
L'attrice e produttrice all'Adnkronos racconta il film 'Lee': è stata l'unica fotografa donna a documentare la liberazione dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald
"Lee Miller è stata sempre etichettata come 'Musa, 'ex modella' oppure 'ex amante di Man Ray' (pittore e fotografo surrealista, ndr). Questa cosa mi fa impazzire, lo viviamo anche noi donne di oggi. Per questo ho voluto raccontarla nel periodo più vitale e coraggioso della sua vita, ovvero come fotoreporter di guerra". A dirlo all'Adnkronos è Kate Winslet, che torna nelle sale dal 13 marzo con 'Lee', di cui è protagonista e produttrice, con la regia di Ellen Kuras. L'attrice di 'Titanic' e 'Se mi lasci ti cancello' interpreta la fotografa Elizabeth 'Lee' Miller, una donna che sfugge a ogni definizione. Modella di successo, è stata una delle più grandi fotografe del Novecento. Celeberrimo il suo ritratto nella vasca da bagno di Hitler. Donna indipendente, determinata e libera, amica di Picasso e Man Ray, divenne un'acclamata corrispondente di guerra per la rivista Vogue durante la Seconda Guerra Mondiale, unica fotografa donna a documentare la liberazione dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald denunciandone con forza e lucidità la tragedia e gli orrori.
"Per me è stata fonte di ispirazione. Credo che mi abbia fatto apprezzare il lavoro dei corrispondenti di guerra, senza di loro non avremmo una finestre su quello che accade in alcune parti del mondo", riflette Winslet. Lee "è stata una delle prime fotoreporter a fare questo lavoro e a 'catturare' le immagini delle vittime e delle persone lasciate ai margini come donne e bambini. Non avremmo avuto accesso alla Storia visiva senza questi professionisti". L'attrice premio Oscar per 'The Reader' ha scelto di portare sul grande schermo questo progetto per "far conoscere la storia di Lee Miller e il modo in cui ha vissuto la sua vita. Lo ha fatto con determinazione, coraggio e compassione. Ha fatto delle cose incredibili senza gli uomini", spiega.
Winslet ha passato quasi 10 anni della sua vita a lavorare su 'Lee': "Ci è voluto tanto tempo, quindi la sua uscita è motivo di grande orgoglio per me". Durante le lavorazioni "ho stretto amicizia con il figlio di Lee, Antony Penrose, per lui era importante che questo film venisse realizzato perché quando era piccolo ha avuto un rapporto difficile con sua madre. Solo dopo la sua morte ha capito chi fosse e cosa avesse fatto. Per lui questo progetto ha rappresentato la chiusura di un cerchio", conclude. (di Lucrezia Leombruni)