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Più donne giudici a Palazzo della Consulta? Il costituzionalista: "Mi auguro 4, ma Parlamento resistente, lo vive come problema"

Andrea Pugiotto: "Non esiste più plausibile ragione per preferire uomini a giuriste di assoluto valore - Camere in seduta comune cedono propria prerogativa esclusiva a vantaggio di leader di partito, con una formula partigiana che aggira il dettato costituzionale"

Andrea Pugiotto
Andrea Pugiotto
10 febbraio 2025 | 13.35
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"Mi auguro che vengano eletti, nel rispetto della segretezza del voto - dunque non mediante preferenze plurime su un’unica scheda - quattro giudici costituzionali di riconosciuta competenza, lunga esperienza e comprovata autonomia. Se poi saranno 4 donne, meglio ancora". A rispondere all'Adnkronos sull'opportunità che il Parlamento in seduta comune incrementi la presenza femminile a Palazzo della Consulta è Andrea Pugiotto, ordinario di Diritto costituzionale all'Università degli studi di Ferrara; condirettore della rivista Quaderni Costituzionali, che ricorda: "Ci sono voluti ben quarant’anni per avere la prima giudice costituzionale: era il 1996, quando il Presidente Scalfaro nominò Fernanda Contri. E ci sono voluti altri ventitré anni perché, nel 2019, il collegio dei giudici costituzionali eleggesse a proprio presidente una donna, Marta Cartabia. Oggi, con una Corte costituzionale ridotta a 11 membri, sono tre le giudici donne, ma nessuna di loro è stata eletta dalle Camere riunite".

Un lungo percorso in salita per le donne a Palazzo della Consulta, dal momento che finora sono state, complessivamente, soltanto 8? "C'è voluto troppo tempo per infrangere il tetto di cristallo. Eppure, e non da oggi, non esiste alcuna plausibile ragione per preferire un giudice uomo a una giudice donna: da costituzionalista, conosco e ammiro giuriste di assoluto valore, di grande competenza e di sicura indipendenza, che meriterebbero di essere elette alla Corte. In verità, e da sempre, deputati e senatori oppongono a ciò un’incomprensibile resistenza, se è vero che – dal 1956 ad oggi – solo una volta la loro scelta ha premiato una donna (Silvana Sciarra, nel 2014)".

Nella formula spartitoria del 2+1+1 (due giudici alla maggioranza, uno all'opposizione ed un tecnico) concordata fra le parti politiche pare tuttavia che solo un posto, quello del tecnico indipendente, sarà riservato ad una donna. Modalità corretta? "Per quanto mi riguarda potrebbero essere tutte e 4 donne. Il vero problema, però, è nella formula più che nel genere di chi sarà eletto. Perché quella formula traduce in un’impropria spartizione la logica dell'accordo imposto dalle regole costituzionali per l’elezione dei giudici di estrazione parlamentare. Di più: apprestandosi a votare candidature scelte da altri, il Parlamento in seduta comune mostra di cedere una propria prerogativa esclusiva a vantaggio di qualche leader di partito, sulla base di una formula partigiana che aggira il dettato costituzionale".

Cosa imporrebbe il dettato costituzionale alle Camere? "Affida a deputati e senatori – non ad altri – il compito di concorrere in modo sostanziale – e non pro forma – alla composizione della Consulta. Perché, in tutti questi mesi di assenza di giudici, non c'è stata alcuna iniziativa interna al Parlamento, simile a quella che ha portato, nel 2022, alla rielezione del Capo dello Stato? Perché deputati e senatori non hanno individuato candidature bipartisan di alto profilo e non hanno iniziato a votarle, così da farne crescere progressivamente peso e autorevolezza?", contro replica il costituzionalista. Magari, con questa modalità, pensa che senatrici e deputate avrebbero potuto e potrebbero ancora trasversalmente unirsi in una cordata e perorare la causa di più donne alla Consulta? "Ammesso e non concesso che le donne votino le donne…”, chiosa Pugiotto. “Dopo 13 votazioni andate a vuoto, mi pare ingenuo attendersi uno scatto d’orgoglio da parte dei grandi elettori (e delle grandi elettrici). Obbedienti agli ordini di scuderia, contribuiranno così a confermare la marginalità, sempre più marcata, del Parlamento nelle decisioni che contano".

Una Corte nel suo plenum e con un maggiore equilibrio di genere, secondo lei, potrebbe funzionare meglio? "Come è evidente che una Corte a 15 giudici è più funzionale di una ridotta a 11, così un collegio composto da giudici uomini e giudici donne potrebbe avvalersi di sensibilità differenziate e più attente verso alcune tematiche di genere - risponde il costituzionalista - A quanto apprendo dai giornali, sembra che uno dei quattro giudici da eleggere dovrebbe essere donna. Ma leggo anche che questa condizione preliminare è vissuta come un problema, quando invece è parte della sua soluzione. Evidentemente, sono ancora in tanti a non aver compreso quanto sia importante il contributo che le giuriste hanno portato allo studio del diritto e della Costituzione", conclude. (di Roberta Lanzara)

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