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Nagel (Mediobanca): "Fusione con Mps? Rischi maggiori con recessione"

Unicredit-Commerz? "Politiche nazionalistiche ostacolano fusioni"

Nagel (Mediobanca):
09 aprile 2025 | 18.25
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"Un'operazione che dovesse vedere Mediobanca mettersi insieme con una banca commerciale ha delle evidenti controindicazioni, che noi abbiamo già evidenziato con il giudizio preliminare del Consiglio di Amministrazione sull'operazione in corso. Controindicazioni che oggi, contrariamente a quanto rappresentato di recente, sono ancora più evidenti, perché siamo di fronte a uno scenario macroeconomico completamente diverso, che è incerto ma da cui sicuramente non arriva nulla di positivo". Così l'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel, intervistato al 2025 Cedacri Forum tenutosi a Cernobbio presso Villa d’Este

"È infatti probabile che ci sia una recessione, che può essere anche accompagnata da un ribasso dei tassi", sottolinea. "La combinazione di questi due elementi ha un'incidenza negativa diretta, in particolare sulle banche commerciali poiché più esposte alle SME e che più di altri hanno beneficiato dell’aumento dei tassi", prosegue.

"In questo quadro, stare concentrati su quello che facciamo, evitare operazioni che diluiscano il brand e i nostri risultati con operatori nettamente più deboli dal punto di vista del modello di business, della diversificazione dei ricavi e dell’asset quality, è sicuramente una raccomandazione nell'interesse della banca e dei suoi azionisti”.

Nagel sottolinea che ''la specializzazione, la cultura aziendale di Mediobanca, che poi sono incorporate nel brand, la rendono diversa da una banca commerciale o da una banca che fa solo risparmio gestito. Questo deriva dalla storia, dalla cultura, dal fatto che Mediobanca non fa un aumento di capitale da 28 anni, nonostante tutte le crisi e che, per merito di chi l'ha fondata e dei miei colleghi, ha una cultura della gestione del rischio che le ha consentito di svilupparsi, diventando oggi 5 volte più grande di quando abbiamo iniziato il nostro lavoro". Mediobanca - sottolinea - ha quindi una prospettiva nella specializzazione che è molto interessante e che è radicata proprio nel brand, nell'insieme di valori che ci caratterizzano", prosegue. "Alla base di ciò che siamo e di ciò che abbiamo fatto c'è esattamente un credo, molto radicato, su come una persona che fa la nostra professione debba rapportarsi col mondo esteriore, dunque i comportamenti che deve avere, l'etica che osservare, una professionalità che è fatta di discrezione, confidenzialità, capacità di trovare soluzioni complicate a problemi complicati", dice. "Ciò fa sì che il capitale più importante che abbiamo è proprio la fiducia che le controparti ripongono nella banca'', evidenzia.

Parlando di fusioni transfrontaliere l'Ad dice che ci sono degli elementi evidenti che sono emersi negli ultimi anni come impedimenti per le fusioni. "C'è un ostacolo tecnico sulle sinergie, ma ce n'è anche uno molto locale, ovvero il fatto che tutti gli stati che sono entrati nelle banche dopo il fallimento di Lehman Brothers, dopo i salvataggi, non sono disponibili a vendere le banche. Non sono disponibili a vendere non solo a banche straniere, ma nemmeno a banche locali. Pensate a quello che succede intorno a Commerzbank in Germania, ad Abn Amro in Olanda, nell'offerta di Bbva su Banco Sabadell in Spagna", afferma. Gli stati, dice, "sono entrati sempre di più nelle banche, nell'economia e ovviamente ciascuno stato ha la sua sensibilità. Questo è un fattore di forte impedimento a fare fusioni sia all'interno dei singoli mercati nazionali, ma a maggior ragione a fare aggregazioni cross-border. Quanto alle sinergie, le fusioni oggi avvengono per lo più tra banche commerciali, per tanti motivi: il primo fra tutti è che una banca commerciale che è strutturata come una banca di territorio ha una rete distributiva che è stata ideata e strutturata vent'anni fa", dice.

"Percorsi di aggregazione facilitano e accelerano dunque una ristrutturazione che sarebbe comunque dovuta avvenire, portando a meno sportelli e meno dipendenti in filiale sulle attività di base e più persone qualificate a vendere prodotti a valore aggiunto e a marginalità. Chiaramente c'è un limite a poterlo fare organicamente, dunque le fusioni intramarket, come sarebbe la stessa operazione di UniCredit su Commerzbank, servono per questo", afferma Nagel. "Nel caso delle fusioni transfrontaliere, questi vantaggi da sinergie da costo sono molto meno evidenti e quindi è molto più difficile giustificarle. C'è poi il tema relativo alla normativa Bancaria Europea dove noi persone di Industry siamo responsabili, in negativo, per il fatto di non aver saputo portare all'attenzione del regolare nazionale ed europeo l'importanza di avere norme che favoriscano la crescita di banche più robuste, più grandi", conclude.

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