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Renée Zellweger: "Bridget Jones mi ha salvata tante volte"

L'attrice premio Oscar all'Adnkronos: "Non si è mai arresa ai canoni sociali, è un faro per tutti"

da sinistra: Chiwetel Ejiofor, Renée Zellweger e Leo Woodall
da sinistra: Chiwetel Ejiofor, Renée Zellweger e Leo Woodall
05 febbraio 2025 | 17.59
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Impacciata, disordinata, imperfetta, romantica e pasticciona. Sono questi gli ingredienti che hanno permesso a Bridget Jones non solo di rivoluzionare la figura della donna sullo schermo, ma anche e soprattutto di salvare una generazione di donne insicure. "Lei mi ha salvata tante volte", ammette all'Adnkronos l'interprete Renée Zellweger, a Roma per presentare insieme al regista Michael Morris e agli attori Leo Woodall e Chiwetel Ejiofor il quarto capitolo della saga 'Bridget Jones - Un amore di ragazzo', nelle sale dal 27 febbraio (con anteprime il 14) con Universal Pictures. "Penso che sia da sempre un faro sull'accettazione di sé stessi", Bridget "incoraggia le persone a riconoscere che sono belle a prescindere. Spesso troviamo qualcosa per cui prendercela con noi stessi anche quando non c'è nulla di sbagliato". In tutti i film "non si è mai arresa ai canoni della società mostrandosi sempre autentica. Lei è vera fonte di ispirazione".

In questo nuovo capitolo della saga - iniziata nel 2001 con 'Il diario di Bridget Jones' - Jones ha un lutto da affrontare (la morte di Marc Darcy, interpretato da Colin Firth. Non è uno spoiler), due figli da accudire, il lavoro e nuovi pasticci (quelli non mancano mai). "Ho lavorato con Colin (Firth, ndr) per 25 anni, è stata un'esperienza meravigliosa condivisa con un amico che adoro. Sapere che non l'avrei rivisto nei panni di Marc con la sua valigetta è stato davvero doloroso. Ho pianto moltissimo, ma ho cercato di non mostrarlo sullo schermo", ammette l'attrice premio Oscar. In 'Un amore di ragazzo', però, c’è anche l’amore. Ma non per Daniel Cleaver, l’altro amore di Bridget - nonché rivale di Darcy - interpretato da Hugh Grant, qui in veste di un baby sitter ‘scorretto’.

Con nuove consapevolezze e più maturità, il personaggio di Zellweger, si divide tra il toyboy Roxster (Leo Woodall) e l’insegnante dei figli (Chiwetel Ejiofor, protagonista di '12 anni schiavo'). "C'è una strana logica nel mondo che dice agli uomini 'puoi avere una relazione con donne più giovani' e alle donne 'non ti è permesso perché hai più di 50 anni. Non ha senso", riflette il regista Michael Morris con l'Adnkronos. Di recente, sullo schermo sono usciti 'The idea of you' con Anne Hathaway, 'Babygirl' con Nicole Kidman o 'Lonely Planet' con Laura Dern: "Finalmente se ne sta parlando, molto tardi ma almeno è successo. Un film non può cambiare il mondo, ma almeno può avviare una riflessione".

Bridget Jones da oltre 20 anni continua ad essere una sorta di spirito guida che supera età, cultura e genere. "Anche gli uomini possono identificarsi in Bridget Jones", fa notare Ejiofor all'Adnkronos, "perché il mondo è caotico e ci si può sentire di non essere al passo con quello che ci circonda. E questo ci fa commettere degli errori. L'aspetto meraviglioso di Bridget è la perseveranza e l'ottimismo, questo fa di lei un esempio meraviglioso per tutti. Anche per me". È un personaggio che "ci fa sentire tutti considerati, perché tutti possono rivedersi in quello che le succede", dice Woodall all'Adnkronos, che aggiunge: "Non c'è niente di più sexy e attraente dell'essere autentici e fedeli a sé stessi".

Durante l'intervista, il regista condivide una speranza: "Spero che ci sia un altro film, ma questo è l'ultimo capitolo. C'è tutto quello che volevo mostrare per la fine: Bridget è circondata dalle persone che ama, dalla sua famiglia e dai suoi amici. Il futuro è davvero positivo, il caos e i problemi non mancano mai. Ma alla fine si arriva sempre alla felicità", dice il regista, che sottolinea come Bridget Jones sia "uno dei pochi personaggi cinematografici, interpretato da una star del cinema, a non avere una vita perfetta, un aspetto perfetto, comportamenti impeccabili e vanità. E credo che nella sua onestà, tutti vediamo parti di noi stessi", conclude. di Lucrezia Leombruni

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