Previste inoltre modifiche alla disciplina delle misure cautelari
Cancellazione dell'abuso d'ufficio, modifiche al traffico di influenze illecite, stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni a tutela dei terzi non coinvolti nelle indagini e sulla custodia cautelare, limiti alla possibilità per i pm di ricorrere in appello. Il primo pacchetto di interventi di riforma della Giustizia, più volte annunciato dal ministro Carlo Nordio nelle scorse settimane, arriva domani in Consiglio dei ministri. Con l'obiettivo, da lui più volte evidenziato, di aumentare le garanzie per chi è sottoposto a indagini. Una prima tranche di misure che sarà seguita, nelle intenzioni del Guardasigilli, da altre due: una prevista entro la fine dell'anno, e l'altra, quella che riguarda il Consiglio superiore della magistratura e la separazione delle carriere, riforme che prevedono modifiche alla Costituzione, più a lungo termine.
Uno degli interventi più attesi è l'abrogazione dell'abuso d'ufficio. Un'idea portata avanti dal ministro Nordio, convinto che il reato sia causa della cosiddetta 'paura della firma' che blocca l'attività dei sindaci. Punto di partenza i dati: a fronte di migliaia di iscrizioni nel registro degli indagati, pochissime le condanne. Nel 2021 sono state 4.745 le iscrizioni e 18 le condanne in primo grado. Uno squilibrio, dunque, tra il numero delle iscrizioni e le decisioni di merito. Ma questo, si fa notare da via Arenula, non comporta alcun arretramento nel contrasto dei reati contro la Pa, perché resta in piedi tutto l'insieme organico di rimedi preventivi e repressivi. Il ddl interviene anche sul traffico di influenze illecite, che viene limitato a condotte particolarmente gravi, con aumento delle pene previste, che vanno da un anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi, e con la previsione di non punibilità se l'autore collabora con la giustizia.
C'è poi l'altra riforma, di cui il Guardasigilli ha fatto una bandiera fin dal suo insediamento, che riguarda i limiti alla pubblicazione delle intercettazioni, e la tutela dei terzi non coinvolti nelle indagini. La pubblicazione è infatti possibile solo quando il contenuto intercettato finisca agli atti del processo e il giudice è tenuto a stralciare, oltre ai dati personali sensibili, anche quelli relativi a soggetti diversi dalle parti, a meno che non siano rilevanti per le indagini.
Un'altra stretta riguarda l'applicazione delle misure cautelari, per la quale sarà necessario l'interrogatorio di garanzia dell'indagato, a meno che non sussista pericolo di fuga o di inquinamento delle prove. Si vuole dare all’indagato e al giudice un momento di interlocuzione diretta, prima di una misura cautelare, e si introduce il principio del contraddittorio preventivo nei casi in cui, per il tipo di reato o per la concretezza dei fatti, durante le indagini preliminari non sia necessario “l’effetto sorpresa” del provvedimento. Nel caso della custodia cautelare in carcere, poi, la decisione sarà affidata non al gip ma a un collegio di tre giudici. Questa disposizione, dato l'impatto sull'organizzazione dei tribunali, sarà accompagnata da un aumento di organico di 250 magistrati e la sua entrata in vigore è differita di 2 anni. Nel ddl si prevede inoltre che nell’informazione di garanzia sia contenuta una descrizione sommaria del fatto su cui si indaga e che la notifica avvenga con modalità che tutelino l’indagato e in modo da garantire la riservatezza del destinatario.
Il ddl stabilisce poi di ridisegnare il potere del pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di assoluzione di primo grado, rispettando però le indicazioni della Corte costituzionale. La limitazione alla possibilità per il pm di proporre appello non riguarda infatti i reati più gravi, compresi quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale.
Un altro obiettivo delle misure riguarda la riduzione dei tempi per i concorsi e per l'ingresso in servizio dei nuovi magistrati. Ma la norma, predisposta inizialmente per il disegno di legge, è stata inserita nel decreto legge in materia di organizzazione della Pa e di sport, per velocizzarne l’entrata in vigore. Si introduce infine una norma di interpretazione autentica per chiarire che il requisito di età massima fissato per i giudici popolari delle Corti d’Assise in 65 anni deve sussistere soltanto al momento della nomina. Si evita così il rischio che, in procedimenti per gravissimi reati, anche per mafia e terrorismo, siano ritenute nulle le sentenze pronunciate da Corti d’Assise nelle quali un giudice popolare abbia superato il limite di età durante il processo.