
"E' la nostra dichiarazione di indipendenza economica". Donald Trump ha annunciato il 2 aprile, con queste parole, i dazi reciproci che gli Stati Uniti introducono nei confronti dei paesi di tutto il mondo. Il pacchetto comprende le tariffe del 25% su tutte le auto prodotte al di fuori degli Usa. La soglia minima dei dazi adottati nei confronti di una sessantina di paesi è del 10%. "Saremo molto gentili. Avremmo potuto adottare le stesse tariffe imposte a noi", ha detto Trump snocciolando i dati nel Rose Garden della Casa Bianca. Sabato alle 6 ora italiana sono entrati in vigore i dazi del 10%, i più bassi, mercoledì 9 aprile alla stessa ora quelli di oltre il 10% imposti sui beni importati negli Stati Uniti, tra cui quelli di Cina e Unione Europea, al 20%. Per il giro di vite, Trump ha dichiarato l'emergenza economica nazionale. In una nota diffusa dalla Casa Bianca, il presidente ha affermato che "le pratiche economiche e del commercio estero hanno creato un'emergenza nazionale e che il suo ordine impone tariffe per rafforzare la posizione economica internazionale degli Stati Uniti e proteggere i lavoratori americani". Sette ore dopo l’annuncio di Trump, è arrivata la replica della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ursula von der Leyen le ha pronunciate da Samarcanda, dove era in missione. Il messaggio politico è orientato verso tutta l'apertura possibile al negoziato. È restata volutamente generica la promessa di reagire mentre è stata ribadita più volte la piena disponibilità a mettersi intorno a un tavolo con Trump, "non è troppo tardi per affrontare le preoccupazioni attraverso i negoziati". Una posizione che va incontro soprattutto alle preoccupazioni di chi, a partire dall'Italia, ritiene che l'Europa non possa perdere il rapporto con il suo storico alleato. Nonostante gli Stati Uniti, con i dazi di Trump, mostrino di voler mettere più distanza possibile con l'altra sponda dell'Atlantico e con il resto del mondo. Il 9 aprile è arrivato il via libera dell'Unione europea alla lista dei contro dazi che Bruxelles metterà in campo per rispondere agli Stati Uniti. Le tariffe, che per la gran parte dei prodotti saranno del 25%, si applicheranno in tre tranche: la prima dal 15 aprile, la seconda dal 16 maggio, la terza dal primo dicembre. Il parere formale positivo, previsto per gli atti di esecuzione della Commissione, è arrivato da tutti gli Stati membri. L'unica ad aver votato contro è l'Ungheria. Come avvenuto anche per il voto sul sostegno all’Ucraina ormai Viktor Orban si muove da solo e fuori dall’Europa unita. Sul piano nazionale, va registrata la pressione del governo italiano, che spinge per lasciare il più possibile la porta aperta al negoziato, a pochi giorni dell’incontro a Washington della premier Giorgia Meloni con Trump fissato per il 17 aprile.
Nei confronti dei Paesi che non hanno risposto immediatamente con dei contro dazi c’è stato un parziale dietrofront da parte del Presidente americano, infatti, Trump, molto probabilmente anche a causa delle reazioni che i dazi hanno provocato su tutti i mercati azionari del mondo, con perdite pari a quasi 15 mila miliardi di dollari e un’alta volatilità dei titoli, ha deciso di sospendere i dazi per 90 giorni. Sulla sospensione si è espresso anche Andrzej Domanski, ministro delle finanze polacco, alla presidenza di turno dell'Ue, all'inizio dell'Ecofin informale a Varsavia, sostenendo di "accogliere con favore la decisione dell'amministrazione statunitense di rinviare l'attuazione dei dazi. Ora dobbiamo usare questi 90 giorni con saggezza. Abbiamo bisogno di un buon accordo per i cittadini europei, per le aziende europee, e sosteniamo pienamente la Commissione europea nel suo sforzo di negoziare un accordo giusto e giusto".
Molto diversa invece la situazione con la Cina, unico Paese ad aver risposto concretamente ai dazi americani scatenando una vera e propria guerra commerciale tra le due maggiori economie mondiali. Nei giorni scorsi sono entrate in vigore le tariffe ritorsive dell'84% imposte da Pechino, che non ha corretto al rialzo le sue aliquote in modo speculare a quanto fatto dal presidente Usa Donald Trump. Il tycoon, infatti, nella giornata di mercoledì 9 aprile, dopo che aveva congelato le tariffe reciproche per 90 giorni su decine di Paesi, ha deciso di mantenere la pressione sul Dragone, con i dazi portati dal 104% al 145%, come chiarito da fonti della Casa Bianca a Cnbc. Va in ogni caso ricordato che il mercato americano ricopre una notevole importanza per la Cina, infatti, i numeri dell'interscambio bilaterale segnalano come Pechino non possa fare a meno del mercato a stelle e strisce. Secondo l'Ufficio del Rappresentante per il Commercio americano, gli Stati Uniti hanno esportato merci in Cina per 143,5 miliardi di dollari nel 2024, importandone invece per un valore di 438,9 miliardi. Infine, la Cina, come ulteriore misura con i dazi americani, sta agevolando la svalutazione dello yuan, che scivola ai minimi dal 2007 sul dollaro. Lo yuan onshore ha toccato un minimo di 7,3518 sul biglietto verde prima di recuperare terreno sulle indiscrezioni che i leader di Pechino si riuniranno per discutere ulteriori misure di stimolo in risposta ai dazi di Donald Trump, riferisce Bloomberg. La Banca centrale cinese (Pboc) ha abbassato per sei giorni consecutivi, seppure moderatamente, il suo tasso di riferimento, a dimostrazione del fatto che la Cina punta su una graduale svalutazione della sua moneta per sostenere l'export.