
Le dichiarazioni di giornata spostano l’ago della bilancia da una parte o dall’altra, secondo l’interpretazione che se ne vuole dare e l’affidabilità presunta di chi le pronuncia
È più vicino alla realtà il ministro degli esteri russo Sergehei Lavrov o l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff? Oppure, in altri termini, quanto è lontano un accordo che possa portare a un reale cessate il fuoco in Ucraina? Intorno ai negoziati tra Mosca e Washington, con Kiev che ha margini di manovra limitati dalla situazione sul campo e da oltre tre anni di pesantissima guerra in casa, girano le dichiarazioni di giornata che spostano l’ago della bilancia da una parte o dall’altra, secondo l’interpretazione che se ne vuole dare e l’affidabilità presunta di chi le pronuncia.
La sensazione più ricorrente è che finiscano per prevale le logiche della propaganda e dell’opportunità negoziale sulla reale rappresentazione dei fatti. Molto netto il messaggio che arriva da Lavrov: la Russia e gli Stati Uniti non hanno ancora concordato i parametri chiave dell'accordo per una soluzione alla guerra in Ucraina. Il ministro degli esteri russo aggiunge che se ne sta discutendo ma questo sposta di molto poco la sostanza delle cose. Qual è il suo interesse prevalente in questo momento? Stando alle ultime ore, al bombardamento spietato di Sumy e agli attacchi intensi su buona parte del fronte, c’è una riposta più plausibile di altre: alzare il più possibile la posta e guadagnare tempo per allargare sul campo il territorio conquistato e dare una nuova spallata al conflitto.
Un altro elemento piuttosto chiaro di questa strategia è la volontà di isolare ulteriormente l’Europa, che i russi vogliono più lontana possibile dai tavoli su cui si decideranno le sorti dell’Ucraina. Lavrov, per ribadire il concetto, torna sulla retorica che aveva sostenuto l’invasione, quando ancora il Cremlino la chiamava operazione militare speciale. "Tutti questi schemi di mantenimento della pace che i Macron e gli Starmer disegnano si basano sul fatto che ciò è necessario per preservare almeno un pezzo di terra su cui rimarrà il regime nazista, apertamente russofobo, affilato per la prossima preparazione di un'altra guerra contro la Russia", denuncia Lavrov, arrivando ad affermare che l'Europa vuole trovare un "nuovo mezzo Führer" al posto di Volodymyr Zelensky. Denazificare l’Ucraina, considerata un pericolo per la Russia, è l’inversione della realtà mai abbandonata in questi tre anni. Oggi, nella ricostruzione di Lavrov che omaggia la narrazione trumpiana, ci sono gli Stati Uniti che lavorano per far finire la guerra e l’Europa che, al contrario, resta dalla parte di Kiev. "La resistenza dell'Ucraina viene messa alla prova quotidianamente. L'Europa continuerà a sostenere il coraggioso esercito ucraino", ribadisce la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che oggi ha ricevuto il vicepremier ucraino, Mykhailo Fedorov.
Quest’ultimo snodo si connette alla posizione americana. L’'inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff ha definito i suoi recenti colloqui con il presidente russo Vladimir Putin "convincenti", sostenendo che il presidente russo sarebbe aperto a un accordo di "pace permanente" e prospettando un possibile accordo di pace basato sullo status di "cinque territori". A cosa si riferisce, quali sono i cinque territori di cui parla? È lecito ipotizzare che si stia parlando della Crimea e delle oblast di Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kherson, parzialmente occupate e dichiarate annesse alla Russia da Mosca già nel 2022.
Witkoff dice anche un’altra cosa. “C'è molto di più. Penso che potremmo essere sull'orlo di qualcosa di molto importante per il mondo intero". Parole che lasciano intendere la possibilità di una accelerazione verso una tregua. Ma qual è l’interesse prevalente degli Stati Uniti in questo momento? Donald Trump ha investito molto in termine di comunicazione sulla propria capacità di portare Mosca e Kiev a un accordo che possa mettere fine a una guerra che, ripete con una certa ossessione da mesi, con lui alla Casa Bianca non sarebbe scoppiata. Per questo, sia personalmente sia con i membri della sua amministrazione, vuole mostrare ottimismo rispetto al raggiungimento del suo obiettivo.
Resta un tema centrale. Si sta lavorando per un accordo che possa garantire un futuro libero e sicuro all'Ucraina o alla fine la convergenza degli interessi di Mosca e Washington può portare a una resa incondizionata di Kiev? Lo scenario per tutti, a partire dall'Europa, cambia radicalmente in un caso o nell'altro. (Di Fabio Insenga)