Il presidente è a Cracovia e spiega perché la Russia ha invaso l'Ucraina e cosa devono fare l'Italia e l'Europa per garantire la sicurezza comune
Sergio Mattarella è a Cracovia per partecipare al 19° vertice del Gruppo Arraiolos, il vertice informale che riunisce i Capi di Stato non esecutivi dei paesi Ue (dunque non le monarchie costituzionali né gli Stati con sistema presidenziale) e che prende il nome dalla cittadina portoghese in cui si riunirono per la prima volta. Sullo sfondo, le imminenti elezioni americane e l'assunzione del semestre di presidenza europea da parte di Varsavia a partire dal prossimo primo gennaio.
Di seguito pubblichiamo ampi estratti del suo discorso, nel quale delinea la strategia di sicurezza europea per gli anni a venire:
"Il nostro continente si trova ad affrontare grandi sfide di diversa natura: da quelle climatiche a quelle geopolitiche. Questo ci richiama all’urgenza di compiere passi avanti affinché l’Unione sia in grado di rispondere con efficacia e tempestività, assumendo il ruolo e le responsabilità che le competono.
Tra queste sfide e riforme – indifferibili – vi è quella della difesa comune dell’Unione.
L’alleanza con gli Stati Uniti è storicamente un caposaldo irrinunciabile, non soltanto per esigenze militari ma, ancor di più, perché si inquadra in un rapporto che si basa su valori comuni di libertà, democrazia, diritti della persona, su vincoli storici, culturali e di relazioni umane.
Da lungo tempo si pone l’esigenza – sovente sottolineata da oltre oceano – del rafforzamento del pilastro europeo dell’Alleanza.
Questo non si esaurisce nell’aumento delle spese militari, ma richiede ben altro. Vorrei dire, soprattutto ben altro.
Personalmente, avverto ancor più che rammarico, tristezza nel vedere immense quantità di risorse finanziarie destinate all’acquisto di armi, sottraendole a impieghi di carattere sociale: dalla salute al cambiamento climatico, dalla cultura alle infrastrutture.
Ma vi siamo costretti dal mutamento del clima che è calato all’improvviso sul nostro continente, a causa dell’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina e dal manifestarsi di una sua sorprendente aggressività militare fuori dalla storia e dalla razionalità, considerata anche la vicendevole contabilità di vittime e devastazioni del territorio.
Ci troviamo di fronte al tentativo di introdurre il principio secondo cui gli Stati confinanti, o anche soltanto prossimi a uno Stato più grande e forte, hanno due sole strade: l’allineamento politico, economico, culturale o l’invasione.
La sfida non si traduce, banalmente, soltanto in quantitativi di spesa, ma riguarda il conseguimento di capacità militari.
Gli Stati Uniti sono in grado di condurre operazioni complesse. I 27, tutti insieme, abbiamo forti limiti e possiamo svolgere operazioni di complessità notevolmente ridotta.
Conosciamo le cause:
• Frammentazione in 27 diverse forze armate.
• Conseguente duplicazione di funzioni e compiti.
• Differenti sistemi d’arma con difficile interoperabilità.
Abbiamo 27 industrie militari, sovente in competizione fra loro.
Nel dicembre del 1999, a Helsinki, il Consiglio europeo della difesa – cui partecipavano anche i Paesi candidati all’ingresso nell’Unione – era giunto alla definizione concreta di un corpo d’armata europeo di sessantamila unità. E ciascun Paese aveva indicato con precisione quali assetti vi conferiva.
Sono passati 25 anni. Saremmo in ben altra condizione di sicurezza se avessimo proseguito su quella strada. Ma ci si fermò per le improvvise riserve negli USA e in alcuni dei Paesi dell’Unione, per il timore che si costruisse una – peraltro inverosimile – alternativa alla Nato. Si trattava, al contrario, di rendere più forte il pilastro europeo. Quelle resistenze si sono, per fortuna, attenuate.
Guardiamo all’oggi.
Penso che la Russia abbia aggredito l’Ucraina – dopo aver fatto le prove in Georgia e in Crimea – in base a una serie di errori di valutazione. Tra questi, due soprattutto:
Il primo: la convinzione che, ormai, lo sguardo degli Stati Uniti si fosse definitivamente distolto dall’Europa e rivolto al Pacifico, così come, in effetti, appariva.
Il secondo: l’idea che l’Unione Europea fosse disunita e che, anche a causa dei legami energetici con diversi Paesi, non le avrebbe creato difficoltà.
La presidenza Biden ha rivolto nuovamente, e in pieno, la sua attenzione all’Europa.
E l’Unione è stata compatta – pressoché unanime – nel sostegno all’Ucraina.
Adesso, al Cremlino si attende che gli Stati Uniti – quando avremo, come si spera, superato l’emergenza con la garanzia di sovranità dell’Ucraina – tornino a incentrare la loro attenzione sul Pacifico oppure a un disimpegno, come avvenne negli anni ’20 del secolo scorso.
A loro avviso, verosimilmente, l’Unione Europea, in questo caso, non sarebbe, per la Russia, un ostacolo insuperabile.
Cosa può dissuaderla?
Il deterrente è un’Unione con adeguate capacità militari, che soltanto una vera difesa comune può assicurare, garantendo al contempo un forte mantenimento dell’Alleanza Atlantica, perché, in piena complementarietà, ne verrebbe rafforzata la NATO.
Vediamo tutti, inoltre, che il mondo va velocemente verso una molteplicità di soggetti di ampie dimensioni e di grandi possibilità.
Vediamo anche che, per la stabilità internazionale e per contrastare chi calpesta il diritto internazionale, non bastano più gli Stati Uniti da soli.
Non dobbiamo lasciarli soli e l’unica possibilità per farlo è quella di acquisire vere, efficaci capacità militari, sempre pronti a una cooperazione che allenti le tensioni, nel rispetto di indipendenza e sovranità di ogni Stato.
Quelle capacità comuni dell’Unione sono indispensabili.
Nella speranza di non doverle mai usare".