
Avvocatura di Stato: 'Se sorge un contenzioso, lo si risolve alla stregua dei criteri statali, non di una legge regionale che ne invade il campo' - Regione: 'Corte trovi una nuova forma di regionalismo'
La tormentata e controversa disciplina sulle concessioni demaniali marittime oggi è stata dibattuta a Palazzo della Consulta. In udienza pubblica i 15 giudici costituzionali, giudice relatrice Antonella Sciarrone Alibrandi, hanno ascoltato le argomentazioni inerenti alla questione di legittimità costituzionale della legge della regione Toscana numero 30/2024, sollevata dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro per gli affari regionali Roberto Calderoli lo scorso 3 ottobre 2024.
L'Avvocatura di Stato, rappresentata da Sergio Fiorentino, è intervenuta su tre punti impugnando in primo luogo l'articolo della l.r. 30/2024 che giustificava la modifica del preambolo della legge regionale 31/2016, 'Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime' sul presunto consolidarsi di nuovi principi giurisprudenziali tra cui quello individuato dal Consiglio di Stato nella sentenza dell’adunanza plenaria 9 novembre 2021. Secondo il Governo, la disciplina del demanio marittimo è però di esclusiva competenza statale e non spetta alla Regione effettuare alcun riordino. E la regione non può invadere una competenza dello Stato neanche per una inadempienza normativa. "Ipotizziamo l'obbligo delle gare - detto Fiorentno - Cosa deve fare il comune? Come ha detto il Consiglio di Stato, il comune deve estrarre dall'ordinamento i criteri per bandire le selezioni. Se sorge un contenzioso, lo si risolve alla stregua dei criteri statali, non di una legge regionale che ne invade il campo".
Fiorentino ha denunciato in secondo luogo durante l'udienza l'introduzione di un meccanismo di “cedevolezza invertita” della fonte regionale rispetto a quella statale: "Secondo la Regione c'è una cessazione della materia del contendere perché le norme della l.r. 30/2024 recavano una condizione risolutiva". Ma secondo l'Avvocatura dello Stato "se si ritenesse di dar corso a questa richiesta, si finirebbe per ammettere il meccanismo della cedevolezza invertita che la Corte ha escluso per le materie di competenza statale. Inoltre a noi sembra che ancorare l'efficacia della norma ad un riordino della normativa statale, non è una formula opportuna da inserire in una legge regionale".
In terzo luogo l'Avvocatura ha fatto presente che la norma regionale stabilisce criteri di fissazione indennizzo e criteri di premialità che incidono in materia di concorrenza. E sono di competenza statale i criteri di scelta dei concorrenti e le aspettative patrimoniali del concessionario uscente. Le nuove norme regionali toscane sarebbero in contrasto con la normativa statale ed europea in materia di tutela della concorrenza e quindi violerebbero l'articolo 117 della Costituzione oltre che i vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.
La replica della Toscana: "Preciso lo spirito con cui la Regione è arrivata all'approvazione di questa legge. C'è stata una attenta riflessione. Quando è stata approvata nell'agosto 2024 la legge regionale oltre che legittima era doverosa, a fronte di un inadempimento costante dei governi che dal 2009 continuano a fare proroghe nelle more del riordino della normativa", è intervenuta per la Regione Toscana Arianna Paoletti, ricordando che nell'agosto 2024 la legge Draghi era scaduta e non c'era il decreto salva-infrazioni (132/2024) che disciplinava i criteri delle gare a livello nazionale e rimandava per quanto riguarda gli indennizzi ad un successivo provvedimento attuativo che avrebbe dovuto essere redatto entro il 31 marzo 2025. "Si è creata una grandissima incertezza - ricorda l'avvocatessa - Con i funzionari che si trovano davanti la questione delle concessioni demaniali pur dovendo procedere con le gare".
Per quanto riguarda le contestazioni sul preambolo, Paoletti ha replicato che "non è in se impugnabile, essendo una modifica di un'altra legge. Anzi è fondamentale perché spiega lo spirito con cui la regione Toscana si è approcciata alla legge, con una normativa che fosse utile e di stimolo. Tant'è che il governo ha previsto una normativa quasi identica...". "Anche noi sul criterio dell'indennizzo prevedevamo da un lato di salvaguardare gli uscenti ma al contempo che non fosse una barriera di ingresso eccessiva per i nuovi", chiosa.
Secondo Paoletti quindi, "la Regione si è fatta carico doverosamente di una iniziativa legislativa e forse una nuova forma di regionalismo può essere trovata da questa Corte quando ci sono inadempienze pluriennali. Parliamo di 15 anni - rimarca - La Toscana non voleva mettersi in contrasto con il governo ma dare una disciplina unitaria per evitare che i comuni andassero in ordine sparso". Anche se, come evidenza la giudice Sandulli, "risultano bandi come a Bibona che fanno riferimento alla legge regionale 2016 proprio come modificata nel 2024". "Non lo so, non ne ero informata - replica l'avvocatessa - Insistiamo su questa questione per una ragione morale. Noi pensiamo che non solo lo Stato ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione ha un ruolo, ma lo ha anche la legge regionale. Il diritto comunitario ormai si è evoluto".
"E' chiaro - prosegue - che le regioni non possono invadere competenze esclusive dello Stato, ma in un caso così particolare di inadempienza da oltre 15 anni, riteniamo oggi che le regioni non abbiano nessun ruolo? Allora lo lasciamo a chi? La plenaria dice ai comuni in ordine sparso. Vogliamo dire che la regione non ha competenze ma le hanno i comuni? - contesta con riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato la legale della Regione Toscana - Con una legge regionale c'è una uguaglianza sul territorio, altrimenti come nel caso Bibona si procede in ordine sparso. Ora c'è una legge a cui daremo attuazione" quando ci sarà il decreto sugli indennizzi, "ma ad agosto era legittimo che la regione in mancanza totale di una normativa nazionale facesse qualcosa", conclude. (di Roberta Lanzara)