E' un algoritmo in grado di prevedere il rischio di cadute e le fluttuazioni motorie (i cosiddetti momenti 'on-off') tipici della malattia di Parkinson. Lo ha sviluppato grazie all'intelligenza artificiale un gruppo multidisciplinare di esperti italiani impegnati in un progetto coordinato dall'azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento (Apss), che ha visto la collaborazione della Fondazione Bruno Kessler (Fbk), dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino e dell'università di Genova. I ricercatori, partendo dalla digitalizzazione, armonizzazione e organizzazione dei dati dei pazienti con malattia di Parkinson ricoverati nei centri clinici coinvolti, hanno strutturato set di dati standardizzati specifici per la malattia e identificato modelli di variabili cliniche e neuropsicologiche, basati sull'Ai, fondamentali per la previsione delle possibili traiettorie della patologia.
La malattia di Parkinson, ricordano gli esperti, è la seconda malattia neurodegenerativa in termini di frequenza in tutto il mondo dopo l'Alzheimer e si stima che i casi siano destinati a raddoppiare entro il 2030, a causa del crescente invecchiamento della popolazione generale. Lo studio si compone di due fasi. In un primo stadio, di osservazione retrospettiva, i ricercatori si sono concentrati sulla sistematizzazione dei dati dei pazienti già da tempo in carico al centro Parkinson, per ottenere una descrizione dettagliata e armonizzata del fenotipo clinico dei pazienti. "La correlazione del fenotipo clinico con la successiva progressione dei sintomi, così come la mappatura dell’insorgenza precoce di sintomi specifici, può svolgere un ruolo centrale per la previsione del rischio, la personalizzazione del trattamento e la pianificazione delle strategie preventive appropriate", evidenzia in una nota Lorenzo Gios, project manager del centro Digital Health & Wellbeing di Fondazione Bruno Kessler e di TrentinoSalute4.0, centro di competenza sulla sanità digitale.
"Fornire al clinico e al paziente, attraverso questa ricerca, un'ulteriore chiave di lettura dei fattori scatenanti e di aggravamento della patologia e aiutare a prevenire la traiettoria della malattia, spesso lunga e complessa, è per noi un primo importante traguardo - prosegue - Allo stesso modo, aiutare il personale sanitario nella gestione di un così alto numero di pazienti e rimandarne il più possibile il peggioramento significa fare la nostra parte nel rendere più sostenibile il sistema sanitario nel lungo periodo, soprattutto nei casi di cronicità".
In una seconda fase prospettica, poi, il gruppo di ricerca raccoglierà le stesse variabili dello studio retrospettivo in pazienti di nuova diagnosi, arruolati negli stessi centri. "Una volta sviluppati e validati - spiega Maria Chiara Malaguti, dirigente medico dell'Unità operativa di Neurologia all'ospedale Santa Chiara di Trento e coordinatore della rete clinica Parkinson presso Apss - questi modelli daranno un grande supporto allo sviluppo delle conoscenze per migliorare la prevenzione, la diagnosi e il trattamento di queste malattie. Per noi clinici significa imparare a gestire la cronicità con un paradigma nuovo, un modello di gestione che ci permetta di conoscere meglio i nostri pazienti e personalizzare le terapie".
Lo studio si inserisce in NeuroArtP3, progetto del ministero della salute nato nel 2020 con l'obiettivo di migliorare la gestione delle malattie del sistema nervoso centrale come Alzheimer, Parkinson, Sla, sclerosi multipla e tumori cerebrali, sfruttando la grande quantità di dati clinici a disposizione dei centri partecipanti. Con un budget complessivo di circa 2 milioni e 400mila euro, il progetto NeuroArtP3 è co-finanziato dal ministero della Salute e dalle Regioni dei centri partner (Liguria, Lombardia, Toscana e Provincia autonoma di Trento). Tra gli enti coinvolti, oltre alla Neurologia di Apss diretta da Bruno Giometto, referente scientifico del progetto per Trento, anche l'Istituto Giannina Gaslini di Genova, l'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e la Fondazione Don Gnocchi di Firenze.