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Libia, tregua tra le milizie a Tripoli, il 'test' di Haftar nel sudovest

L'analista Mezran: "Quello che mi stupisce è che all'improvviso così tanti militari dell'Esercito nazionale libico, insieme ai russi, stiano scendendo verso sud per riportare l'ordine. E' la stessa strategia dell'aprile del 2019"

Khalifa Haftar - (FOTOGRAMMA)
Khalifa Haftar - (FOTOGRAMMA)
10 agosto 2024 | 21.02
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E' scattata la tregua tra le milizie che si sono date battaglia a Tripoli nelle ultime ore, mentre gli osservatori cercano di decifrare i movimenti di Khalifa Haftar nelle regioni di sudovest, condotti con i russi degli Afrika Corps (gli ex Wagner). Movimenti che vengono interpretati come una sorta di 'test', per capire il grado di reazione da parte di Tripoli e dei Paesi europei che hanno importanti interessi energetici in quella regione, strategica anche per il controllo dei flussi migratori e per il passaggio dei mercenari russi verso Mali e Niger.

Dopo gli scontri di ieri sera, costati la vita a nove persone, e poi ancora stamattina ad Al-Qarabulli, con il coinvolgimento della Forza Congiunta di Misurata e la Brigata Rahbat Dorou di Tajoura, le parti hanno raggiunto un "accordo per un cessate il fuoco permanente" e per il "ritiro delle forze" e sono d'accordo a consentire l "dispiegamento di una forza neutra". Ma l'Università di Tripoli ha comunque sospeso tutte le attività "fino a nuovo avviso", a causa della situazione della sicurezza, riferisconi i media libici.

"Nella capitale c'è da tempo una battaglia silenziosa, uno scontro tra milizie armate il cui obiettivo è di indebolire il premier del governo di unità nazionale Abdul Hamid Dbeibah", spiega all'Adnkronos Ashraf Shah, ex consigliere dell'Alto consiglio di stato libico, sottolineando come in questa circostanza abbiano avuto la meglio i gruppi che sostengono il capo del governo di Tripoli.

La battaglia delle ultime ore "non è tecnicamente collegata" a quanto sta succedendo nel sudovest, al confine con l'Algeria, ma si inserisce in una situazione di grande instabilità e incertezza, osserva Karim Mezran, analista dell'Atlantic council e dell'Ispi, ricordando gli episodi che negli ultimi giorni hanno riguardato Saddam Haftar, il figlio del generale fermato per qualche ora in Italia sulla base di un mandato di arresto di Madrid e la sua decisione di chiudere il giacimento petrolifero di Sharara, gestito dalla spagnola Repsol.

"Fin qui tutto vero - commenta l'esperto libico - ma quello che mi stupisce è che all'improvviso così tanti militari dell'Esercito nazionale libico, insieme ai russi, stiano scendendo verso sud per riportare l'ordine. E' la stessa strategia dell'aprile del 2019", quando Haftar cercò di entrare a Tripoli ma venne poi respinto grazie all'intervento di Ankara al fianco dell'allora governo Serraj.

Oggi, però, sottolineano alcuni osservatori, tace la Turchia - che è sempre più coinvolta nei progetti di ricostruzione della città di Derna devastata dalle alluvioni di undici mesi fa, un 'affare' gestito da uno dei tre figli di Haftar, Belgachem, quello considerato più politico - tace la vicina Algeria, mentre Stati Uniti, Italia, Germania, Francia e Regno Unito sembrano aver scelto il 'basso profilo', limitandosi a una dichiarazione di condanna delle ambasciate.

L'avanzata di Haftar nel sudovest sarebbe stata in effetti preparata da tempo e sarebbe una sorta di test e un segnale agli europei interessati ai giacimenti di petrolio della zona, ai quali dice: "I vostri interessi sono nelle nostre mani". "Ma non vogliono combattere, perché non hanno la certezza di vincere", sostiene Shah, secondo cui da parte di Tripoli "c'è stata una reazione molto forte".

"E' difficile dire quello che succederà nelle prossime ore come sempre accade in Libia", chiosa Mezran, che, rispondendo alla domanda se Dbeibah possa ancora contare su un sostegno forte di una certa parte della comunità internazionale, replica: "Diciamo che ora è più debole il fronte anti Haftar".

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