
L'attore e comico ospite dell’Adnkronos racconta la sua comedy series, disponibile su Prime Video
Marcello Macchia, per tutti Maccio Capatonda, in tutta la sua essenza. Il comico si libera dei suoi vecchi personaggi, come Mariottide, Padre Maronno o Jerry Polemica, che l'hanno reso celebre, per raccontare chi c'è dietro Maccio. E lo fa con la comedy series 'Sconfort Zone', disponibile su Prime Video. "Non è stato facile mettere a nudo le mie fragilità, ma ho scelto di liberarmi come se non avessi più niente da perdere. Ho sentito il bisogno di far conoscere al pubblico la mia persona senza maschere, non lo avevo mai fatto e mi è piaciuto", racconta Capatonda, ospite del nuovo episodio del vodcast dell'Adnkronos, disponibile in versione integrale sul sito www.adnkronos.com e sul canale YouTube dell'Adnkronos. Per l'attore, regista, autore e comico "è stata come una seduta dall'analista perché ho scoperto lati inediti di me stesso". Come la fragilità: "Dalla serie sembra che io sia un po' un bambino capriccioso e anche un po' str**zo, però tutto questo deriva da una serie di mancanze dell'infanzia".
E poi "la dolcezza e il fatto di dover fare questo lavoro senza aspettarmi nulla in cambio, come l'apprezzamento degli altri anche sui social". 'Sconfort Zone' è infatti "un ritorno alla realtà" dopo aver "assaporato una mancanza di ispirazione durante la scrittura della serie, io non la volevo fare. Il problema - fa notare Maccio - è che quando in un certo senso ti senti arrivato, dimentichi qual è il motivo per cui fai questo lavoro". La scrittura "è stata la vera 'sconfort zone', cambiava idea ogni 6 secondi perché questa serie lui non voleva proprio farla, quindi è stato un processo molto complicato", aggiunge l'attore Valerio Desirò, ospite del vodcast con Maccio.
In attesa di sapere se ci sarà o meno la seconda stagione ("dipende da come va la prima"), Capatonda pensa al suo primo spettacolo teatrale: "Spero di riuscire a portarlo in scena fra un anno". Il comico ha delle idee, "ma devo capire se funzionano. Vorrei includere nel progetto qualcuno che non ha mai fatto teatro e vedere come reagisce". La volontà è anche quella di "avere un contatto con il pubblico, da cui sono sempre scappato per paura. Mette parecchia ansia avere delle persone davanti, mentre tu puoi sbagliare in qualsiasi momento. Penso alla realtà come sconfort zone e al digitale come comfort zone", riflette Maccio. La timidezza Maccio ce l'ha sempre avuta: "Quando ero piccolo ho vissuto dei disagi, ero un po' asociale. Con le ragazze ero timido ed ho subito delle piccole delusioni d'amore e poi la perdita dei capelli a 14 anni per me è stato un trauma, questo è un complesso che mi sono portato fino ai 23 anni". Per questo "sono evaso dalla realtà buttandomi nella digitalizzazione del reale perché mi dava dei dolori". Ed è così che nato Maccio Capatonda.
"Mi sarebbe piaciuto avere più maestri di vita. Li ho avuto ma in maniera indiretta: Zemeckis, Kubrick, Verdone, Troisi, Benigni, Guzzanti, Frassica e Nuti. Non ho mai fatto una scuola di cinema, ho appreso tutto da loro", racconta Maccio. A scoprirlo e lanciarlo "è stata la Gialappa's, loro sono i miei maestri perché mi hanno aiutato anche a capire determinate dinamiche di questo mondo. Hanno significato molto per me". Riguardo alla creatività oggi, Maccio riflette "sull'appiattimento della qualità perché si sfornano troppi film e questo non fa altro che svalutare il cinema o la serialità".
Per scuotere il sistema "servirebbe osare di più, dare più spazio alle nuove voci e non basarsi soltanto su quello che il pubblico vuole, perché il pubblico cambia continuamente. Per quanto si possa analizzarlo, cambia continuamente". Con la sua casa di produzione Micidial "voglio fare proprio questo: lavorare di più sui talenti e sulle persone che hanno voglia di dire qualcosa". Prossimamente Maccio potrebbe essere sul set del nuovo film con Christian De Sica e Lillo: "Ancora non ho deciso, sto aspettando la sceneggiatura. Posso dire che è iniziato un dialogo", svela. di Lucrezia Leombruni e Loredana Errico.