qualcos'altro?

Cristina Scabbia: “Il genere che preferiamo è il metal. Però ascoltiamo ogni cosa, selezionando quello che ci può piacere. Siamo ben consapevoli del fatto che i Lacuna Coil siano questo, che rappresentino questo, quindi è giusto evolversi e incorporare qualche novità, delle nuove influenze. Però, ci sono dei limiti che rispettiamo in modo spontaneo. Non ci vogliamo fermare, se volessimo fare qualcosa di completamente diverso lo faremmo. Siamo sempre rimasti nei confini dei Lacuna Coil, sappiamo quali sono, non serve neanche dirlo”.

Andrea Ferro: “Ci sono influenze elettroniche che ha senso incorporare, delle influenze più dark, ma difficilmente potremmo inserire il reggae nella nostra musica. Certo, mai dire mai. Ci sono dei confini in cui ha senso spaziare, altri meno. Le persone si innamorano di un gruppo perché rappresentano qualcosa. Noi non siamo gli AC/DC che bene o male ripetono la stessa formula perfetta, che ancora funziona alla grande. Abbiamo sempre cambiato ogni disco, cercando di fargli prendere una direzione che avesse senso. Quindi sì alle influenze ma entro certi confini”.

Che ne pensate della trap? Sì o no?

Cristina Scabbia: “Non fa per noi, ma chi siamo per giudicare i gusti di altre persone? Ognuno si esprime come vuole. E’ giusto così. Noi facciamo la musica che ci piace. Forse l'aspetto positivo della trap è il fatto di aver avvicinato molti ragazzi alla scrittura. Questo permette loro di mettere in musica i propri pensieri, le proprie poesie. A livello creativo è una bella cosa, è un modo per esprimersi. Magari qualcuno decide di imbracciare uno strumento e cambiare genere o allarga i propri ascolti”.

Andrea Ferro: “Abbiamo sempre ascoltato rap, fin da ragazzi. Però la trap in Italia ha assunto una forma che non è più neanche trap. Non è vicina alla trap americana, è diventata quasi un pop italiano. Con certi stilemi del rap ma non esattamente rap. Non è così interessante, tranne quella di alcuni artisti. Come viene fatto in Italia è un genere troppo derivativo, un po’ wannabe americano, senza metterci altro a livello musicale”.

Oggi molti artisti emergono dai talent. Credete che ci sia fermento musicale in Italia? Cosa vi piace?

Andrea Ferro: "Diciamo che l'Italia non è famosa per essere innovatrice nella musica, raramente lo è stata. Anche grandi artisti del passato sono sempre stati la versione italiana di qualcuno. Forse Franco Battiato è stato uno dei pochi che ha fatto cose molto personali. Molte della canzoni di Gianni Morandi sono delle cover di Johnny Cash. Nella musica italiana ci sono gruppi, anche nel nostro genere, che stanno emergendo, però è ancora prettamente underground. Noi siamo uno dei pochi esempi di questo genere fatto in Italia, che ha avuto un riscontro anche al di fuori della scena underground. Non ci sono band che stanno veramente fermentando, crescendo, per andare a fare cose grandi".

Quando avete iniziato la vostra carriera, il metal era un genere che dominava le classifiche. Adesso sembra sparito e in Italia resta una nicchia. Cosa ne pensate?

Andrea Ferro: "In Italia è sempre stato così, tranne per un breve periodo negli anni '80, con la New Wave of British Heavy Metal. Del resto è un genere che è sempre esistito e un pubblico c'è sempre. Quando vengono i gli Ac/Dc, i Guns n’Roses, i Linkin Park o i Metallica fanno sempre il pieno. In realtà il pubblico esiste anche in Italia, però non c'è una scena nazionale forte. In Germania, ad esempio, già dagli anni ‘80 c'erano gli Scorpions, gli Helloween. Poi sono arrivati i Rammstein, i Guano Apes. C'è sempre stata una scena nazionalmente molto forte. In Italia è sempre stato un genere underground, forse noi siamo stati i primi, anche grazie a canzoni come 'Enjoy The Silence' (cover dei Depeche Mode, ndr) che hanno aperto un varco su radio e tv che prima non avrebbero considerato gruppi metal. In realtà da noi è cambiato poco, mentre all'estero invece è sempre presente. Quando andiamo in America capita spesso che al supermercato si senta metal. E' una musica come le altre, non un genere che ascoltano solo alcuni".

Cristina Scabbia: "Ci capita spesso di parlare con artisti mainstream che non fanno metal ma che lo ascoltano o provengono dalla scena hardcore. Al Forum di Assago per lo show con Renga, Nek e Max Pezzali ho conosciuto Annalisa. Non ci eravamo mai incontrate prima e lei mi ha detto, 'Sai che io scaldavo la voce con ‘Heaven’s a lie?’. Non lo avrei mai pensato, è stato bello".

Andrea Ferro: "Anche Diodato in un'intervista ha raccontato di essere nato come chitarrista metal, imparando a fare assoli di gruppi metal".

Cristina Scabbia: "Si tratta di un genere musicale suonato, con strumenti veri. Non voglio fare la nostalgica ma in passato le canzoni che andavano in classifica erano molto più strutturate. Una canzone della PFM andava in classifica. Erano brani curati, arrangiati in una maniera particolare. Adesso è cambiato tutto".

Credete che il livello si sia abbassato?

Andrea Ferro: "Sì, non solo in Italia. Anche a livello internazionale. Non tanti anni fa le popstar erano Prince, Michael Jackson, Madonna. Oggi al massimo c'è The Weeknd, che è bravissimo ma è una copia di Michael Jackson".

Il nuovo album esce durante la settimana di Sanremo, voi come vedete il palco dell'Ariston? Credete che il metal possa trovare un giorno il suo spazio all'interno della kermesse?

Cristina Scabbia: "Io sul palco dell'Ariston sono salita durante la serata dei duetti con L’Aura, nel 2008. Ho sempre pensato che Sanremo di base non fosse il nostro. Ho detto che ci saremmo andati da ospiti ma non è ancora capitato con i Lacuna Coil. Vedo difficile un invito a Sanremo per la nostra band".

Andrea Ferro: "Sanremo è mai stato nei nostri pensieri, perché ovviamente è un mondo molto lontano dal nostro, senza nulla togliere al Festival. La vediamo difficile, anche se una volta abbiamo sfiorato la possibilità di andarci. Non so se l'avremmo fatto o meno ma ricordo che Enrico Ruggeri ci aveva chiesto di fare il duetto con lui. Noi eravamo in tour in America in quel periodo, quindi non potevamo".

A marzo partirà il tour dall'Argentina, che toccherà Stati Uniti e Nord America e poi tornerete in Europa in autunno, partendo dall'Alcatraz di Milano. Cosa vedremo sul palco e quali brani farete ascoltare ai fan?

Cristina Scabbia: "Sicuramente porteremo i pezzi nuovi, perché 'Sleepless Empire' uscirà a San Valentino. Ci saranno le canzoni classiche che fanno cantare i fan dei Lacuna Coil. Sicuramente ci sarà 'Heaven’s a lie'. È sempre difficile scegliere la setlist, perché ormai abbiamo qualche album all'attivo. La decidiamo in base al tempo che abbiamo a disposizione sul palco o in base alla situazione. Nel repertorio abbiamo canzoni più melodiche, alcune più heavy e cerchiamo di fare un mix che abbia senso per lo show in questione, per dare dinamicità, creare dei momenti più intensi e altri più energici. Insomma, ogni volta la ridiscutiamo e la rivediamo".

Andrea Ferro: "Adesso stiamo preparando soprattutto la prima parte del tour in Sudamerica, Centro America e Nordamerica. Quindi ci siamo concentrando su quello. Ci sarà un po' di tutto e qualche perla dal passato. Sicuramente avremo una scenografia nuova e nuovi costumi di scena". (di Federica Mochi)

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