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Guzzetta: "L'organo del Consiglio d'Europa fa dubitare che la decisione di Bucarest sia in linea con i suoi standard"
L'attacco del vice presidente degli Stati Uniti J.D.Vance alla Conferenza di Monaco sull'annullamento delle elezioni presidenziali in Romania contraddice o trova una sponda nel parere della Commissione di Venezia sulla possibilità per una Corte costituzionale di invalidare le elezioni? "Le perplessità che emergono dalla battuta di Vance (di cui non conosco le motivazioni tecnico giuridiche) non sono smentite dal parere della Commissione di Venezia. Anche se siamo su due piani completamente diversi: il primo di presa di posizione politica, l'altro giuridica. Vance esalta la dimensione del free speech, la Commissione è molto più problematica rispetto alle possibilità di distorsione delle campagne elettorali. E rimette giustamente agli stati la valutazione, che va fatta in base ai vincoli costituzionali dei singoli stati sulla materia". Ne parla all'Adnkronos il costituzionalista Giovanni Guzzetta, professore di Diritto pubblico all'Università di Tor Vergata, che osserva: "La Commissione di Venezia non è stata investita di un esame diretto del caso rumeno, ma solo per una valutazione generale... Anche se fra le righe si leggono una serie di indicazioni che fanno quanto meno dubitare che la decisione rumena sia in linea con gli standard che la Commissione di Venezia individua".
L'Organo consultivo del Consiglio d'Europa, deputato non ad assumere decisioni definitive quanto ad offrire una ricognizione dell'esperienza comparata internazionale e dall'altra a proporre suggerimenti sulle migliori pratiche che dovrebbero essere assunte dai vari ordinamenti nella materia di cui si occupa, "ha espresso un parere molto accurato che dovrebbe nelle intenzioni essere raccolto dalla legislazione nazionale e che certamente influenzerà il contesto in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo prenderà le sue decisioni, a cui a sua volta la stessa Commissione di Venezia si richiama e nel caso è ciò di cui ci stiamo occupando", spiega il costituzionalista.
Due gli scenari prospettati dal Rapporto: in primo luogo la Commissione si pronuncia sugli interventi d’ufficio da parte delle corti per l'invalidazione delle elezioni "assumendo che senza che ci sia un ricorso o una contestazione da parte di qualcuno, la facoltà di intervenire non possa essere considerato un potere implicito delle corti. Cioè ritiene che debba esserci una espressa previsione che consente questo tipo di intervento, mentre la Corte rumena ha agito d'ufficio senza che vi sia stato alcun ricorso in questo senso". In secondo luogo, quando si tratta di annullare le elezioni la Commissione di Venezia insiste moltissimo sul fatto che "vada consentito il contraddittorio fra le parti coinvolte; che l'istruttoria debba essere particolarmente approfondita per l'effetto comunque traumatico dell'annullamento di un’elezione. Esso infatti rischia di far perdere fiducia ai cittadini nei confronti degli istituti democratici. La Commissione inoltre espressamente esclude che informazioni dell'intelligence possano essere sufficienti per giungere ad un annullamento e nel caso rumeno sono proprio le informazioni di intelligence che hanno dato luogo alla decisione senza particolare istruttoria ulteriore", rimarca Guzzetta.
Infine, l'Organo consultivo del consiglio d'Europa guarda alla società dei social media e quindi agli interventi che in campagna elettorale possono essere fatti anche da terzi e che sono in grado di condizionare il processo elettorale: "La Commissione segnala comunque che da un lato la rilevanza di questi fenomeni debba essere espressamente prevista dalla legge quando mette in luce come debba essere particolarmente dettagliata la disciplina di questo aspetto per poter poi ridondare in un annullamento delle elezioni. E infatti - rileva il professore di Tor Vergata - cita sia costituzioni che hanno espressamente preso in considerazione questo profilo. Dall'altro auspica che questo fenomeno venga preso in considerazione da valutazioni costituzionali o elettorali. Sempre partendo dalla premessa che è necessaria una base legale per potere desumere conseguenze cosi drammatiche come l'annullamento delle elezioni".
Guzzetta osserva che "pur non pronunciandosi espressamente, dal parere della commissione di Venezia si desume una constatazione di criticità nella vicenda rumena. Questo non vuol dire che ai sensi del diritto interno rumeno non ci possano essere delle giustificazioni assolutamente legittime per la decisione, ma dal punto di vista degli standard che la Commissione individua qualche motivo di perplessità c'è. Tanto più che la Corte non è pregiudizialmente contraria alla possibilità di annullamento delle elezioni da parte degli organi giurisdizionali chiamati a vigilare... ma con molte cautele, che non sembrerebbero essere riscontrabili nella vicenda rumena".
La posizione non pregiudiziale rispetto alla possibilità di invalidare le elezioni potrebbe aprire ad una politicizzazione delle corti? "Non c'è rischio di politicizzazione delle corti che agiscono sulla base di previsioni normative, come dice espressamente la commissione di Venezia. La sua mi sembra una posizione molto garantista anche con riguardo alla separazione dei poteri", risponde fermo Guzzetta. Unico punto da sviluppare, che la commissione non ritiene di approfondire pur segnalandone la delicatezza, "è l'equilibrio fra la libertà di espressione nella campagna elettorale e il condizionamento sulle elezioni attraverso gli strumenti dell'Ia - rileva - La Commissione non prende una posizione netta, segnala il problema ma non stabilisce uno specifico punto di equilibrio, anzi mette in evidenza che entrambi gli aspetti sono fondamentali, non nascondendo che ci sono forti violenze e tentativi di manipolazione. La sua è una invocazione a colmare un vuoto normativo, pena rischio che processo elettorale o meglio le campagne elettorali possano essere in qualche modo distorte", conclude. (di Roberta Lanzara)