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Gabriele Mainetti: "Gioco con mondi inesplorati. 'Jeeg Robot 2'? A volte ci penso"

Dal nuovo film 'La città proibita' al suo rapporto con Roma fino all'amore per le sale: il regista, sceneggiatore e produttore si racconta all'Adnkronos

Gabriele Mainetti all'Adnkronos
Gabriele Mainetti all'Adnkronos
07 marzo 2025 | 18.50
LETTURA: 4 minuti

Arti marziali, amatriciana, amore e Roma. Ne 'La città proibita' c'è tutto l'immaginario di Gabriele Mainetti. "Cerco di portare sul grande schermo mondi nuovi, come fa Tarantino. È stato lui a ricordarci che lo spettatore può intrattenere un rapporto ludico con l'esperienza cinematografica, questo è fondamentale. E così ho pensato 'perché non fare un film d'arti marziali?' E l'ho fatto". A dirlo è il regista, sceneggiatore e produttore Gabriele Mainetti, ospite del nuovo episodio del vodcast dell'Adnkronos, disponibile in versione integrale sul sito www.adnkronos.com e sul canale YouTube dell'Adnkronos. "Con i miei amici guardavamo i film di Bruce Lee, è un immaginario che mi appartiene. Io credo che sia un errore rimuovere il passato quando si diventa grandi e lo è anche parlare soltanto dei grandi padri del cinema italiano", riflette Mainetti, cresciuto a pane, bucatini all'amatriciana ("è il mio piatto preferito, me lo preparava sempre mamma"), manga e anime "che ho protetto con ardore". Mondi narrativi che hanno portato il regista a pensare a 'La città proibita', dal 13 marzo in oltre 400 sale e in anteprima dall'8 marzo in 200 sale con PiperFilm, che arriva a quattro anni da 'Freaks Out' e a 10 da 'Lo chiamavano Jeeg Robot'. "Dopo 'Freaks Out' non ho avuto un blocco creativo, quello non ce l'ho mai. Però mi sono sentito svuotato, è la prima volta che provavo quella sensazione", ricorda Mainetti.

Al centro del suo nuovo film c'è Mei, interpretata dalla stuntwoman Yaxi Liu ("l'ho scoperta su Instagram"), che dalla Cina arriva a Roma per cercare la sorella. Tra scene d'azione girate a regole d'arte, romanticismo, crimine e integrazione ci sono due simboli della romanità: Sabrina Ferilli e Marco Giallini: "Loro raccontano una Roma che non morirà mai. C'è un'immortalità nel loro essere romani, spero che restino degli 'highlander' in questa città. Un po' come i bucatini all'amatriciana, la gricia, la carbonara e gli straccetti con la rughetta: stanno sempre là, sono sempre quelli. Penso che la romanità sia un modo di essere, una vera e propria cultura". Tra Mainetti e Roma c'è amore e odio: "Ci litigo tutti i giorni", dice il regista, "anche se alla fine mi arrendo, è parte di me. Ammetto che mi fa arrabbiare, però è talmente bella che non riesco a lasciarla: 'With or without you, I can't live', come canta Bono degli U2'".

Gabriele Mainetti: "Il sequel di 'Jeeg Robot'? A volte ci penso"

"Il sequel de 'Lo chiamavano Jeeg Robot'? A volte ci penso. Claudio Santamaria (interprete di Jeeg Robot, ndr) si inventa le peggio cose pur di spingermi a fare il sequel. L'altro giorno mi ha chiamato e mi ha detto 'Gabri sto per morire, dobbiamo fare il sequel di 'Jeeg Robot'", dice Mainetti. "Ce l'avevo in testa, poi è svanito. Il primo film ha avuto tanto successo, perché dovrei fare il secondo?". Di solito "i sequel sono andati bene da un punto di vista economico, ma a me non interessa quello. Io voglio solo fare un buon film e mi sembra che 'Lo chiamavano Jeeg Robot' si sia chiuso in modo meraviglioso". Sulla possibilità di fare una serie, Mainetti non ha dubbi: "Per carità, non scherziamo!". Nel frattempo il regista, sceneggiatore e produttore è al lavoro su un nuovo progetto: "Sto scrivendo un nuovo film, ma non vi dirò nulla", dice il regista, che svela: "Roma ci sarà", anche se "mi dicono che questa romanocentricità è faticosa. Lei è sempre nella mia testa non riesco a liberarmene". Anche "Scorsese e Spike Lee raccontano la realtà che gli è più vicina".

Gabriele Mainetti: "Ho detto 'no' a piattaforma per un progetto gigantesco, per me sale sono sacre"

"Prima de 'La città proibita' ho detto 'no' alla possibilità di fare una roba gigantesca in streaming. Per me le sale sono sacre, l'esperienza in sala è salvifica, catartica e meravigliosa", svela Mainetti. E' successo anche per 'Freaks Out', il suo secondo film: "Ho rinunciato ad un guadagno importante quando durante il Covid voleva essere comprato da una piattaforma. Non mi sono pentito, io l'avevo fatto per la sala e credo che bisogna combattere per questo". Sulla difficoltà che stanno vivendo le sale, per il regista bisogna lavorare su più fronti: "mettere in atto tutte le strategie possibili per aiutare gli esercenti a migliorare le sale" e poi "bisogna saper fare dei bei film che siano raccontati bene". (di Lucrezia Leombruni e Loredana Errico)

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