
L'attrice commenta la proposta del dem. "La levata di scudi dimostra che ha colpito nel segno. Nessun uomo disposto a fare un passo indietro sul proprio cognome. Parità ancora lontana"
"Ho trovato quella di Franceschini una meravigliosa provocazione. Ha ribaltato la situazione proprio per far capire che non si tratta di un tema secondario. La levata di scudi che ne è seguita dimostra che è andato a segno. Nessun uomo è pronto a fare un passo indietro rispetto al proprio cognome di famiglia. E chi dice che si tratta di una questione di scarsa importanza cominci per primo a rinunciare". Così Pamela Villoresi commenta con l'Adnkronos la proposta dell'ex ministro e senatore del Pd, Dario Franceschini: dare ai figli solo il cognome della madre. Il dem ha annunciato la presentazione di un ddl spiegando che si tratta di una sorta di "risarcimento per una ingiustizia secolare", quella appunto di 'ereditare' il cognome dei papà. "Io ho tre figli, nessuno di loro porta il mio cognome. Un po' mi dispiace, perché negarlo? Oggi sono adulti, 40 anni fa non ci si pensava", dice l'attrice per la quale "non si può più andare avanti con la discriminazione di genere".
Il doppio cognome potrebbe essere la soluzione? "Anche in questo caso a un certo punto bisognerà per forza sceglierne uno, perché i bambini non potranno certo avere quattro cognomi, due del padre e altrettanti della madre. La soluzione potrebbe essere lasciare la libertà alle coppie di decidere, anche se forse in questo caso si potrebbe andare incontro a una sorta di 'discriminazione sociale', con la scelta del cognome più 'blasonato'. Come dire centinaia di Agnelli e nessun Rossi. Oggi, però, è arrivato il tempo di fare una riflessione seria perché il 'razzismo di genere' non è più tollerabile". Una proposta, quella di Franceschini, che ha provocato reazioni a destra e a sinistra. Segno, avverte l'ex direttrice del Teatro Biondo di Palermo, che "sulla parità di genere c'è ancora tanta strada da fare". "Abbiamo fatto tanti passi avanti rispetto ad altri Paesi nel mondo, ma di certo non siamo arrivate alla parità".
In teatro in questi giorni Pamela Villoresi è protagonista dello spettacolo 'Memorie di una schiava', liberamente tratto dal romanzo 'Spedizione al baobab' della scrittrice sudafricana Wilma Stockenström. "Le vicende narrate, purtroppo realmente accadute - spiega l'attrice -, sono l'emblema esasperato di quella che è - ancora oggi - la visione dell'esistenza delle donne. Quando le schiave abusate dai padroni rimanevano incinte, i figli partoriti erano proprietà del padrone, così i bambini svezzati venivano venduti in lotti separati rispetto alla madre. Insomma, una maternità in funzione del maschio padrone". Un abisso rispetto a oggi? "Non direi. Basti pensare, a esempio, che in Italia la fecondazione assistita con donazione del seme viene permessa solo alle donne sposate e solo se il partner è sterile, mentre è negata alle donne single. Ancora una volta siamo di fronte a una maternità in funzione del maschio. Ciò che vive la mia schiava in modo esasperato è ancora nella mentalità italiana".
Insomma, è la tesi di Villoresi, sui diritti delle donne "la politica oggi tende a fare molte marce indietro" e l'invito alle nuove generazioni è di "non mollare, di non credere che quei diritti ottenuti con anni di lotte siano acquisiti per sempre, perché purtroppo non è così". Una parità di genere lontana anche nelle istituzioni culturali. "Io sono stata la sesta donna nella storia della Repubblica italiana ad avere diretto un teatro stabile - ricorda -. Eravamo in tre allora in tutta Italia, oggi ne rimane solo una. Il motivo? Perché quando le scelte diventano politiche, i maschi spartiscono il 'potere' tra di loro. Una vera e propria occupazione di ogni spazio, a prescindere dal merito e dalla qualità. E' quello a cui assistiamo oggi. Quindi, viva le quote rosa e le provocazioni come quelle di Franceschini". (di Rossana Lo Castro)