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Compensi troppo bassi, attori e doppiatori portano Netflix in tribunale

Da Neri Marcorè a Elio Germano, artisti in rivolta contro il colosso dello streaming. Valerio Mastandrea: "Le scelte che vengono fatte oggi riguardano tutti e avranno ripercussioni sul presente e sul futuro"

Elio Germano - Fotogramma
Elio Germano - Fotogramma
09 aprile 2024 | 13.08
LETTURA: 3 minuti

Netflix citata in giudizio al tribunale di Roma da 'Artisti 7607', la società cooperativa che tutela e gestisce i diritti connessi di migliaia di attori e doppiatori in Italia e nel mondo per "ottenere il compenso adeguato e proporzionato spettante per legge ai propri artisti mandanti".

Dopo "oltre otto anni di sterili trattative per ottenere i dati necessari alla determinazione del compenso per gli artisti previsto dalla normativa europea e nazionale - si legge nel comunicato della cooperativa di collecting - Artisti 7607 si vede costretta a ricorrere al giudice ordinario per chiedere il rispetto della legge". Diversi degli artisti rappresentati dalla cooperativa hanno detto la loro a sostegno della decisione di citare Netflix in tribunale.

Neri Marcorè: "Non accettiamo compensi irrisori"

"Artisti 7607 fa una scelta doverosa per difendere la dignità professionale non solo dei nostri artisti ma di tutta la categoria - afferma Neri Marcorè - . Non vogliamo subire atteggiamenti ostruzionistici e accettare compensi irrisori da parte delle piattaforme streaming, per le stesse ragioni che hanno motivato il recente sciopero degli attori e sceneggiatori americani. Tutti - sottolinea - reclamiamo trasparenza dei dati di sfruttamento delle opere audiovisive e adeguatezza dei compensi".

"Questi compensi di fatto costituiscono il salario differito di una professione per sua natura saltuaria e precaria. I diritti connessi al diritto d’autore - dice dal canto suo Carmen Giardina - non sono altro che un credito da lavoro. È molto grave e pericolosa questa spinta a svalutare le prestazioni artistiche degli interpreti’’.

Elio Germano: "Sfruttano le opere e si rifiutano di darci i dati"

Sulla questione interviene anche Elio Germano sottolineando che "proprio le piattaforme che trattano e sfruttano dati si rifiutano, grazie al loro strapotere economico e contrattuale, di fornirci i dati previsti dalla normativa e di corrispondere conseguentemente i compensi agli artisti. E parliamo di multinazionali i cui ricavi vengono esclusivamente dallo sfruttamento di opere audiovisive’’.

"La Direttiva Copyright - spiega Michele Riondino - ha chiarito che le remunerazioni degli artisti devono essere 'adeguate e proporzionate' ai ricavi. Invece ci troviamo davanti a un sistema in cui le piattaforme, senza fornire tutte le informazioni previste dalla legge, chiudono accordi al ribasso e poi cercano di imporre le stesse cifre a tutto il mercato, così da tenere i livelli dei compensi degli artisti sempre molto bassi", sottolinea.

"In questo modo Artisti 7607 - afferma la presidente Cinzia Mascoli - per tutelare gli interessi degli artisti, è costretta a ritardare tempi di incasso e di distribuzione sia dell’equo compenso sia della copia privata, a scapito anche delle iniziative a sostegno della categoria. Da tempo fronteggiamo prassi di mercato al ribasso ma, tenendo posizioni ferme nell’interesse di tutti, siamo riusciti ad ottenere la giusta remunerazione. Molti artisti capiscono ciò che stiamo facendo e continuano a sceglierci’’.

Valerio Mastandrea: "Lottiamo anche per gli artisti di domani"

"A tutela dell’intera categoria Artisti 7607 si oppone ad un sistema nel quale gli interpreti vengano sottopagati - conferma anche Alberto Molinari - : accettare compensi che appaiono irrisori rispetto agli immensi guadagni generati da uno sfruttamento globale esponenziale delle opere audiovisive peserebbe come un grave precedente sul futuro di tutti gli artisti".

"Ci assumiamo questa responsabilità - sottolinea Valerio Mastandrea - perché le scelte che vengono fatte oggi riguardano tutti e avranno ripercussioni sul presente e sul futuro di tanti artisti e di tante generazioni. Anche quelle che verranno dopo di noi, quindi a brevissimo".

"Gli artisti - conclude Paolo Calabresi - chiedono nuovamente che il Governo e le Autorità di settore prendano una posizione chiara nei confronti di questa prassi, così come è avvenuto per il settore dell’editoria".

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