
I dubbi del medico dopo la sentenza della Corte d'Appello di Milano. "Non cambierà niente se nessuno sanziona i falsi esperti". E le società scientifiche chiedono una legge perché anche nella libera professione possano fare interventi solo gli specializzati in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica
Chirurgo estetico è chi il chirurgo estetico fa, con buona pace del titolo di studi conseguito. Non dovrà più essere così secondo la sentenza n. 329/2025 del 10/2/25 della Corte d'Appello di Milano: il giudice definisce "illegittimo - ha informato la Sicpre, Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica - che il laureato in Medicina e Chirurgia sprovvisto della specializzazione in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica possa definirsi o consentire di essere definito chirurgo estetico semplicemente per il fatto di praticare la chirurgia estetica. Il medico che si qualifichi, o consenta di essere qualificato, chirurgo estetico induce infatti nel paziente la convinzione di essersi rivolto a un professionista che dopo la laurea in Medicina e chirurgia ha proseguito la sua formazione frequentando per 5 anni la Scuola di specializzazione universitaria in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica. A tutela del paziente è fondamentale dunque che non si possa equivocare sul possesso o meno della specializzazione. Per questo può essere definito e definirsi chirurgo estetico solo chi è in possesso del diploma di specialità" di cui sopra. "Benissimo - commenta all'Adnkronos Salute Paolo Santanchè - ma chi controlla?".
La notizia della sentenza è stata accolta dalla società scientifica di settore come "un passo importante sulla strada della sicurezza", tuttavia il noto chirurgo plastico non nasconde i suoi dubbi. "Se nella pubblicità che uno si fa non potrà più abusare del titolo - riconosce Santanchè - certamente si comincerebbero a limitare i danni prodotti dalla diffusione di quelli che personalmente non ho mai esistato a definire cialtroni. Un manipolo di falsi esperti cresciuti a dismisura dagli anni '80", quando il 'ritocco di bellezza' ha cominciato a prendere piede. "Peccato però che i controlli non ci sono", rileva con amarezza lo specialista raccontando la sua esperienza: "Io ho anche provato una volta a segnalare all'Ordine dei medici un 'professionista' che non agiva secondo le regole, che anzi le violava al punto da dover essere espulso dall'Albo. Mi è stato risposto che il segnalato era stato convocato e aveva assicurato che non lo avrebbe fatto più". Totale: "Non è cambiato niente".
Cambierà qualcosa con questa sentenza? "Ma come potrà accadere - risponde Santanchè - se davanti a certe segnalazioni, invece di sanzionare, tutto finisce in nulla? Le regole vengono seguite soltanto quando c'è una sanzione. Basterebbe già solo andare a controllare le pubblicità: metà sono irregolari, perché vengono citati titoli che non potrebbero essere citati". Le parole messe nero su bianco da un giudice serviranno da stimolo? Al chirurgo viene difficile crederlo, "se sembrano non essere uno stimolo nemmeno i casi in cui la gente muore".
"Bisognerebbe anche spiegare al paziente, e riuscire a farglielo capire - incalza Santanchè - che se uno millanta dei titoli che non ha, quindi ti sta già ingannando sulle sue qualifiche, su quali altre cose potrà ingannarti? Ricordo che si rischia la vita e lo dimostra la cronaca: mi vengono in mente almeno 3 vittime in 5 anni", calcola l'esperto richiamando alla memoria "giusto le vicende che hanno fatto più scalpore. Episodi che - precisa - stranamente hanno visto protagonisti medici non specialisti che operavano in una struttura non adeguata nel senso di illegale, considerando che nell'elenco degli interventi che possono essere eseguiti ambulatorialmente per esempio in Lombardia non figura alcun intervento di chirurgia estetica".
"Io vedo proprio una colpa negli organi di controllo", prosegue il medico. "Anche i Nas - fa notare - vanno a controllare le strutture registrate; per far sì che venga controllato altro, ci vuole una denuncia. Soltanto a Milano ci saranno almeno 100 ambulatori chirurgici irregolari, ma siccome non risulta che esistano, nessuno va a controllare finché non ci muore qualcuno dentro. Ci tengo a puntualizzare e a ripetere che le regole ci sono, ma non servono a nulla, se non c'è nessuno che le fa rispettare. La sentenza della Corte d'Appello di Milano ha fatto clamore, però se nessuno controlla, il paziente rimarrà sempre in balia di certi personaggi".
Santanchè rimarca infine un altro problema: "Queste persone che operano in ambulatorio, magari senza anestesista, senza quello che sarebbe necessario per operare secondo la legge e in sicurezza, e che non avendo investito nulla fanno dei prezzi stracciati, arrecano un danno all'intero sistema. Lo inquinano, lo avvelenano, perché inducono anche i giovani chirurghi specializzati, quelli con tutte le carte in regola, a mettersi in situazioni borderline per riuscire a fare concorrenza e a restare sul mercato. Diventa un serpente che si morde la coda", eppure "chi deve controllare non controlla".
Dopo il pronunciamento che definisce illegittimo dirsi chirurgo estetico senza la relativa specializzazione, anche Sicpre e Aicpe (Associazione italiana di chirurgia plastica estetica) auspicano venga fatto un passo in più. Un passo legislativo.
"Ad oggi, e in base a un corpus normativo vecchio di decenni - ha rammentato in una nota la Sicpre - un laureato in Medicina e chirurgia può eseguire nell'ambito della libera professione interventi di ortopedia, oculistica, ginecologia", chirurgia estetica e così via. Per questo, tra le ultime iniziative della società scientifica c'è "la redazione di una bozza di legge che limiti ai soli specialisti in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica la possibilità di eseguire gli interventi di chirurgia estetica". Ha dichiarato il presidente Sicpre, Maurizio Ressa: "Chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte, arrivando alla stesura definitiva di questa legge, a tutela della salute e della vita dei pazienti".
Ha presentato una richiesta ufficiale al Senato l'Aicpe: "Abbiamo chiesto - ha spiegato in una nota il presidente Roberto Bracaglia - che anche la sanità privata sia soggetta all'obbligo di specializzazione chirurgica. Nel settore pubblico sarebbe impensabile che un intervento ortopedico", ad esempio, "venisse eseguito da un medico privo di specializzazione. Ecco perché chiediamo che la stessa regolamentazione venga applicata anche al settore privato, con il medesimo livello di attenzione". (di Paola Olgiati)