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Fdi, Meloni studia da premier e fa la moderata

A Milano lancia programma conservatore

(Foto Fotogramma)
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29 aprile 2022 | 12.30
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Ora che nei sondaggi vale oltre il 20% tutti la corteggiano. Soprattutto i peones. A cominciare da quelli di centro, pezzi di Fi in particolare, che difficilmente verranno candidati senza il paracadute del proporzionale. Con la sua precisa collocazione in Europa alla guida del gruppo dei conservatori (Ecr), Giorgia Meloni sembra aver quasi cambiato pelle e vestito i panni della moderata per prepararsi a lasciare l’opposizione e correre da candidata premier nel 2023, a giudicare dai contenuti e dal parterre della Conferenza programmatica di Fdi ‘Italia, energia da liberare’, che si aprirà oggi a Milano con oltre 4mila delegati attesi, Covid permettendo.

Il filosofo Stefano Zecchi, già assessore alla cultura con Gabriele Albertini, tra gli ospiti della kermesse, non ha dubbi: “Meloni può riempire lo spazio politico ora vuoto in Italia, quello di un partito liberal conservatore, di una destra moderata e internazionale” che “in origine era un progetto di Berlusconi...”. Dentro Fi, infatti, raccontano, guarda a Meloni chi, per esempio, non vuole morire salviniano. “Giorgia viene vista come la ciambella di salvataggio di tanti, ma non potrà salvare tutti...'', si lascia scappare un big azzurro in Transatlantico a Montecitorio, che allarga le braccia di fronte al destino sempre più incerto che si prospetta tra un anno.

Ne sa qualcosa Mario Pepe, ex parlamentare di lungo corso, prima di Fi e poi del Pdl (tre legislature alle spalle), salito agli onori della cronaca come promotore dell'operazione 'responsabili' che consentì al Cav di salvare il suo quarto governo nel dicembre del 2010: ”Molti forzisti guardano alla Meloni come un’ancora di salvezza che può garantire candidature ma non posti sicuri” perché la tagliola del maggioritario è sempre in agguato e nei collegi dove Fdi non fa doppia cifra il seggio va conquistato sul campo. Gianfranco Rotondi, democristiano doc e vicepresidente dei deputati di Fi, da tempo va dicendo che “Meloni può guidare una nuova Pdl” e invita “Silvio a pensarci”.

“Giorgia sta crescendo -assicura all’Adnkronos Rotondi, leader di ‘Verde è popolare’- non so dire se guarda al centro, anche perché io non ho mai creduto al centro, la penso come Helmut Kohl per il quale il centro era solo ‘il perimetro degli elettori che si spostano da una parte all’altra’. Più che al Centro -dice Rotondi- consiglierei a Giorgia di rivisitare alcune pagine della storia democristiana, in cui troverà spunti attuali per la costruzione di un ‘partito degli italiani ‘ che manca dalla fine della Dc...”.

E forse non è un caso il feeling con il leader del Pd, Enrico Letta, che considera la Meloni un'interlocutrice privilegiata affidabile e non più un esponente dell'estrema destra, impresentabile. Così come, raccontano, non è un caso l’ottimo rapporto di stima con Luigi Brugnaro, fondatore di Coraggio Italia’. Né sorprende quel 13 per cento di elettori ex Dc pronti a votare Fdi secondo un recente sondaggio Ipsos.

Anche la virata di Fdi sul ‘civico’ Roberto Lagalla candidato sindaco a Palermo sponsorizzato dai centristi dell’Udc viene visto dagli osservatori non solo come un’impuntatura in risposta a Salvini, che con Fi punta su Francesco Cascio, ma anche come parte di una strategia moderata precisa, contromossa alla lista unitaria Prima l’Italia lanciata dal Capitano.

Ogni volta Meloni invoca lo spirito di coalizione e chiede unità agli alleati Salvini e Berlusconi, sapendo benissimo che il centrodestra di governo gioca spesso da solo, ma non accetta veti e soluzioni a scatola chiusa (vedo la Sicilia) senza un confronto aperto (da giorni attende la convocazione di un vertice dei leader per chiarire ). Nessuna preoccupazione, invece, per l'ipotesi di un partito unico Fi-Lega, convinta che la sua forza attrattiva avrà la meglio: ”Partito unitario o federazione non ci riguarda, ma spero lo facciano per convinzione e non per timore...”.

Di certo Meloni non nasconde più le sue aspirazioni future. E già dal titolo della tre giorni milanese (‘Indipendenza, libertà, crescita. Appunti per un programma conservatore'), si capisce come punti molto sull'economia, sul rilancio del Paese alle prese con la pandemia e la guerra in Ucraina. Per questo ha scelto il capoluogo lombardo, organizzando una sorta di stati generali lanciando una sfida precisa alla Lega di Matteo Salvini, per tradizione il partito più votato nel centrodestra al Nord.

La presidente di Fdi, insomma, ci crede, visto che quando le chiedono della questione leadership si richiama alle ‘regole’ del centrodestra (“il partito che arriva primo all'interno della coalizione fa la sua proposta su chi vuole alla guida del governo”), ben consapevole di essere il primo partito nei sondaggi, e quindi candidata premier designata.

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