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Fuga documenti Usa, "Egitto produce in segreto razzi per Russia"

Nel report dell'intelligence statunitense ottenuto dal Washington Post si parla di presunte conversazioni tra al-Sisi e alti funzionari militari egiziani. Cremlino: "Una bufala"

(Fotogramma)
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11 aprile 2023 | 09.43
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Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, uno dei più stretti alleati degli Stati Uniti in Medio Oriente e tra i principali beneficiari degli aiuti americani, ha recentemente ordinato ai suoi sottoposti di produrre in segreto fino a 40mila razzi da mandare in Russia. E' quanto emerge da un documento dell'intelligence statunitense trapelato nei giorni scorsi.

Notizie che il Cremlino definisce "una bufala". "E' un'altra bufala e quindi questa notizia dovrebbe essere trattata di conseguenza", ha dichiarato ai giornalisti il ​​​​portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

Nel documento top secret, ottenuto dal Washington Post tramite Discord, un'app popolare tra i gamer, si parla di presunte conversazioni tra al-Sisi e alti funzionari militari egiziani e si fa riferimento a piani per fornire alla Russia proiettili di artiglieria e polvere da sparo. Nel documento si evidenzia che lo scorso primo febbraio al-Sisi ha ordinato ai funzionari di mantenere segreta la produzione e la spedizione dei razzi "per evitare problemi con l'Occidente".

Stando sempre al documento trapelato, il leader egiziano chiede a una persona identificata solo come Salah al-Din di comunicare agli operai della fabbrica che i proiettili sono destinati all'esercito egiziano. Salah al-Din è probabilmente Mohamed Salah al-Din, il ministro di stato per la Produzione militare, il quale risponde che avrebbe "ordinato alla sua gente di lavorare su turni se necessario perché era il minimo che l'Egitto potesse fare per ripagare la Russia per un aiuto non specificato in precedenza".

La polvere da sparo offerta alla Russia sarebbe prodotta dalla Fabbrica 18, che è il nome di un vecchio impianto di produzione chimica. Nel documento si citano anche i Sakr 45, ma non si dice esplicitamente se questi razzi, che sono compatibili con i lanciarazzi multipli Grad, vengano prodotti per la Russia.

"La posizione dell'Egitto fin dall'inizio si basa sul non coinvolgimento in questa crisi e sull'impegno a restare equidistante dalle parti, pur affermando il sostegno alla Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale secondo le risoluzioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid, a proposito del documento e della veridicità delle conversazioni riportate. "Continuiamo a sollecitare entrambe le parti a cessare le ostilità e raggiungere una soluzione politica attraverso i negoziati", ha aggiunto.

Un funzionario del governo degli Stati Uniti, parlando a condizione di anonimato in merito alla presunta iniziativa egiziana di esportare razzi alla Russia, ha spiegato che "non l'abbiamo visto accadere" e "non siamo al corrente dell'esecuzione di questo piano". La portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, ha precisato che il Dipartimento di Giustizia ha aperto un'indagine sulla fuga di documenti riservati.

Il documento non chiarisce esplicitamente perché la Russia sia interessata ad acquisire i razzi, ma con ogni probabilità ciò sarebbe dovuto alla necessità di far fronte alle enormi quantità di munizioni utilizzate in Ucraina. Secondo il governo americano, la Corea del Nord sta fornendo segretamente alla Russia proiettili di artiglieria e la Cina sta prendendo in considerazione l'ipotesi di fare lo stesso.

Mosca e il Cairo hanno recentemente siglato diversi accordi significativi. Rosatom, la società statale russa per l'energia atomica, ha iniziato lo scorso anno la costruzione della prima centrale nucleare egiziana. Ma forse l'apsetto importante è che dopo lo scoppio della guerra in Ucraina che ha ostacolato l'accesso al grano ucraino, Il Cairo ha iniziato a fare molto affidamento sugli acquisti di grano russo. L'accordo ha aiutato l'Egitto a evitare carenze di grano che potrebbero innescare disordini sociali in un Paese in cui la povertà è diffusa.

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