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Kitsch addio, arriva il camp

Alcuni dei look che rientrano nel genere 'camp'. Da sinistra dei look di Moschino, Gucci e ancora Moschino (Fotogramma)
Alcuni dei look che rientrano nel genere 'camp'. Da sinistra dei look di Moschino, Gucci e ancora Moschino (Fotogramma)
03 maggio 2019 | 09.05
LETTURA: 2 minuti

di Federica Mochi

Eccessivo, irriverente, teatrale. In una parola: camp. Segnatevi questo nome perché nei prossimi giorni non si parlerà d'altro. E' lo stile del momento ma nessuno sapeva cosa significasse prima dell'annuncio, da parte del Met di New York, del tema della mostra-evento che porta il suo nome e che sarà inaugurata il prossimo 6 maggio, durante il Met Gala, il party di beneficenza che ogni raduna per una sola notte il gotha della moda internazionale nella Grande Mela.

'Camp: notes on fashion' è il titolo dell'esposizione in calendario fino all'8 settembre, che prende spunto dal saggio della giornalista americana Susan Sontag, 'Notes on Camp' pubblicato nel 1964. Sì, ma che vuol dire camp? A decifrare il fenomeno ha pensato la stessa Sontag. Il camp, scrive l'autrice, è tutto quello che è stravagante, teatrale, esagerato, che permette di rileggere i codici del passato e spiccare tra la massa. Un po' snob, un po' artificioso. Spiccatamente incongruo. Guai però a chiamarlo kitsch.

Rilegato inizialmente a fenomeno marginale, il camp è diventato presto un elemento mainstream. Grazie anche a stilisti come Franco Moschino, Jean Paul Gaultier, Demna Gvasalia di Balenciaga, Thierry Mugler, Richar Quinn, Elsa Schiaparelli e Vivienne Westwood che ne hanno diffuso il verbo. Ma anche Jeremy Scott e Alessandro Michele di Gucci, maison quest'ultima, che sponsorizza la mostra di New York.

E' giusto definirlo contemporaneo ma il camp guarda anche al passato. Qualche esempio? Pensate ai look tutto zeppe e lustrini di Elton John o ai body scintillanti di David Bowie versione Ziggy Stardust, ma anche allo stile queer o agli eccessi del Re Sole e avrete un'idea di cosa è camp. Il termine deriva dal francese 'se camper', ossia 'assumere una postura ostentata' e nel suo saggio Sontag definisce il fenomeno come un'estetica dai tratti ben delineati: ironia, umorismo, parodia, pastiche, artificio ed esagerazione.

Ma camp può essere persino il ciuffo dorato di Donald Trump o la penthouse tutta stucchi e oro del presidente, come ha spiegato il curatore della mostra, Andrew Bolton. Se ancora non avete ancora capito di che si tratta basta guardarvi attorno e troverete il camp un po' ovunque. Dimenticate però il vecchio detto 'less is more'. Nel camp, semmai, 'more is more'.

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