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Descalzi: "Spingere su ripresa ed evitare crisi economica e sociale"

L'amministratore delegato di Eni al 'Corriere': "Abbiamo in noi come cittadini, come imprese, come Paese la forza necessaria per superare questo momento"

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10 giugno 2020 | 10.59
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Leggere il mondo e proiettare l'azienda nel futuro nonostante Covid-19. Claudio Descalzi, numero uno di Eni, traccia la rotta del gruppo in un'intervista al Corriere, spiegando da manager cosa significa affrontare e reagire alle crisi senza lasciare nessuno a casa, ma anzi cogliendo le opportunità che i momenti difficili possono offrire, senza accontentarsi di soluzioni che magari pagano nell'immediato, ma non lasciano prospettive se non si punta sul cambiamento.

''Gli ultimi dieci anni - spiega - non sono stati facili ma siamo stati capaci di reagire. Ci paiono lontane e persino semplici la doppia crisi del 2008 e del 2010 e le recessioni conseguenti. Uscirne non sarà semplice, ma nulla lo è stato ultimamente. Il Covid-19 ci ha insegnato quanto i piccoli gesti di ognuno siano importanti. E in Italia ci siamo comportati decisamente bene, dai medici alle autorità, dai cittadini alle imprese. In una grande azienda tutto è fatto di piccoli comportamenti ma tutto deve essere programmato''.

Ecco perché ancora una volta il gruppo si prepara a ''cambiare vestito'' sfruttando il fattore determinante della flessibilità e sulla scia delle dinamiche internazionali, dalla crescente sensibilità ambientale, ai sommovimenti geopolitici. Un percorso avviato non ora. ''E' una transizione iniziata nel 2014 - dice - e che in queste settimane ci porterà a essere una compagnia unica nel panorama mondiale. Non vede cosa sta accadendo nel mondo? Il prezzo in vite umane che stiamo pagando è elevatissimo. E a loro dobbiamo anche il fatto di dover spingere la ripresa. Evitare la crisi economica e sociale''.

Sicuramente ''il numero di morti dovuti al Covid-19, la violenza con la quale la pandemia si è abbattuta sulle comunità è stata tale da togliere il respiro. Nonostante questo mi sento di dire che abbiamo in noi come cittadini, come imprese, come Paese la forza necessaria per superare questo momento. Anche perché mai come oggi abbiamo Europa e Italia convinti che questa crisi non vada sprecata''.

Perché i numeri non permettono sbagli: ''Tra marzo e aprile la mobilità ha visto riduzioni del 90% nel weekend e del 70 durante la settimana. Per l'industria lo stop è significato una riduzione dei consumi energetici del 20-25%. Tantissimo ma recuperabile. La Cina ha ripreso a viaggiare all'80-85% della sua capacità. Francia e Germania hanno avuto una frenata simile a quella italiana''. Per fortuna ''già adesso vediamo una confortante ripresa. Il prezzo del petrolio attorno ai 40 dollari al barile è un indicatore. Un livello che però fa seguito ai minimi da 19 dollari''. Ecco perché Descalzi può dire che ''non sbagliavamo quando nel 2014 decidemmo di cambiare strategia puntando ad attutire il più possibile gli effetti della volatilità, del su e giù dei prezzi. Perché l'energia per un Paese come il nostro ma anche per l'Europa è al cuore dell'economia''. Perché se è giusto puntare sulle infrastrutture ''sono quegli investimenti che aiutano la ripresa'' non può sfuggire che ''hanno bisogno di energia, in grande quantità, a costi competitivi e rispettando l'ambiente, anzi puntando al suo miglioramento''. E l'Eni, spiega l'amministratore delegato, è l'unico ''ad aver avviato una trasformazione così radicale. E possiamo farlo perché abbiamo iniziato nel 2014 quando nel discorso di Natale ai dipendenti lanciai la prima onda di cambiamento sulle tematiche verdi che è significato 4 miliardi di investimenti negli ultimi sei anni''.

Puntando anche sui rifiuti: ''Nel 2015 abbiamo immaginato che in un Paese che non produce risorse primarie sarebbe stato un plus trasformare i rifiuti urbani in olio combustibile decarbonizzato, in biocarburante. Come pure le plastiche, polimeri complessi, in idrogeno o metanolo. Se ci apprestiamo ad avere impianti per assorbire rifiuti organici di 6 milioni di persone trasformandoli è perché abbiamo anticipato i cambiamenti. Si tratta di fornire prodotti come il biometano decarbonizzato che arriva dai biogas dell'agricoltura, e poi tutta la parte di biomasse digitali, grassi animali invece del petrolio. E adesso cambiamo ancora. Se vogliamo come ci siamo impegnati a tagliare dell'80% le emissioni assolute nette entro il 2050, abbiamo bisogno di un vestito diverso''.

Così ''ricerca ed esplorazione rimarranno, ma dal 2025 la produzione diminuirà progressivamente, con una incidenza sempre maggiore del gas naturale, la più pulita delle fonti fossili, e sempre minore del petrolio. Per questo abbiamo costituito due divisioni: la prima, natural resources, si occuperà di rendere sempre più sostenibile il portafoglio di gas e petrolio, dell'efficienza energetica e delle tecnologie per la cattura e rimozione della C02. La seconda: energy evolution, che sarà quella più vicina ai clienti, la rete che si occuperà di trasformazione e vendita di prodotti sempre più bio, blu e green. Prodotti per un mercato europeo e mondiale ma anche destinati a rendere l'Italia sempre più autonoma e indipendente dall'estero''. E in questa nuova fase i dipendenti saranno in prima fila dato che ''sono le competenze, i saperi, le conoscenze attuali e da creare, in poche parole le persone che fanno l'Eni. Sono loro che hanno reso possibile il cambiamento. E noi non vogliamo rinunciarci''.

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