Il primo anniversario della barbara uccisione del giornalista a Istanbul
Il 2 ottobre di un anno fa il giornalista saudita Jamal Khashoggi entrò nel consolato del suo Paese a Istanbul. Aveva bisogno di alcuni documenti per sposare la sua compagna turca, Hatice Cengiz. Il 59enne editorialista del 'Washington Post', tra le voci più critiche della monarchia saudita e in particolare dell'erede al trono Mohammad bin Salman, non uscì mai più dall'edificio. Hatice attese per ore invano il suo futuro marito prima di dare l'allarme.
Nei giorni che ne seguirono la scomparsa le autorità turche denunciarono che Khashoggi era stato ucciso e fatto a pezzi da un commando di 15 sauditi partito appositamente da Riad a bordo di due jet privati. In un primo momento il governo saudita negò ogni responsabilità e di essere a conoscenza delle sorti del giornalista, ma poi ammise che Khashoggi era stato ucciso in un'operazione "non autorizzata".
L'omicidio scatenò la condanna della comunità internazionale. Su forte impulso turco le Nazioni Unite aprirono un'inchiesta con alla guida la relatrice speciale sulle esecuzioni extragiudiziarie, sommarie o arbitrarie, Agnes Callamard. L'inchiesta, osteggiata dai sauditi, stabilì che il giornalista era stato vittima di un'"esecuzione premeditata", sostenendo che c'erano prove "sufficienti" e "credibili" che collegavano Mbs - l'acronimo con il quale il principe della corona è noto in Occidente - all'omicidio. L'uccisione di Khashoggi resta una ferita aperta. "E' un dolore che cambia forma con me", ha raccontato Hatice, che ha promesso di mantenere viva la sua memoria e oggi sarà ad Istanbul davanti al consolato per una commemorazione. Il suo corpo non è stato mai ritrovato e non c'è ancora un colpevole.
Un piccolo passo avanti è stato fatto di recente da Mbs nel corso di interviste ai media statunitensi. Per la prima volta l'erede al trono - sul quale ci sono forti indizi di colpevolezza anche secondo la Cia - si è assunto "la piena responsabilità" dell'omicidio "dal momento che sono tra i leader dell'Arabia Saudita ed è stato commesso da individui che lavoravano per il governo saudita". Ma il principe ha negato di aver ordinato l'omicidio di Khashoggi. Mbs considerava il giornalista, nato nel 1958 a Medina e un tempo vicino alla famiglia reale prima di andare in auto-esilio negli Usa, una voce sgradita che danneggiava la sua immagine di riformista all'estero. In un articolo pubblicato a febbraio, il 'New York Times' scrisse che nel 2017 il principe, rivolgendosi a uno dei suoi consiglieri, disse che avrebbe usato una "pallottola" contro Khashoggi se non fosse tornato in Arabia Saudita e fermato le critiche al governo. Alcuni media statunitensi riferirono che, dopo l'omicidio, Mbs definì il giornalista un "pericoloso islamista" nel corso di una telefonata con il genero di Trump, Jared Kushner, e con l'ex consigliere del presidente, John Bolton.
Khashoggi, un tempo consigliere per i media dell'ex capo dell'intelligence ed ex ambasciatore negli Stati Uniti, il principe Turki bin Faisal, era diventato molto scomodo da quando iniziò a criticare le autorità del suo Paese per la condizione delle donne e la censura imposta alla stampa. Dalle pagine del 'Post' attaccava le politiche di Mbs e in particolare la sua decisione di intervenire in Yemen. In uno dei suoi articoli, che avevano grande eco internazionale, denunciò gli arresti di alcuni intellettuali scrivendo che la situazione in Arabia Saudita "ora è insostenibile".
La reazione di Riad al suo omicidio, di cui sono stati pubblicati particolari agghiaccianti, è stata controversa. Lo stesso Mbs, pochi giorni dopo la sua scomparsa, dichiarò che il giornalista aveva lasciato il consolato "pochi minuti o un'ora dopo" essere entrato. Il 20 ottobre il procuratore generale del regno del Golfo dichiarò che Khashoggi era stato ucciso in una zuffa e che 18 sauditi erano stati arrestati, mentre cinque giorni dopo sostenne che l'omicidio era stato "premeditato". A novembre, il suo vice, Shaalan al-Shaalan, disse che Khashoggi era stato ucciso dopo che erano falliti i negoziati per il suo ritorno in patria, aggiungendo che Khashoggi morì per un'iniezione letale e che il suo corpo venne smembrato e portato via dal consolato.
Oggi 11 persone sono a processo per l'omicidio e la procura ha chiesto la pena di morte per cinque imputati. Tra loro un medico forense, Salah al-Tubaigy, e una delle guardie del corpo di Mbs, Maher Abdulaziz Mutreb. Ma il procedimento si sta svolgendo a porte chiuse e i pochi diplomatici che hanno assistito alle udienze hanno mantenuto un rigido silenzio. Finora due esponenti del governo sono stati rimossi dai loro incarichi: uno è Saud al-Qahtani, considerato il braccio destro di Mbs, l'altro è il vice capo dell'intelligence, il generale Ahmed al-Asiri.